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Il recupero dei rifiuti in procedura semplificata in rapporto alla disciplina urbanistico-edilizia
di Federica Bontempi
Categoria: Rifiuti
Una recente sentenza (Tar Marche, Sezione I, n. 417 del 14 luglio 2022) sottolinea quanto sia importante l’osservanza della disciplina urbanistico-edilizia per il gestore di un impianto di recupero dei rifiuti e per la sua prosecuzione in regime semplificato.
Nel merito, la pronuncia tratta del mancato rilascio dell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.) a causa del parere negativo espresso dal Comune, secondo il quale sussisteva incompatibilità urbanistica fra l’attività di recupero di materiali speciali non pericolosi (rottamazione) e il luogo in cui la stessa veniva svolta (secondo quanto affermato dal Comune l’insediamento adibito allo svolgimento della suddetta attività risultava situato in zona agricola del Piano Regolatore Generale comunale e rischiava di minacciare la tutela dei corsi d’acqua e del Piano di Assetto Idrogeologico).
Dunque, in seguito al diniego dell’A.U.A., il gestore ha impugnato gli atti del procedimento AUA per sostenere che l’attività di recupero dei materiali speciali non pericolosi (rottamazione) era svolta nel pieno rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia.
Prima di affrontare la decisione a cui il Tar Marche è pervenuto nella sentenza oggetto di commento, occorre innanzitutto premettere che in materia di gestione dei rifiuti sussistono diverse tipologie di autorizzazioni degli impianti.
In tale sede preme ricordare due tipologie di procedimenti autorizzatori, ossia: la procedura semplificata, la quale richiede la comunicazione di inizio attività di cui all’art. 216 del D.L.vo 152/06 (ora inclusa nell’A.U.A.), rivolta al Registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero rifiuti e la procedura ordinaria (ex art. 208 del D.L.vo 152/06).
Le procedure semplificate di autorizzazione vengono rilasciate agli impianti che realizzano operazioni di recupero esclusivamente per particolari tipologie di rifiuti.
Esse rappresentano una deroga di legge all’autorizzazione all’esercizio di una attività di recupero di rifiuti, sostituendo esclusivamente l’autorizzazione prevista in via ordinaria dall’art. 208 del D.L.vo 152/06.
La disciplina tecnica e le particolari tipologie di rifiuti sottoposti al regime semplificato sono ancora attualmente disciplinate dal DM 5 febbraio 1998 e smi, per i rifiuti non pericolosi, e dal DM 161 del 12 giugno 2002, per i rifiuti pericolosi.
Con l’inserimento della comunicazione nell’alveo dell’A.U.A. di cui al D.P.R. 59/2013, la durata dell’autorizzazione ottenuta con le procedure semplificate è stata equiparata a quella dell’A.U.A., diventando dunque di 15 anni.
Tornando dunque al focus della pronuncia in esame, in materia di compatibilità urbanistico-edilizia, questo Tribunale sottolinea quanto la stessa sia fondamentale e dunque debba necessariamente sussistere al fine di procedere con l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e consentire poi la sua regolare continuazione in regime semplificato di cui agli artt. 214 e 216 del T.U.A.
Difatti, non mancano i numerosi richiami giurisprudenziali i quali avvalorano ulteriormente le conclusioni a cui è giunto il suddetto Tribunale.
In tal senso, chiaro risulta il rimando alla pronuncia del Tar Lombardia, sezione IV, sentenza n. 1468 del 25 giugno 2015, nella quale si legge che “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali” (cfr. TAR Campania, n. 3733/2009)”.
In ossequio a quanto sopra esposto si cita anche la pronuncia del Consiglio di Stato, Sezione IV, nella sentenza n. 5191 del 25 agosto 2020, anch’essa richiamata dal Tar Marche, in cui con riferimento all’art. 216 del D.L.vo 152/06 , si dice che “tale disposizione richiede che le operazioni di recupero dei rifiuti siano svolte nel rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni specifiche di cui all’art. 214, commi 1, 2 e 3 del testo unico e dunque, alla luce del richiamo posto dal successivo comma 7, nel rispetto delle disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. In assenza di una condizione di regolarità urbanistica ed edilizia dell’opificio industriale l’AUA non può essere rilasciata”.
Partendo dunque con l’affermare che per giurisprudenza consolidata la compatibilità urbanistica e ambientale costituisce un presupposto imprescindibile tanto in regime ordinario per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del D.L.vo 152/06 (si veda in merito la sentenza Tar Lazio, sezione II, n. 10553 del 16 ottobre 2020), quanto in regime semplificato, si sottolinea l’interesse dato dalla sentenza in oggetto poiché nella stessa si evince come questo Tribunale sottolinei però come sussista una divergenza fra le due procedure, differenza che potremmo definire di carattere procedimentale, relativa al momento in cui tale compatibilità urbanistica debba essere accertata.
Difatti, in questa pronuncia si continua ad affermare che “la regolarità edilizia (ma anche la compatibilità urbanistica) costituisce sempre il presupposto per l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e per la sua regolare continuazione in regime semplificato; attività che non deve comunque <recare pregiudizio all’ambiente> così come prescrive, tra l’altro, l’art. 214, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 25/8/2020 n. 5191; TAR Campania Napoli, Sez. V, 20/11/2019, n. 5440; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 25/6/2015 n. 1468; e giurisprudenza ivi richiamata), contrariamente a ciò che avviene nell’ambito della procedura ordinaria di cui al precedente art. 208,dove l’approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico” (cfr. relativo comma 6)”.
Si potrebbe dunque dedurre che nel procedimento ordinario di cui all’art. 208 del T.U.A., il quale ha inizio con la presentazione dell’istanza a cui segue la successiva convocazione della conferenza di servizi entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza stessa, la valutazione circa gli aspetti urbanistici viene espletata all’interno della Conferenza di servizi. In caso di valutazione positiva del progetto la Regione autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. Così come stabilito dall’art. 208, comma 6 del T.U.A., tale approvazione <sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico>.
A differenza dunque del procedimento ordinario in cui la valutazione urbanistica viene formulata dall’apposita amministrazione competente in sede di conferenza di servizi allorquando il procedimento per il rilascio dell’apposita autorizzazione è già stato avviato, nel regime semplificato, come si deduce anche dalla sentenza in esame, la verifica della regolarità urbanistica “costituisce sempre il presupposto per l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e per la sua regolare continuazione in regime semplificato”. Tale affermazione farebbe dunque pensare che la valutazione di regolarità urbanistica nel regime semplificato debba essere svolta fin dall’origine (ex ante), in quanto soltanto un esito positivo circa la suddetta valutazione porterebbe non solo all’avvio dell’attività di recupero ma anche alla continuazione di quest’ultima attività in regime semplificato.
Dunque per concludere , questo Tribunale, abbracciando la giurisprudenza precedente, ha nuovamente ribadito come l’attività di recupero dei materiali speciali non pericolosi debba necessariamente essere svolta nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia e come tale conformità rappresenti al contempo un presupposto per garantire la sua regolare continuazione in regime semplificato, come nel caso di specie in cui per l’appunto il gestore dell’impianto aveva richiesto istanza di A.U.A. al fine di proseguire l’attività di rottamazione.
Per tale ragione la censura promossa dal ricorrete, il quale intendeva negare che l’attività in questione dovesse essere svolta nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia, deve essere dichiarata infondata dal Tar Marche.
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Il recupero dei rifiuti in procedura semplificata in rapporto alla disciplina urbanistico-edilizia
di Federica Bontempi
Una recente sentenza (Tar Marche, Sezione I, n. 417 del 14 luglio 2022) sottolinea quanto sia importante l’osservanza della disciplina urbanistico-edilizia per il gestore di un impianto di recupero dei rifiuti e per la sua prosecuzione in regime semplificato.
Nel merito, la pronuncia tratta del mancato rilascio dell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.) a causa del parere negativo espresso dal Comune, secondo il quale sussisteva incompatibilità urbanistica fra l’attività di recupero di materiali speciali non pericolosi (rottamazione) e il luogo in cui la stessa veniva svolta (secondo quanto affermato dal Comune l’insediamento adibito allo svolgimento della suddetta attività risultava situato in zona agricola del Piano Regolatore Generale comunale e rischiava di minacciare la tutela dei corsi d’acqua e del Piano di Assetto Idrogeologico).
Dunque, in seguito al diniego dell’A.U.A., il gestore ha impugnato gli atti del procedimento AUA per sostenere che l’attività di recupero dei materiali speciali non pericolosi (rottamazione) era svolta nel pieno rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia.
Prima di affrontare la decisione a cui il Tar Marche è pervenuto nella sentenza oggetto di commento, occorre innanzitutto premettere che in materia di gestione dei rifiuti sussistono diverse tipologie di autorizzazioni degli impianti.
In tale sede preme ricordare due tipologie di procedimenti autorizzatori, ossia: la procedura semplificata, la quale richiede la comunicazione di inizio attività di cui all’art. 216 del D.L.vo 152/06 (ora inclusa nell’A.U.A.), rivolta al Registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero rifiuti e la procedura ordinaria (ex art. 208 del D.L.vo 152/06).
Le procedure semplificate di autorizzazione vengono rilasciate agli impianti che realizzano operazioni di recupero esclusivamente per particolari tipologie di rifiuti.
Esse rappresentano una deroga di legge all’autorizzazione all’esercizio di una attività di recupero di rifiuti, sostituendo esclusivamente l’autorizzazione prevista in via ordinaria dall’art. 208 del D.L.vo 152/06.
La disciplina tecnica e le particolari tipologie di rifiuti sottoposti al regime semplificato sono ancora attualmente disciplinate dal DM 5 febbraio 1998 e smi, per i rifiuti non pericolosi, e dal DM 161 del 12 giugno 2002, per i rifiuti pericolosi.
Con l’inserimento della comunicazione nell’alveo dell’A.U.A. di cui al D.P.R. 59/2013, la durata dell’autorizzazione ottenuta con le procedure semplificate è stata equiparata a quella dell’A.U.A., diventando dunque di 15 anni.
Tornando dunque al focus della pronuncia in esame, in materia di compatibilità urbanistico-edilizia, questo Tribunale sottolinea quanto la stessa sia fondamentale e dunque debba necessariamente sussistere al fine di procedere con l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e consentire poi la sua regolare continuazione in regime semplificato di cui agli artt. 214 e 216 del T.U.A.
Difatti, non mancano i numerosi richiami giurisprudenziali i quali avvalorano ulteriormente le conclusioni a cui è giunto il suddetto Tribunale.
In tal senso, chiaro risulta il rimando alla pronuncia del Tar Lombardia, sezione IV, sentenza n. 1468 del 25 giugno 2015, nella quale si legge che “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali” (cfr. TAR Campania, n. 3733/2009)”.
In ossequio a quanto sopra esposto si cita anche la pronuncia del Consiglio di Stato, Sezione IV, nella sentenza n. 5191 del 25 agosto 2020, anch’essa richiamata dal Tar Marche, in cui con riferimento all’art. 216 del D.L.vo 152/06 , si dice che “tale disposizione richiede che le operazioni di recupero dei rifiuti siano svolte nel rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni specifiche di cui all’art. 214, commi 1, 2 e 3 del testo unico e dunque, alla luce del richiamo posto dal successivo comma 7, nel rispetto delle disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. In assenza di una condizione di regolarità urbanistica ed edilizia dell’opificio industriale l’AUA non può essere rilasciata”.
Partendo dunque con l’affermare che per giurisprudenza consolidata la compatibilità urbanistica e ambientale costituisce un presupposto imprescindibile tanto in regime ordinario per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del D.L.vo 152/06 (si veda in merito la sentenza Tar Lazio, sezione II, n. 10553 del 16 ottobre 2020), quanto in regime semplificato, si sottolinea l’interesse dato dalla sentenza in oggetto poiché nella stessa si evince come questo Tribunale sottolinei però come sussista una divergenza fra le due procedure, differenza che potremmo definire di carattere procedimentale, relativa al momento in cui tale compatibilità urbanistica debba essere accertata.
Difatti, in questa pronuncia si continua ad affermare che “la regolarità edilizia (ma anche la compatibilità urbanistica) costituisce sempre il presupposto per l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e per la sua regolare continuazione in regime semplificato; attività che non deve comunque <recare pregiudizio all’ambiente> così come prescrive, tra l’altro, l’art. 214, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 25/8/2020 n. 5191; TAR Campania Napoli, Sez. V, 20/11/2019, n. 5440; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 25/6/2015 n. 1468; e giurisprudenza ivi richiamata), contrariamente a ciò che avviene nell’ambito della procedura ordinaria di cui al precedente art. 208, dove l’approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico” (cfr. relativo comma 6)”.
Si potrebbe dunque dedurre che nel procedimento ordinario di cui all’art. 208 del T.U.A., il quale ha inizio con la presentazione dell’istanza a cui segue la successiva convocazione della conferenza di servizi entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza stessa, la valutazione circa gli aspetti urbanistici viene espletata all’interno della Conferenza di servizi. In caso di valutazione positiva del progetto la Regione autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. Così come stabilito dall’art. 208, comma 6 del T.U.A., tale approvazione <sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico>.
A differenza dunque del procedimento ordinario in cui la valutazione urbanistica viene formulata dall’apposita amministrazione competente in sede di conferenza di servizi allorquando il procedimento per il rilascio dell’apposita autorizzazione è già stato avviato, nel regime semplificato, come si deduce anche dalla sentenza in esame, la verifica della regolarità urbanistica “costituisce sempre il presupposto per l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti e per la sua regolare continuazione in regime semplificato”. Tale affermazione farebbe dunque pensare che la valutazione di regolarità urbanistica nel regime semplificato debba essere svolta fin dall’origine (ex ante), in quanto soltanto un esito positivo circa la suddetta valutazione porterebbe non solo all’avvio dell’attività di recupero ma anche alla continuazione di quest’ultima attività in regime semplificato.
Dunque per concludere , questo Tribunale, abbracciando la giurisprudenza precedente, ha nuovamente ribadito come l’attività di recupero dei materiali speciali non pericolosi debba necessariamente essere svolta nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia e come tale conformità rappresenti al contempo un presupposto per garantire la sua regolare continuazione in regime semplificato, come nel caso di specie in cui per l’appunto il gestore dell’impianto aveva richiesto istanza di A.U.A. al fine di proseguire l’attività di rottamazione.
Per tale ragione la censura promossa dal ricorrete, il quale intendeva negare che l’attività in questione dovesse essere svolta nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia, deve essere dichiarata infondata dal Tar Marche.
Piacenza, 7 settembre 2022
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