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La disciplina dell’abbandono di rifiuti si ritrova in tre articoli del T.U.A.: l’art. 192 ne configura la fattispecie (divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo) e tratta degli obblighi conseguenti ed accessori (ordinanza sindacale di rimozione) all’applicazione delle sanzioni previste dagli art. 255 (sanzione amministrativa, se l’abbandono è commesso da una persona fisica) e 256, co. 2 (sanzione penale, se commessa da una persona giuridica). La fattispecie dell’abbandono è caratterizzata dalla sua occasionalità (a tal punto che si potrebbe più correttamente definire come “abbandono o deposito non autorizzati ed occasionali di rifiuti”) e dalla sua natura di reato di pericolo. Per Cass. Pen. 23 maggio 2012, n. 19435, infatti, “l’offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e può parlarsi di “pericolo” quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l’evento lesivo”. Nel corso degli anni, varie pronunce hanno meglio specificato il concetto. In particolare con riguardo alla fattispecie del deposito incontrollato. Secondo Cass. Pen. sez. III, 10 agosto 2001, n. 31128, “in tema di gestione dei rifiuti, nell’ipotesi di inosservanza delle condizioni e prescrizioni regolanti il deposito temporaneo – di cui all’art. 6 lett. m) del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 – si configura il reato previsto dal comma secondo dell’art. 51 dello stesso decreto, che sanziona, con riferimento all’art. 14, l’abbandono ed il deposito incontrollato di rifiuti, quale norma residuale rispetto alle ipotesi tipiche previste dallo stesso decreto n. 22”. E ancor più chiaramente la successiva pronuncia Cass. Pen., sez. III, 28 maggio 2002, n. 20780, “in tema di gestione dei rifiuti, affinché possa configurarsi l’ipotesi di deposito controllato e temporaneo, di cui all’art. 6 lett. m) del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, occorre il rispetto delle condizioni dettate dal citato articolo, ed in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l’osservanza dei tempi di giacenza, in relazione alla natura ed alla quantità del rifiuto; in mancanza si configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato dall’art. 51, comma 2, del citato decreto n. 22”. *Tratto da “La gestione dei rifiuti dalla A alla Z, III ed – 350 problemi, 350 soluzioni“, Stefano Maglia, 2012.
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Quando si configura un abbandono di rifiuti?
di Stefano Maglia
La disciplina dell’abbandono di rifiuti si ritrova in tre articoli del T.U.A.: l’art. 192 ne configura la fattispecie (divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo) e tratta degli obblighi conseguenti ed accessori (ordinanza sindacale di rimozione) all’applicazione delle sanzioni previste dagli art. 255 (sanzione amministrativa, se l’abbandono è commesso da una persona fisica) e 256, co. 2 (sanzione penale, se commessa da una persona giuridica).
La fattispecie dell’abbandono è caratterizzata dalla sua occasionalità (a tal punto che si potrebbe più correttamente definire come “abbandono o deposito non autorizzati ed occasionali di rifiuti”) e dalla sua natura di reato di pericolo. Per Cass. Pen. 23 maggio 2012, n. 19435, infatti, “l’offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e può parlarsi di “pericolo” quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l’evento lesivo”.
Nel corso degli anni, varie pronunce hanno meglio specificato il concetto.
In particolare con riguardo alla fattispecie del deposito incontrollato. Secondo Cass. Pen. sez. III, 10 agosto 2001, n. 31128, “in tema di gestione dei rifiuti, nell’ipotesi di inosservanza delle condizioni e prescrizioni regolanti il deposito temporaneo – di cui all’art. 6 lett. m) del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 – si configura il reato previsto dal comma secondo dell’art. 51 dello stesso decreto, che sanziona, con riferimento all’art. 14, l’abbandono ed il deposito incontrollato di rifiuti, quale norma residuale rispetto alle ipotesi tipiche previste dallo stesso decreto n. 22”.
E ancor più chiaramente la successiva pronuncia Cass. Pen., sez. III, 28 maggio 2002, n. 20780, “in tema di gestione dei rifiuti, affinché possa configurarsi l’ipotesi di deposito controllato e temporaneo, di cui all’art. 6 lett. m) del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, occorre il rispetto delle condizioni dettate dal citato articolo, ed in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l’osservanza dei tempi di giacenza, in relazione alla natura ed alla quantità del rifiuto; in mancanza si configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato dall’art. 51, comma 2, del citato decreto n. 22”.
*Tratto da “La gestione dei rifiuti dalla A alla Z, III ed – 350 problemi, 350 soluzioni“, Stefano Maglia, 2012.
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