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Quarta fase dell’UE ETS: le novità del Decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47

di Anna Mezzanato

Categoria: Aria
Premessa: evoluzione normativa europea e nazionale in materia di emission trading

Il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea, noto come Emission Trading System Ue (ETS), previsto dal Protocollo di Kyoto come strumento per la riduzione delle emissioni di gas serra allo scopo di contenere il cambiamento climatico, è stato attuato a livello comunitario nel 2005 con l’emanazione della Direttiva 2003/87/CE[1] – recepita nel nostro ordinamento con il D.L.vo 4 aprile 2006, n. 216[2].

Il Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) è entrato in vigore nel febbraio 2005 e ha regolamentato le emissioni di gas ad effetto serra, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2), per il periodo 2008-2012.

 

In cosa consiste l’ETS? al fine di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai settori maggiormente energivori, il Legislatore ha individuato una serie di impianti industriali, – quali ad esempio: cementifici, cartiere, aziende petrolchimiche, raffinerie, impianti di aviazione civile, termovalorizzatori ecc. – obbligati a rendicontare annualmente le loro emissioni di anidride carbonica e altri gas equivalenti.

Il sistema fissa un tetto massimo alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti individuati. Entro questo limite prefissato, le imprese ricevono o acquistano quote di emissione che, se necessario, possono scambiare sul mercato. Possono anche acquistare quantità limitate di crediti internazionali da progetti di riduzione delle emissioni di tutto il mondo. Alla fine di ogni anno le imprese vincolate devono restituire un numero di quote sufficiente a coprire le loro emissioni.

Se un’impresa riduce le proprie emissioni, può mantenere le quote inutilizzate per coprire il fabbisogno futuro, oppure venderle a un’altra impresa che ne sia a corto.

 

Riprendendo la disamina normativa, l’impegno per una riduzione delle emissioni, per il periodo post 2012, è stato assunto solamente da un gruppo ristretto di Paesi, oltre all’UE, che hanno approvato il c.d. emendamento di Doha al Protocollo.

Nelle more dell’entrata in vigore dell’emendamento, l’UE si è impegnata, comunque, a dare attuazione, già a partire dal 1° gennaio 2013, agli impegni in esso previsti. Per farlo sono stati emanati una serie di strumenti normativi, tra i quali la Direttiva 2009/29/UE[3] (recepita nell’ordinamento nazionale con il D.L.vo 30/2013[4], sostituendo la disciplina prevista dal suddetto D.L.vo 216/2006), che ha aggiornato la precedente Direttiva 2003/87/UE.

Mentre nel periodo 2008-2012 (c.d. fasi 1 e 2 del sistema EU ETS) tutti i settori hanno beneficiato di assegnazioni a titolo gratuito, a partire dal 2013 (anno di inizio della c.d. fase 3 dell’EU ETS) l’assegnazione delle quote di emissione è divenuta a titolo oneroso mediante un sistema d’asta, disciplinato dal Regolamento 1031/2010/UE[5], da ultimo modificato dal Regolamento delegato (UE) 2019/1868 della Commissione del 28 agosto 2019[6].

In seguito alla firma dell’Accordo di Parigi, destinato a regolare lo scenario emissivo internazionale nel periodo post-2020, e coerentemente con i nuovi obiettivi per il 2030 delineati con il “Quadro Clima-Energia 2030”, l’UE ha emanato un nuovo pacchetto di provvedimenti legislativi comprendente anche la Direttiva 2018/410/UE[7].

La Direttiva 2018/410/UE, entrata in vigore l’8 aprile 2018, si propone di regolare il funzionamento dell’EU-ETS nel periodo 2021-2030 (c.d. fase 4 dell’EU ETS),

recando una serie di modifiche alla Direttiva 2003/87/CE per gli impianti industriali, il settore della produzione di energia elettrica e termica e per gli operatori aerei.

Le novità più rilevanti che sono state introdotte rispetto alla normativa passata sono le seguenti:

– l’innalzamento del cd. “fattore di riduzione lineare”, al fine di determinare una riduzione annuale del volume totale di emissioni del 2,2%;

– la riscrittura delle modalità di assegnazione gratuita delle quote e il raddoppio temporaneo (fino al 2023) del numero di quote da immettere nella riserva stabilizzatrice del mercato;

– la modifica delle regole per gli impianti “nuovi entranti” e per la concessione di finanziamenti da parte dell’UE.

Il termine per il recepimento della Direttiva 2018/410 è scaduto il 9 ottobre 2019 e non essendo stato rispettato dall’Italia, la Commissione europea ha aperto verso il nostro Paese, in data 22 novembre 2019, la procedura di infrazione n. 2019/0329.

La delega per il recepimento della Direttiva 2018/410/UE è stata attribuita al Governo in virtù dell’inserimento di tale Direttiva nell’allegato A alla Legge 4 ottobre 2019, n. 117[8] (Legge di delegazione europea 2018).

Nell’art. 13 di tale Legge sono indicati i principi e i criteri direttivi che hanno guidato il Governo nell’esercizio di delega:

  • razionalizzazione e rafforzamento della struttura organizzativa dell’Autorità nazionale competente (vale a dire il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto, previsto e disciplinato dall’art. 4 del D.L.vo 30/2013), in considerazione del miglioramento, della complessità e della specificità dei compiti da svolgere, che richiedono la disponibilità di personale dedicato, e tenuto conto della rilevanza, anche in termini economici, dei provvedimenti decisori adottati dalla stessa Autorità;
  • ottimizzazione e informatizzazione delle procedure rientranti nel Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (EU ETS) allineando e integrando tali procedure con altre normative e politiche dell’UE e nazionali;
  • revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggior efficacia nella prevenzione delle violazioni;
  • riassegnazione al Ministero dell’Ambiente dei proventi derivanti dalle eventuali sanzioni amministrative di nuova istituzione e destinazione degli stessi al miglioramento delle attività istruttorie, di vigilanza, di prevenzione e di monitoraggio nonché alla verifica del rispetto delle condizioni previste dai procedimenti rientranti nell’EU ETS;
  • abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili e coordinamento delle residue disposizioni del D.L.vo 30/2013, assicurando la neutralità sui saldi di finanza pubblica nell’attribuzione delle quote dei proventi derivanti dalle aste delle quote di emissione.
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Le maggiori novità del Decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47

Il Decreto in esame[9] si compone di 47 articoli e 4 allegati e opera una riscrittura completa dell’attuale disciplina dello scambio di quote di emissione di gas a effetto serra dettata dal D.L.vo 30/2013.

Nella relazione illustrativa, che accompagnava lo schema di tale Decreto, il Legislatore ha, infatti, sottolineato che “considerate le profonde modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2018/410 al sistema ETS, si ritiene di dover abrogare il decreto legislativo 13 marzo 2013, n.30, al fine di redigere un nuovo provvedimento coerente ed in linea con le nuove disposizioni europee, in particolare con i nuovi regolamenti direttamente attuativi derivati, valutando opportunamente il regime transitorio”.

Ad oggi, ai sensi dell’art. 47, rubricato “Abrogazioni e disposizioni transitorie”, si afferma che: “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto [prevista per il 25 giugno 2020] è abrogato il decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, e successive modificazioni, ad eccezione dell’articolo 27, comma 2, primo periodo e fatto salvo quanto previsto al comma 2 del presente articolo.

  • 2. Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva (UE) 2018/410, l’articolo 3, comma 1, lett. a) e cc), l’articolo 19, l’articolo 20, comma 1, lett. c), l’articolo 21, commi 3 e 4, l’articolo 22, comma 4, l’articolo 27, comma 1, l’articolo 29, commi 3 e 4, l’articolo 31 e l’articolo 32 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 2020. L’elenco riportato nell’allegato della decisione della Commissione 2014/746/UE continua ad applicarsi fino al 31 dicembre 2020.
  • Il Comitato di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, continua ad operare fino alla costituzione del Comitato di cui all’articolo 4, anche ai fini dell’applicazione del presente decreto.
  • Sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti adottati dal Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto delle attività di progetto del protocollo di Kyoto”.

Ciò premesso, l’articolo 1 definisce l’oggetto del provvedimento in esame, indicando le disposizioni della normativa UE trasposte nell’ordinamento nazionale. Rispetto al testo del Decreto 30/2013 vi è, quindi, un mero aggiornamento dei riferimenti normativi comunitari.

L’articolo 2, così come il D.L.vo 30/2013, definisce il campo di applicazione facendo riferimento alle categorie di attività indicate all’Allegato I e ai gas ad effetto serra elencati all’Allegato II.

Rispetto al D.L.vo 30/2013 non vengono riprodotte le disposizioni volte ad escludere gli impianti di incenerimento recate dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 2, ora abrogato. Il comma 2 prevedeva, infatti, l’esclusione dal campo di applicazione del D.L.vo 30/2013 degli “impianti di incenerimento che trattano annualmente, per più del 50 per cento in peso rispetto al totale dei rifiuti trattati, le seguenti tipologie di rifiuti:

  • a) rifiuti urbani;
  • b) rifiuti pericolosi;
  • c) rifiuti speciali non pericolosi prodotti da impianti di trattamento, alimentati annualmente con rifiuti urbani per una quota superiore al 50 per cento in peso”.

I successivi commi disciplinavano le modalità per la verifica delle condizioni richiamate.

In realtà più che di una soppressione si tratta di una ricollocazione. La disposizione recata dal citato comma 2 dell’art. 2 del D.L.vo 30/2013, finalizzata all’esclusione degli impianti di incenerimento, viene infatti ricollocata nel punto 5 dell’Allegato I del nuovo Decreto, laddove si afferma che: “Quando in un impianto si supera la soglia di capacità di qualsiasi attività prevista nel presente allegato, tutte le unità in cui sono utilizzati combustibili, diverse dalle unità per l’incenerimento di rifiuti pericolosi, urbani o speciali non pericolosi prodotti da impianti di trattamento alimentati annualmente con rifiuti urbani per una quota superiore al 50% in peso, sono incluse nell’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra”.

Dalla lettura comparata delle disposizioni citate, risulta evidente come il futuro Decreto abbia omesso la condizione, ai fini dell’esclusione dall’ETS, per gli impianti di incenerimento di trattare annualmente più del 50% in peso dei rifiuti sopra elencati.

Ciò significa che il vincolo del “50% in peso rispetto alla totalità dei rifiuti trattati” sussiste solo con riferimento agli impianti di recupero dei rifiuti urbani, da cui si generano successivamente i rifiuti speciali non pericolosi destinati agli impianti di incenerimento. Per ottenere l’esclusione dall’ETS è quindi sufficiente provare che i rifiuti speciali non pericolosi in ingresso nell’inceneritore derivino da impianti che trattano per più del 50% rifiuti urbani.

 

Proseguendo l’analisi dei primi articoli, la principale novità recata dall’articolo 3 è la riscrittura della definizione di “nuovo entrante” – lettera dd. In linea con la novella operata dalla Direttiva 410/2018, la nuova definizione di “nuovo entrante” non fa più riferimento, come invece prevede il testo del D.L.vo 30/2013 (lettera cc. dell’art. 3), a coloro che hanno ottenuto un’autorizzazione ad emettere gas serra per la prima volta dopo il 30 giugno 2011 (termine introdotto dalla direttiva 2009/29/CE in relazione al funzionamento dell’EU ETS nel periodo post-2012), ma a coloro che la ottengono per la prima volta nel periodo che inizia da tre mesi prima della data di trasmissione dell’elenco quinquennale di cui all’articolo 25, comma 2, e termina tre mesi prima della data di trasmissione del successivo elenco quinquennale.

L’articolo 25 prevede che il Comitato trasmetta alla Commissione europea un elenco di impianti disciplinati dal presente decreto, valido per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2021, e che lo stesso elenco sia aggiornato e trasmesso ogni cinque anni e valga, così, per il successivo quinquennio.

Sono, inoltre, previste ulteriori casistiche che integrano la definizione di nuovo entrante e che riguardano:

– “l’impianto che esercita per la prima volta un’attività inclusa nel sistema comunitario o rientri nel sistema EU ETS a norma degli articoli 31-32 (che disciplinano l’esclusione di impianti di dimensioni o emissioni ridotte)”;

l’operatore aereo identificato dalla Commissione europea previa la pubblicazione dell’elenco degli operatori aerei a cui è associato un nuovo codice identificativo Central Route Charges Offices (CRCO) e la cui attività di trasporto aereo non è in alcun modo collegata ad altro operatore aereo precedentemente individuato. In caso di fallimento e ricostruzione di nuova società operante nell’ambito delle attività aeree diversa e disgiunta dalla precedente, farà fede quanto dichiarato nella documentazione notarile e legale”.

Degna di nota è anche l’introduzione della definizione, non prevista dalla Direttiva, di “portale ETS” che fa riferimento alla “piattaforma informatica che costituisce l’interfaccia telematica tra utente, gestore ovvero operatore aereo e il Comitato” (lettera pp.).

Sono inoltre introdotte le definizioni di “analisi del profilo di rischio” (lettera a.) e di “ispezioni” (lettera cc.), funzionali alla comprensione delle disposizioni recate dall’art. 33 del Decreto 47/2020.

Sono altresì introdotte alcune definizioni in materia di trasporto aereo, nonché le definizioni di “piccolo emettitore” (lett. nn.) e di “piccolissimo emettitore” (lett. oo.) con cui vengono indicati, rispettivamente, gli impianti esclusi dall’EU ETS in virtù delle norme recate, rispettivamente, dagli artt. 31 e 32 del Decreto in commento.

 

Per quanto attiene l’Autorità nazionale competente, l’articolo 4 riscrive la disciplina relativa al Comitato (recata dal corrispondente articolo del D.L.vo 30/2013), di cui sono confermati il ruolo di Autorità nazionale competente per l’emission trading e l’istituzione presso il Ministero dell’Ambiente.

Le modifiche principali risiedono nella variazione dell’assetto organizzativo: mentre l’art. 4 del D.L.vo 30/2013 prevedeva che il Comitato fosse composto da un Consiglio direttivo e da una Segreteria tecnica, l’articolo in esame dispone (al comma 2) che il Comitato sia un organo collegiale composto da 15 membri (10 con diritto di voto e 5 con funzioni consultive).

La preliminare attività istruttoria, ai fini della stesura degli atti deliberativi del Comitato relativi agli impianti fissi e agli operatori aerei, viene affidata ad una Segreteria tecnica istituita nell’ambito della Direzione Generale del Ministero dell’Ambiente competente per materia, composta da cinque funzionari di ruolo appartenenti alla stessa Direzione (comma 6).

Sono inoltre recate disposizioni (dai commi 6, 7 e 8) volte a garantire al Ministero dell’Ambiente un adeguato supporto specialistico (da parte delle proprie società in house e di ISPRA e, per le attività inerenti il trasporto aereo e i piccoli emettitori, da parte, rispettivamente, di ENAC e GSE) e l’interconnessione con le Camere di commercio.

Sia nella Legge di delega che nella relazione illustrativa del Decreto in oggetto, è stata rilevata la necessità di provvedere ad una razionalizzazione e ad un rafforzamento della struttura organizzativa dell’Autorità nazionale competente. Nella relazione illustrativa si evidenzia, in particolare, che “è dimostrato che la Segreteria Tecnica, così come articolata ai sensi del D.Lgs. 30/2013, non è in grado di istruire i volumi di pratiche […]Tenuto conto di quanto sopra, si è, dunque, ritenuto opportuno che il provvedimento all’esame tenesse conto di come opera effettivamente l’Autorità nazionale competente, affidando la fase istruttoria al Ministero dell’ambiente ed esplicitando l’avvalimento di un adeguato supporto specialistico”.

Relativamente al supporto del sistema camerale la relazione illustrativa sottolinea, peraltro, che “il Sistema camerale italiano già gestisce albi nazionali per le imprese della filiera del rifiuto e i diversi registri telematici ambientali – ad esempio il Registro nazionale dei Gas Fluorurati (art. 13 del D.P.R. 43/2012) e l’Albo Nazionale Gestori Ambientali (art. 212 del D.Lgs. 152/2006) – e, dunque, detiene la specifica expertise, acquisita da Unioncamere nella gestione di sistemi informativi, oltre che il rilievo pubblicistico dell’attività da realizzare, compatibile con le finalità istituzionali del Ministero, in grado di assicurare un quadro appropriato per la protezione della integrità del meccanismo di mercato e la sua attuazione”.

 

Per quanto d’interesse ai fini dell’attività svolta da Ferrero, tralasciando la disamina del Capo III relativo al trasporto aereo, si segnala che l’articolo 14 – disciplinante le procedure relative agli impianti fissi compresi nel regime EU-ETS ­– reca disposizioni sostanzialmente identiche al testo dell’art. 37 del D.L.vo 30/2013.

L’articolo 15 stabilisce, ai commi 1-2, similmente al comma 1 dell’art. 13 del D.L.vo 30/2013, che gli impianti che sono compresi nel regime EU-ETS devono acquisire la necessaria autorizzazione rilasciata dall’Autorità nazionale competente e che ciò vale anche per gli impianti inclusi unilateralmente. Il comma 3, avente carattere innovativo, precisa che l’obbligo di autorizzazione non vige per gli impianti di dimensioni ridotte (disciplinati dagli artt. 32 e 33 del Decreto in esame), ai quali è rilasciata un’autorizzazione semplificata.

Si fa notare che la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 13 del D.L.vo 30/2013, che ha carattere sanzionatorio, viene ricollocata, seppur con alcune differenze, nell’art. 42, comma 4 del Decreto in esame.

L’articolo 16 precisa le modalità, i termini e la documentazione necessaria per richiedere una nuova autorizzazione, mentre l’articolo 17 definisce le condizioni e i termini per la richiesta di modifica, da parte dei gestori di impianti, di un’autorizzazione esistente.

Si tratta di disposizioni che riproducono nella sostanza il testo degli articoli 14 e 16 del D.L.vo 30/2013. Le uniche differenze meritevoli di nota sono le seguenti:

– mentre nel testo del D.L.vo 30/2013 (art. 14, comma 2) veniva affidato al Comitato il compito di disciplinare, con apposita deliberazione, le modalità per l’invio della domanda, l’art. 16 del Decreto 47/2020 si limita a disporre che “il gestore invia al Comitato la domanda ad emettere gas serra almeno 90 giorni prima della data dell’avvio del funzionamento normale dell’impianto”.

Altra novità rilevante è che l’articolo 18, disciplinante le modalità di rilascio e il contenuto dell’autorizzazione, rispetto al testo dell’art. 15 del D.L.vo 30/2013, ha omesso l’obbligo, in capo al Comitato, di riesaminare l’autorizzazione almeno ogni 5 anni.

L’articolo 19 individua i seguenti due casi di revoca dell’autorizzazione: il primo, già contemplato dall’art. 17 del D.L.vo 30/2013, è relativo alla cessazione dell’attività; il secondo, non contemplato dal D.L.vo 30/2013, è relativo alla revoca dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).

 

L’articolo 23 disciplina le modalità di assegnazione onerosa delle quote di CO2 equivalente attraverso la vendita all’asta, nonché le modalità di ripartizione dei proventi tra i vari Ministeri e le relative finalità di spesa.

In proposito viene confermato quanto previsto dal D.L.vo 30/2013, vale a dire l’attribuzione del 50% dei proventi complessivamente ai Ministeri dell’Ambiente e dello sviluppo economico; del restante 50% al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Le uniche differenze rispetto alla normativa abrogata sono rintracciabili nell’inserimento, al comma 7 del presente articolo (che disciplina le finalità a cui sono destinate le risorse attribuite ai Ministeri dell’Ambiente e dello sviluppo economico, e che corrisponde al comma 6 dell’art. 19 del D.L.vo 30/2013), delle seguenti misure a cui è possibile destinare quota dei proventi delle aste:

  • favorire sistemi di teleriscaldamento (lett. m);
  • finanziare attività a favore del clima in paesi terzi vulnerabili, tra cui l’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici (lett. p);
  • promuovere la creazione di competenze e il ricollocamento dei lavoratori al fine di contribuire a una transizione equa verso un’economia a basse emissioni di carbonio, in particolare nelle regioni maggiormente interessate dalla transizione occupazionale, in stretto coordinamento con le parti sociali (lett. q).

 

L’articolo 25, che non trova corrispondenti nel testo del D.L.vo 30/2013, introduce disposizioni finalizzate a recepire i contenuti dell’art. 11 della Direttiva. Tale norma prevede la trasmissione alla Commissione europea, da parte del Comitato, di un elenco di impianti disciplinati dal Decreto, valido per un periodo di 5 anni a decorrere dal 1° gennaio 2021.

Tale elenco, aggiornato e trasmesso ogni 5 anni, individua tutti gli impianti di produzione di energia elettrica, gli impianti di dimensioni ridotte che possono essere esclusi dall’EU-ETS e gli impianti inclusi unilateralmente nell’EU-ETS.

L’articolo 25 dispone altresì (al comma 6) che il Comitato deliberi l’assegnazione finale delle quote a titolo gratuito a ciascuno degli impianti ricompresi in detto elenco, con l’esclusione degli impianti di dimensioni ridotte, e (al comma 7) che le quote a titolo gratuito siano assegnate unicamente agli impianti ricompresi nell’elenco in questione.

 

L’articolo 26 disciplina i casi di cessazione di attività di un impianto, nonché di interruzione ed eventuale ripresa dell’attività medesima.

Le principali differenze che emergono da un confronto con il testo abrogato riguardano i termini di invio delle comunicazioni: il gestore di un impianto è tenuto a comunicare al Comitato la cessazione delle attività entro 30 giorni dall’avvenuta cessazione (e non 10 giorni come previsto dal D.L.vo 30/2013) e, comunque, non oltre il 31 dicembre dell’anno in cui è avvenuta la cessazione. La durata massima dell’interruzione, oltre la quale si considera cessata l’attività, può essere estesa fino ad un massimo di 24 mesi, contro i 18 mesi previsti dalla norma precedente.

 

Gli articoli 31 e 32 recano disposizioni finalizzate a disciplinare l’esclusione, su richiesta del gestore interessato, di impianti di dimensioni ridotte subordinata all’adozione di misure equivalenti (art. 31) e l’esclusione facoltativa degli impianti con un livello di emissioni inferiore a 2.500 tonnellate di CO2 equivalente o con funzionamento inferiore a 300 ore annue (art. 32), in linea con quanto previsto, rispettivamente, dagli articoli 27 e 27-bis della Direttiva.

Si segnala a riguardo che sia nell’art. 31 che nell’art. 32 sono stati inseriti due commi, che integrano le disposizioni della Direttiva al fine di prevedere che il Comitato predisponga una proposta di misure nazionali equivalenti ai fini dell’applicazione degli articoli 27 e 27-bis e al fine di disciplinare l’utilizzo del Portale ETS per i profili relativi alle esclusioni in questione.

 

L’articolo 33 prevede che il Comitato possa svolgere attività ispettive per verificare che un impianto fisso sia conforme ai requisiti dettati dalla normativa. Il comma 1 stabilisce che le ispezioni siano svolte “anche sulla base dell’analisi del profilo di rischio”. Tale nozione, come già visto, è stata introdotta dall’art. 3, comma 1, lettera a) del Decreto in esame e fa riferimento all’attività svolta ai fini della determinazione del livello di rischio di non conformità di un impianto fisso.

 

L’articolo 40 disciplina la validità delle quote. In particolare, stabilisce che quelle rilasciate dal 1° gennaio 2013 siano valide a tempo indeterminato; le quote rilasciate dal 1° gennaio 2021 dovranno invece riportare un indicazione che attesti in quale periodo di dieci anni, a decorrere dal 1° gennaio 2021, siano state rilasciate. Esse saranno valide per la restituzione delle emissioni prodotte dal primo anno di tale periodo in poi.

 

Da ultimo, il quadro sanzionatorio del Decreto è definito sistematicamente nell’articolo 42. Il comma 1 dell’articolo riguarda i gestori che esercitano le attività elencate nell’Allegato 1 senza essere in possesso di autorizzazioni ad emettere gas ad effetto serra. Le sanzioni disposte dal comma 1, lettera a) dell’articolo 42 sono amministrative pecuniarie. Esse partono da 10.000 e arrivano fino a 100.000 euro, ma aumentano per ciascuna tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa in mancanza di autorizzazione.

Le sanzioni recate dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 42, si applicano in caso di dichiarazione spontanea da parte del trasgressore, e sono dimezzate rispetto a quelle della lettera a).

Si nota che il livello delle sanzioni risultante dalle modifiche apportate è più basso di quello stabilito dalla normativa abrogata. Come riferisce la relazione illustrativa dello schema del Decreto, la diversificazione tra casi di accertamenti delle violazioni effettuati d’ufficio e accertamenti su dichiarazione spontanea del trasgressore mira, secondo il Legislatore, a favorire l’emersione delle irregolarità e i ravvedimenti operosi.

Ai fini dell’applicazione delle sanzioni e della determinazione del loro importo, occorrerà dunque una stima delle emissioni rilasciate in atmosfera in mancanza di autorizzazione. Tale stima, ai sensi del comma 2 dell’articolo 42, sarà fatta dal Comitato ETS che, oltre ad utilizzare le informazioni di cui dispone, potrà richiederne al trasgressore di ulteriori e integrative.

Il comma 3 afferma il principio secondo cui il gestore che abbia esercitato una delle attività elencate nell’Allegato 1 – con la rilevante eccezione di quelle di trasporto aereo – senza avere la necessaria autorizzazione deve restituire quote di emissioni. I criteri di calcolo delle quote da restituire sono indicati dalle lettere a) e b) del comma.

Il comma 4 impone al trasgressore di presentare domanda di autorizzazione all’esercizio delle attività entro 60 giorni dall’accertamento delle passate violazioni ovvero della dichiarazione spontanea da esso presentata al Comitato.

Il comma 5 permette al trasgressore che abbia restituito quote di emissione e presentato domanda di autorizzazione, secondo le disposizioni recate dai commi 3 e 4, di essere esente dalla componente sanzionatoria di cui al comma 1, lettera b), ovvero agli aumenti per ogni tonnellata di biossido di carbonio emessa senza autorizzazione.

I commi da 6 a 10 replicano lo stesso meccanismo sanzionatorio anche per gli operatori aerei amministrati dall’Italia che non presentino il Piano di monitoraggio entro i termini stabiliti.

Ai sensi del comma 17, al gestore che cessa l’attività totalmente senza darne comunicazione è irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria, variabile tra 10.000 e 50.000 euro. Il secondo periodo del comma 17 reca, inoltre, sanzioni nei confronti del gestore il quale, benché diffidato dal Comitato ETS a rendere quote di emissione indebitamente rilasciate dopo la cessazione, non abbia provveduto nel termine assegnato.

Il comma 23 individua nel Comitato ETS l’Autorità competente a controllare l’osservanza delle disposizioni recate dal Decreto, ad accertare eventuali violazioni, ad irrogare sanzioni e ad emettere ordinanze di ingiunzione.

Infine, il comma 24, in osservanza del principio penalistico della retroattività della legge più favorevole al reo, afferma l’applicabilità della disciplina più favorevole anche in forma retroattiva a tutti i procedimenti sanzionatori relativi a violazioni per le quali al momento dell’entrata in vigore non siano decorsi i termini per l’impugnazione dell’ordinanza di ingiunzione.

35

Gli Allegati al Decreto 47/2020

Per quanto attiene gli Allegati al Decreto 47/2020, si rileva che la Direttiva 2018/410 ha apportato limitate modifiche agli Allegati della Direttiva 2003/87, per questo motivo gli Allegati del Decreto in oggetto non si discostano significativamente dai corrispondenti Allegati al D.L.vo 30/2013.

Le modifiche più rilevanti apportate all’Allegato I, elencante le attività rientranti nel campo di applicazione del Decreto, riguardano:

  • come già anticipato, l’inserimento, all’interno del punto 5, della disposizione finalizzata all’esclusione degli impianti di incenerimento dal campo di applicazione, che nel testo vigente del D.L.vo 30/2013 risulta, invece, collocata nel comma 2 dell’art. 2;
  • l’inserimento, nella tabella che elenca le attività rientranti nel campo di applicazione del Decreto, della lettera k) che recepisce la corrispondente lettera dell’Allegato I alla Direttiva, che prevede l’esclusione dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2030 dei voli effettuati da un operatore di trasporto aereo non commerciale che opera voli con emissioni annue totali inferiori a 1.000 tonnellate l’anno.

 

L’Allegato II, elencante i gas serra rientranti del campo di applicazione del Decreto, è sostanzialmente identico a quello previsto dal testo del D.L.vo 30/2013.

Da ultimo, nell’Allegato IV – Verifica delle emissioni prodotte – è stata aggiunta una disposizione (al punto 12) concernente i requisiti minimi di competenza della persona responsabile della verifica, che riproduce fedelmente quella prevista dal punto 12 dell’Allegato V della Direttiva.

 

 

[1] Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio. Pubblicata sulla GUCE L 275/32 del 25 ottobre 2003.

[2] Decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in materia di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto.

Pubblicato sulla GU n. 140 del 19 giugno 2006 – Supplemento Ordinario n. 150.

[3] Direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra. Pubblicata sulla GUE L 140/63 del 5 giugno 2009.

[4] Decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, Attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.

Pubblicato sulla GU n.79 del 4 aprile 2013 ed entrato in vigore il 5 aprile 2013.

[5] Regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione del 12 novembre 2010 relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità.

Pubblicato sulla GUE L 302/1 del 18 novembre 2010.

[6] Recante modifica del regolamento (UE) n. 1031/2010 per allineare la vendita all’asta delle quote alle norme dell’EU ETS per il periodo 2021-2030 e al riconoscimento delle quote quali strumenti finanziari ai sensi della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Pubblicato sulla GUE L 289/9 del 8 novembre 2019.

[7] Direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2018 che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio e la decisione (UE) 2015/1814.

Pubblicata sulla GUE L 76/3 del 19 marzo 2018.

[8] Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2018.

Pubblicata sulla GU Serie Generale n. 245 del 18 ottobre 2019 ed entrata in vigore il 2 novembre 2019.

[9] Attuazione della direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2018, che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio, nonché’ adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/2392 relativo alle attività di trasporto aereo e alla decisione (UE) 2015/1814 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 ottobre 2015 relativa all’istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato. Pubblicato sul GU n.146 del 10 giugno 2020, entrerà in vigore il 25 giugno 2020.

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