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Quali sono le effettive condizioni del sottoprodotto?
di Stefano Maglia
Categoria: Rifiuti
L’art. 184 bis del Testo Unico Ambientale, riformato nel testo attuale dal DLvo 205/10 giusto tre anni fa, si presta ad una serie di interpretazioni che si sono susseguite in questi anni in modo assai disorganico.
Abbiamo voluto provare a sintetizzare le “regole” interpretative che identificano con una certa chiarezza questo importante istituto, passando in rassegna circa 50 sentenze della Cassazione (tutte presenti in Premium) e della Corte europea di giustizia, nonché analizzando con cura l’unico documento interpretativo ufficiale cui basarsi, ovvero la Comunicazione della Commissione UE in argomento emanata nel 2007.
Quella che si riporta è la sintesi delle condizioni richieste (dalla giurisprudenza nazionale, della Corte di Giustizia, della Comunicazione della Commissione) ai fini della configurabilità del sottoprodotto:
– non necessita di alcuna autorizzazione a priori, in quanto l’autorità competente deve solo fare una verifica successiva caso per caso;
– ogni “scarto” (tranne i materiali da scavo, per i quali esiste una normativa ad hoc) può in astratto essere qualificato come sottoprodotto se rispetta le condizioni dell’art. 184bis;
– il trasporto avviene con un documento di trasporto beni, a garanzia della tracciabilità;
– la normale pratica industriale deve essere ordinaria e non anomala (non necessariamente “minima”, come afferma impropriamente una certa dottrina e giurisprudenza);
– il processo di utilizzo deve essere preventivamente individuato e definito;
– bisogna prestare attenzione all’aspetto temporale, che non può mai essere illimitato;
– la sussistenza delle condizioni è una valutazione del giudice di merito, non di legittimità;
– il fatto che il sottoprodotto abbia un valore economico non è indispensabile, ma aiuta;
– le condizioni devono sussistere contestualmente;
– deve essere parte integrante del processo di produzione;
– può anche trattarsi della produzione di un servizio (ma comunque nell’ambito di un processo di produzione);
– l’impatto ambientale che deriva dall’utilizzo del sottoprodotto deve essere inferiore rispetto a quello che si avrebbe se non venisse utilizzato;
– se i sottoprodotti sono contaminati da rifiuti, sono rifiuti;
– le autorità competenti a cui si fa riferimento nella Comunicazione sono quelle competenti al controllo;
– non ci può essere un semplice detentore del sottoprodotto;
– l’integralità dell’utilizzo si intende a valle, ovvero una volta inviati per il riutilizzo integralmente devono essere riutilizzati.
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Quali sono le effettive condizioni del sottoprodotto?
di Stefano Maglia
L’art. 184 bis del Testo Unico Ambientale, riformato nel testo attuale dal DLvo 205/10 giusto tre anni fa, si presta ad una serie di interpretazioni che si sono susseguite in questi anni in modo assai disorganico.
Abbiamo voluto provare a sintetizzare le “regole” interpretative che identificano con una certa chiarezza questo importante istituto, passando in rassegna circa 50 sentenze della Cassazione (tutte presenti in Premium) e della Corte europea di giustizia, nonché analizzando con cura l’unico documento interpretativo ufficiale cui basarsi, ovvero la Comunicazione della Commissione UE in argomento emanata nel 2007.
Quella che si riporta è la sintesi delle condizioni richieste (dalla giurisprudenza nazionale, della Corte di Giustizia, della Comunicazione della Commissione) ai fini della configurabilità del sottoprodotto:
– non necessita di alcuna autorizzazione a priori, in quanto l’autorità competente deve solo fare una verifica successiva caso per caso;
– ogni “scarto” (tranne i materiali da scavo, per i quali esiste una normativa ad hoc) può in astratto essere qualificato come sottoprodotto se rispetta le condizioni dell’art. 184bis;
– nessun D.M. “deve” disciplinare i sottoprodotti, tuttalpiù “può” disciplinarne alcuni;
– i sottoprodotti non devono essere mai stati rifiuti e non possono essere mai residui di consumo;
– le caratteristiche della certezza:
– il trasporto avviene con un documento di trasporto beni, a garanzia della tracciabilità;
– la normale pratica industriale deve essere ordinaria e non anomala (non necessariamente “minima”, come afferma impropriamente una certa dottrina e giurisprudenza);
– il processo di utilizzo deve essere preventivamente individuato e definito;
– bisogna prestare attenzione all’aspetto temporale, che non può mai essere illimitato;
– la sussistenza delle condizioni è una valutazione del giudice di merito, non di legittimità;
– il fatto che il sottoprodotto abbia un valore economico non è indispensabile, ma aiuta;
– le condizioni devono sussistere contestualmente;
– deve essere parte integrante del processo di produzione;
– può anche trattarsi della produzione di un servizio (ma comunque nell’ambito di un processo di produzione);
– l’impatto ambientale che deriva dall’utilizzo del sottoprodotto deve essere inferiore rispetto a quello che si avrebbe se non venisse utilizzato;
– se i sottoprodotti sono contaminati da rifiuti, sono rifiuti;
– le autorità competenti a cui si fa riferimento nella Comunicazione sono quelle competenti al controllo;
– non ci può essere un semplice detentore del sottoprodotto;
– l’integralità dell’utilizzo si intende a valle, ovvero una volta inviati per il riutilizzo integralmente devono essere riutilizzati.
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