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Reato di inquinamento ambientale: prima pronuncia dalla Corte di Cassazione

di Silvia Bettineschi

Categoria: Responsabilità ambientali

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 46170 del 3 novembre 2016 offre l’occasione per ritornare su un argomento dibattuto in dottrina e mai affrontato sinora dalla giurisprudenza.

Si rammenta che la Legge 22 maggio 2015 n. 68[1] ha introdotto all’interno del Codice Penale il Titolo VI bis, rubricato “Dei delitti contro l’ambiente.

Al suo interno il nuovo art. 452-bis c.p. disciplina il reato di “Inquinamento ambientale, disponendo che è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

La pena è aumentata nel caso in cui l’inquinamento sia prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

La recente Legge ha altresì apportato modifiche al D.Lgs. 231/2001[2], estendendo il novero dei reati presupposto alle nuove fattispecie di delitti contro l’ambiente, tra le quali, dunque, anche il reato di inquinamento ambientale[3].

Come è evidente, tuttavia, il Legislatore ha formulato la norma in maniera piuttosto generica ed indeterminata, con la conseguente difficoltà di una sua concreta applicazione che lascia spazio a numerosi dubbi.

Il caso esaminato dai giudici della Cassazione ha ad oggetto operazioni di dragaggio finalizzate ad attuare un progetto di bonifica dei fondali ed effettuate in violazione delle prescrizioni progettuali, le quali contenevano proprio dei precisi accorgimenti per limitare l’inquinamento delle acque.

Ipotizzandosi a carico del progettista e direttore dei lavori il reato di cui sopra, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di La Spezia ha emesso decreto di sequestro preventivo di una porzione di fondale e di un cantiere.

A seguito dell’accoglimento dell’istanza di riesame da parte del medesimo Tribunale, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell’art. 321 c.p.c. in relazione all’art. 452-bis c.p (in quanto i giudici del riesame avrebbero travalicato l’ambito della cognizione loro attribuito dalla legge, sconfinando in un giudizio di merito) e aggiungendo che le valutazioni effettuate dal Tribunale sarebbero comunque in contrasto con quanto stabilito dalla norma sul reato di inquinamento ambientale.

Quanto al profilo processuale della questione, i giudici della Cassazione hanno ritenuto che “Il Tribunale non ha travalicato i limiti della propria cognizione […] né può dirsi che abbia operato una valutazione piena del merito, essendosi limitato a rilevare, sulla base dei dati disponibili e sotto il profilo del fumus del reato, l’assenza di una compromissione o di un deterioramento consistente e quantificabile”.

Il ricorso è stato, piuttosto, ritenuto fondato alla luce della scorretta interpretazione dell’art. 452-bis da parte dei giudici del riesame.

Ciò ha fornito l’occasione alla Corte di Cassazione per soffermarsi su diversi concetti che il dettato normativo non ha chiarito con la dovuta precisione:

  • abusivamente[4]
    I giudici ritengono che si debba propendere per un concetto di condotta abusiva in senso ampio “comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi statali e regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative”.
    Ciò alla luce sia della direttiva 2008/99/CE[5], sia delle recenti sentenze che si sono pronunciate in merito al carattere abusivo dell’attività organizzata di gestione dei rifiuti (art. 260 D.Lgs. 152/2006), i cui principi si ritiene siano utilizzabili anche con riferimento al delitto di inquinamento ambientale.
    Il Tribunale del riesame nelle proprie conclusioni non si è discostato da tale orientamento.
  • compromissione” o “deterioramento
    La Corte menziona innanzitutto, al fine del corretto inquadramento dei due concetti, la non rilevanza della denominazione “inquinamento ambientale” utilizzata nel D.Lgs. 152/2006 o in altre discipline di settore, in quanto appartenenti ad un diverso contesto e con finalità diverse ed in quanto non espressamente richiamate.
    I due termini alternativi “indicano fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono entrambi in una alterazione, ossia in una modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema caratterizzata, nel caso della “compromissione”, in una condizione di rischio o pericolo che potrebbe definirsi di “squilibrio funzionale”, perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell’ecosistema ed, in quello del “deterioramento”, come “squilibrio strutturale”, caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di questi ultimi”.
    La Corte ha sottolineato come la reversibilità del fenomeno inquinante non assume rilievo, se non per distinguere la fattispecie di inquinamento ambientale da quella, più grave, di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater c.p.
    Il Tribunale del riesame, nell’escludere la compromissione e il deterioramento, si è, invece, scorrettamente concentrato proprio sul concetto di “tendenziale irrimediabilità” consistente in “situazioni di strutturali e non provvisorie inabilità del bene rispetto alle sue funzioni”.
    Peraltro, lo stesso avrebbe escluso la compromissione e il deterioramento non sulla base di una valutazione globale dei dati acquisiti ma riferendosi “soltanto ad alcuni degli effetti prodotti dalla condotta oggetto di provvisoria incolpazione, prescindendo così dal considerare compiutamente quelle condizioni di squilibrio funzionale o strutturale che, ad avviso del Collegio, caratterizzano la condotta penalmente rilevante”.
  • significativi” e “misurabili
    Vi è di più. La compromissione e il deterioramento devono essere significativi e misurabili, “venendo così elevato in modo considerevole il livello di lesività della condotta, escludendo i fatti di minore rilievo.
    Mentre il termine “significativo” indica “incisività e rilevanza”, il termine “misurabile” si riferisce a “ciò che è quantitativamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile”.
    A tal fine, aggiungono i giudici, non sono vincolanti i parametri imposti dalla disciplina di settore, che possono casomai servire quale utile parametro di riferimento.
    La significatività della compromissione e del deterioramento non può farsi derivare automaticamente dal mero superamento dei limiti.
    Può ben succedere, infatti, che quest’ultima circostanza non crei danno o pericolo per l’ambiente.

In conclusione può dirsi che la sentenza dei giudici della Cassazione apporta un utile contributo alla interpretazione della norma in esame, fissandone i punti principali.

Tuttavia, la complessità della fattispecie comporterà di volta in volta per la risoluzione del caso concreto un’analisi prudente e non certamente semplice, che richiederà ulteriori e validi apporti della giurisprudenza, così da rendere sempre meno indefinito il dettato normativo.

 

 

[1] Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015, in vigore dal 29 maggio 2015.

[2] Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2001, in vigore dal 4 luglio 2001.

[3] Per un approfondimento sul punto vd S. MAGLIA, G. GUAGNINI, “Le responsabilità ambientali aziendali” TuttoAmbiente Edizioni, 2016.

[4] Per un approfondimento sul punto vd G. AMENDOLA, “Delitti contro l’ambiente: arriva il disastro ambientale “abusivo””, in http://lexambiente.it e S. MAGLIA “Prime note sulla riforma dei delitti ambientali (L. 68/15)”, in http://www.tuttoambiente.it

[5] Direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 328/28 del 6 dicembre 2008.

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