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Può un’impresa privata autorizzata al recupero di rifiuti ricevere rifiuti urbani provenienti da utenze domestiche al di fuori del servizio pubblico?

di Marco Avventi

Categoria: Rifiuti

Il Consiglio di Stato interviene in tema di privativa comunale in relazione alla gestione dei rifiuti urbani, facendo luce sull’ambito delle attività riservate al gestore pubblico affidatario del servizio di gestione integrata di detti rifiuti, oggetto di privativa.

Il Giudice amministrativo è stato chiamato a valutare la legittimità di una prescrizione autorizzativa che vietava ad un impianto privato di recupero di rifiuti metallici autorizzato in via ordinaria ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2008 di ricevere rifiuti urbani provenienti da utenze domestiche. Il conferimento di rifiuti urbani all’impresa privata avrebbe dovuto essere effettuato esclusivamente dal gestore del servizio pubblico e dunque solamente nell’ambito della gestione integrata dei rifiuti urbani.

L’imposizione di tale divieto era stata giustificata in considerazione del perimetro del servizio di gestione integrata di rifiuti urbani che, ai sensi dell’art. 25, comma 4, del D.L. n. 1/2012 convertito in L. n. 27/2012, comprende le attività di raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione ed avvio a smaltimento e recupero dei rifiuti urbani. Tutte queste attività, proprio in quanto ricomprese nella gestione ed erogazione dei servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani, avrebbero dovuto ricadere nell’ambito della privativa comunale ed essere riservate al gestore affidatario del servizio pubblico.

Tale ipotesi interpretativa era stata confermata dalla sentenza di primo grado[1] ed era stata poi ribadita nella risposta ad un interpello ambientale resa ai sensi dell’art. 3 septies del D.Lgs. n. 152/2006 dall’allora Ministero per la transizione ecologica[2], sottolineando che “una eventuale raccolta svolta da soggetti terzi non affidatari del servizio pubblico di gestione e diversi dai soggetti autorizzati dai Consorzi potrebbe comportare una sottrazione di alcuni flussi di rifiuti per i Comuni sia ai fini delle quantità di rifiuti oggetto dell’affidamento del servizio integrato sia ai fini del raggiungimento degli obblighi di raccolta differenziata”.

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha invece accolto la tesi opposta proposta dall’impresa ricorrente.

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Il Collegio ricorda che nel nostro ordinamento vige il principio di concorrenza previsto agli artt. 101-109 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e che un regime di privativa e dunque di “riserva di attività”, per essere ammesso, deve essere previsto da una esplicita norma di legge e non può essere ricavato o esteso in via interpretativa.

Dalle norme definitorie del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani non si desume in modo espresso alcuna privativa e tantomeno una privativa estesa alla filiera del recupero.

La privativa comunale è infatti prevista all’art. 198 del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui: “i Comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa”, e sarebbe invero limitata ai soli rifiuti urbani che siano avviati a smaltimento, mentre non risulterebbero soggetti a privativa i rifiuti urbani avviati a recupero. Tale disposizione si pone in continuità con la previgente normativa rappresentata dall’art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 22/1997, il quale stabiliva, con espressione poi ripresa dal D.Lgs. n. 152/2006, che “I Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa”, precisando al comma 7 che “La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati”.

Il Consiglio di Stato sottolinea che dalla disciplina europea e nazionale si desume un “sistema complesso nel quale agiscono vari soggetti, pubblici e privati[3], mentre non vi è spazio per ricavare l’esistenza di una privativa, laddove non espressamente prevista.

È stata dunque dichiarata illegittima la prescrizione autorizzativa gravata e consentito all’impresa privata di ricevere nuovamente nel proprio impianto di recupero autorizzato in via ordinaria rifiuti provenienti da utenze domestiche (nel caso di specie di matrice metallica), al di fuori del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, dovendo intendersi liberalizzata – e non oggetto di privativa – l’attività di recupero dei rifiuti urbani.

Il Consiglio di Stato non disconosce la necessità di un coordinamento tra tale attività di recupero di rifiuti urbani esercitata dai privati e le pubbliche amministrazioni preposte, ad esempio ai fini del calcolo delle percentuali di raccolta differenziata, e ritiene che esso possa essere attuato tramite apposite convenzioni e con obblighi in capo all’impresa privata di fornire al Comune interessato tutti i dati necessari.

[1] T.A.R. Veneto, Sezione II, n. 1012/2019.

[2] Nota Ministero della Transizione Ecologica del 8 marzo 2022 prot. n. 28965.

[3] Sentenza C.G.A. n. 410/2022.

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