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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Esportazione rifiuti e regole sulla libera circolazioni merci
di Maurizio Sante Minichilli
Categoria: Rifiuti
Secondo i dati recentemente pubblicati dall’ISPRA nel rapporto giugno 2022, l’Italia nel 2020 ha esportato oltre 3,6 mln. ton. di rifiuti speciali, costituiti per il 66% (circa 2.4 mln. ton.) da non pericolosi, e per il 34% (oltre 1,2 mln. Ton.) da rifiuti pericolosi con una con una flessione, rispetto al 2019 del 7,8%, calo che interessa esclusivamente i rifiuti speciali non pericolosi, i quali diminuiscono di 348.000 ton. (-12,7%), mentre i pericolosi aumentano di circa 40.000 ton. ( + 3,3%).
La destinazione dei paesi di arrivo evidenzia, in analogia con i precedenti rapporti, che i maggiori quantitativi di rifiuti speciali sono indirizzati verso la Germania, per complessive 816.843 ton. (22,5%), Austria per 431.867 ton. (12%), Ungheria 260.387 ton. (7,2%), Francia per 256.323 ton. (7,05%), Spagna per 216.957 ton. (5,97%), Turchia per 197.986 ton. (5,44%), Slovenia per 196.075 ton. (5,39%), Svizzera per 130.117 ton. (3,59%) e Paesi Bassi per 105.764 ton. (2,91%).
I rifiuti esportati in Germania son prevalentemente pericolosi, per 555 mila ton. di cui il 53,9% (oltre 299 mila ton.) appartenenti al capitolo 19 dell’EER (con prevalenza 190204*, 190304*, 190105*, 191211*), ed il 37,4% (circa 208 mila ton.) al capitolo 17 (prevalentemente pietrisco da massicciate ferroviarie per 136 mila ton., terre e rocce contenenti sostanze pericolose per 22 mila ton.), mentre i non pericolosi (circa 262 mila ton.) sono costituiti in maggioranza dai rifiuti provenienti da impianto di trattamento meccanico dei rifiuti (191212, 191210, 191204).
Il secondo paese importatore dall’Italia – L’Austria -, ha ricevuto nel 2020 circa 432 mila ton., costituite per il 78,5% da rifiuti non pericolosi e per il 21,5% da pericolosi.
Le principali tipologie di rifiuti NP sono quelle contraddistinte da EER 191204 (plastica e gomma) per 556.749 ton., 191212 (altri rifiuti prodotti dal trattamento rifiuti) per 320223 ton., 191203 (metalli non ferrosi) per 173.630 ton., 191201 (carta e cartone) per 155.514 ton., 100210 (scaglie di laminazione) per 130.404 ton., 191202 (metalli ferrosi) per 116.339 ton., 191210 (rifiuti combustibili) per 104.336 ton. Per quanto concerne i rifiuti pericolosi, i codici prevalenti avviati a spedizione transfrontaliera sono quelli contrassegnate dall’ EER 190204* (miscuglio di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso) per 322.272 ton., 170507* (pietrisco per massicciate ferroviarie) per 136.360 ton., 191211* (rifiuti provenienti dal trattamento meccanico dei rifiuti) per 126.776 ton., 190205* (fanghi prodotti da trattamento chimico-fisico) per 89.645 ton., 190304* (rifiuti contrassegnati come pericolosi) per 76.273 ton., 190105* (residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi) per 69.634 ton.
Nella graduatoria regionale dell’export la Lombardia occupa il primo posto con 1.172.595 ton. nel 2020 (dato sostanzialmente in linea con quello del 2019) costituite per il 54,5% da rifiuti non pericolosi EER 191204 (plastica e gomma) per 122 mila ton., 191203 (metalli non ferrosi) per 106 mila ton., 191201 (carta e cartone) per 85 mila ton.; mentre il restante 45,5% di rifiuti pericolosi è costituito dal EER 190204* (miscugli rifiuti contenenti un rifiuto pericoloso) per 220 mila ton., 190205 (fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici), 170507* (pietrisco da massicciate ferrovierie) per 51 mila ton.
Seguono la Regione Veneto con 492.851 ton. (71,8 % NP e 28,2% P), il F.V.G con 349.889 ton. (91,8% NP e 8,2% P) e l’Emilia Romagna con 313.923 ton. (54,6% NP e 45,4% P).
Il destino dei rifiuti non pericolosi esportati vede in prevalenza quello del recupero di materia (R3-R4-R5) per il 76,1% mentre il 18,5% viene avviato a recupero sotto forma di energia (R1) e solo il 2,2% conferito in discarica e l’1,6% ad altra forma di smaltimento (D10).
Per quanto concerne i rifiuti pericolosi il 24,6% è recuperato in forma di materia, il 25,6% sottoposto ad incenerimento (entrambe con prevalenza capitolo 19), il 16,2% avviato a discarica (per lo più capitolo 17), il 16,9% a smaltimento (D10) ed il 14,9% a recupero di energia.
Sul fronte dell’import nel 2020 l’Italia ha ricevuto oltre 6,7 mln. ton. costituite da rifiuti non pericolosi per il 98,7%. I paesi di provenienza vedono in prima fila la Germania con circa 1.986.350 ton. (96,1% di natura metallica), la Francia con 939.495 ton. (con prevalenza rifiuti metallici capitolo 1704) la Svizzera con 925.545 ton. (in prevalenza terra e rocce).
Per quanto riguarda i codici prevalenti di rifiuti non pericolosi importati abbiamo gli EER 191202 (metalli non ferrosi) per 1.702.897 ton., 170405 (ferro ed acciaio) per 1.649.319 ton., 120101 (limatura e truccioli di materiali ferrosi) per 742.843 ton., 170504 (terra e rocce) per 398.766 ton., 191001 (rifiuti di ferro ed acciaio) per 346.480 ton.
I dati del rapporto ISPRA 2022 costituiscono lo spunto per alcune riflessioni sulla circolazione dei rifiuti speciali a livello comunitario (per l’EER 191212 di provenienza urbana rimando alla lettura del mio precedente articolo su Tutto Ambiente del 3.02.2022), ovvero il perimetro di estensione del principio di cui all’art. 28 TFUE sulla libera circolazione dei rifiuti intesi come merce, le limitazioni imposte dal legislatore comunitario con la disciplina di cui al reg. UE 1013/2006 e ss.mm.ii. (in tema di autorizzazioni preventive alle esportazioni transfrontaliere ma anche di obiezioni ex art. 11 dello Stato di Spedizione) e l’applicazione dei principi di autosufficienza e vicinanza, già indicati dall’art. 16 della Direttiva 2008/98/CE, tradotto nell’art. 182-bis D.Lgs. 152/2006 e ricongiunto agli artt. 178 (precauzione, prevenzione, sostenibilità, proporzionalità, responsabilità e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti affinché la gestione dei rifiuti sia effettuata secondo i criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica) e 179 (migliore prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero anche energetico e smaltimento secondo l’ordine di priorità che costituisce la migliore opzione ambientale).
Da un lato constatiamo l’indirizzo ormai prevalente, se non costante, della giurisprudenza amministrativa di perseguire la rigida applicazione dei precetti di autosufficienza e prossimità sia nel verso di limitare le spedizioni transfrontaliere (veggasi CdS Ord. 4196/2022 a cui è seguita sentenza CGUE 11.11.2021 causa C-315/2020), sia nel dichiarare legittimo il diniego della P.A. a non autorizzare l’apertura di nuovi impianti per gestione rifiuti speciali di provenienza extra-regionale (sentenza CdS n. 5025 dell’1.07.2021).
Giurisprudenza corroborata da diverse regioni le quali nel corso degli anni hanno cercato, senza riuscirvi, di introdurre norme limitative o preclusive alla circolazione extra-regionale di rifiuti speciali (in ultimo art. 21/comma 2 L.R. Val d’Aosta Regione Val d’Aosta 11.02.2020 n. 3) puntualmente demolite dalla Corte Costituzionale la quale ha ripetutamente chiarito (in ultimo con la sentenza 21.04.2021 n. 76) che:
a) le disposizioni regionali non possono introdurre modalità di gestione dei rifiuti speciali che contrastano con i livelli di tutela ambientale previsti dal D.Lgs. 3.04.2006 n. 152, uniformi su tutto il territorio nazionale (sent. nr.i 227/2020, 289, 231, 142, 129 e 28 del 2019, 150 e 126 del 2018) e ricomprese nelle prerogative statuali sovrastanti quelle regionali coinvolte, in particolare nella materia di “governo del territorio” (ex multis sebt, 215 e 151 del 2018, 54/2012, 151/2011, 225/2009, 380/2007, 62/2005 e 259/2004). In buona sostanza la disciplina nazionale costituisce, in attuazione agli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme che s’impone all’intero territorio nazionale e non consente deroghe su base regionale;
b) i criteri di prossimità ed autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali valgono solo per i rifiuti urbani non pericolosi e non per altri tipi, per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti smaltimento appropriati.
Una più attenta rilettura della sentenza CGUE 11.11.2021 causa C-315/2020 ci fornisce gli strumenti per bilanciare il portato della circolazione transfrontaliera UE dei rifiuti speciali con suddetti principi, allorquando in tema di rete precisa:
– la rete è concepita in modo da consentire all’Unione nel suo insieme di raggiungere l’autosufficienza nello smaltimento, nonché nel recupero, dei rifiuti e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
– la rete permette lo smaltimento o il recupero in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonee al fine di garantire un elevato libello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica;
– i principi di prossimità ed autosufficienza non significano che ciascun Stato membro debba possedere l’intera gamma di impianti di recupero finale al suo interno.
I dati analizzati confermano che i flussi transfrontalieri di rifiuti verso l’estero costituiscono un elemento imprescindibile della ns. essere all’interno e con le regole del mercato unico europeo (ex plurimis art. 28 TFUE) posto tutela della libera iniziativa e concorrenza e di noi consumatori, soprattutto se i paesi limitrofi (in primis Germania) hanno una dotazione impiantistica incommensurabilmente superiore alla nostra ed in grado di garantire la gestione del ciclo più appropriata ed a prezzi maggiormente competitivi (basti pensare che gran parte degli impianti di termovalorizzazione del Nord Europa, hanno una datazione ultraventennale e quindi, avendo interamente ammortizzato i loro investimenti, sono in grado di scaricare tale beneficio sulle tariffe applicate ai conferitori esteri).
L’autosufficienza, così come la prossimità, non sono un vessillo (né tantomeno uno slogan) ma un obiettivo complesso ed articolato, perseguibile sulla base di una lungimirante programmazione (con tanto di milestones, verifiche ex ante ed ex post e strumenti di coazione) che manca non solo a diverse regioni, ma anche al ns. governo se si leggono i contenuti del PNGR in fase di recente emanazione dal MITE.
A giudizio dello scrivente – non troppo appassionato sulle enunciazioni romane del prossimo termovalorizzatore – sarebbe invece di estrema utilità aprire un seria ed approfondita riflessione sul potenziamento della logistica transfrontaliera comunitaria, la cui implementazione dovrebbe riversarsi sugli strumenti di intermodalità (già oggi in fase di crescita nel Nord Italia), visto che i vettori su gomma costituiscono il vero gap – economico ed ambientale – per lo spostamento di merci all’interno dell’UE, non facendovi eccezione l’esportazione di rifiuti.
A tal proposito l’art. 193-bis D.Lgs. 152/2006, come introdotto dal D.Lgs. 116/2020 (per maggiore chiarimenti leggasi circolare esplicativa Confetra n. 313/2020) ha disciplinato il deposito temporaneo dei rifiuti nell’ambito intermodale, a seguito dell’attività di carico e scarico di rifiuti, di trasporto o di soste tecniche presso porti, scali ferroviari, navali, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, precisando che la stessa non rientra nell’attività di stoccaggio di cui all’art. 183, comma 1. lett. aa). D.Lgs 152/2006 a condizione che non superi il termine finale di 30 giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d’inizio dell’attività di deposito.
E’ di tutta evidenza che l’intermodalità non può prescindere dalle tempistiche di sosta, stoccaggio e trasbordo da gomma a ferro (o nave) e quindi dagli strumenti normativi ed autorizzativi con i quali dette attività debbano essere consentite (non si vede per quale motivo la messa in riserva R13 per mera finalità di trasbordo non debba essere semplificata in fase di autorizzazione ambientale, rispetto all’ordinaria attività di stoccaggio).
E’ di tutta evidenza la complessità della tematica il cui approccio sistemico e comunitario ci permette, tuttavia, di individuare percorsi che inevitabilmente, oggi più che mai, ci avvicinino ed integrino con i ns. partner del Nord Europa la cui dotazione impiantistica va utilizzata al meglio, più che inutilmente (e costosamente) replicata.
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Esportazione rifiuti e regole sulla libera circolazioni merci
di Maurizio Sante Minichilli
Secondo i dati recentemente pubblicati dall’ISPRA nel rapporto giugno 2022, l’Italia nel 2020 ha esportato oltre 3,6 mln. ton. di rifiuti speciali, costituiti per il 66% (circa 2.4 mln. ton.) da non pericolosi, e per il 34% (oltre 1,2 mln. Ton.) da rifiuti pericolosi con una con una flessione, rispetto al 2019 del 7,8%, calo che interessa esclusivamente i rifiuti speciali non pericolosi, i quali diminuiscono di 348.000 ton. (-12,7%), mentre i pericolosi aumentano di circa 40.000 ton. ( + 3,3%).
La destinazione dei paesi di arrivo evidenzia, in analogia con i precedenti rapporti, che i maggiori quantitativi di rifiuti speciali sono indirizzati verso la Germania, per complessive 816.843 ton. (22,5%), Austria per 431.867 ton. (12%), Ungheria 260.387 ton. (7,2%), Francia per 256.323 ton. (7,05%), Spagna per 216.957 ton. (5,97%), Turchia per 197.986 ton. (5,44%), Slovenia per 196.075 ton. (5,39%), Svizzera per 130.117 ton. (3,59%) e Paesi Bassi per 105.764 ton. (2,91%).
I rifiuti esportati in Germania son prevalentemente pericolosi, per 555 mila ton. di cui il 53,9% (oltre 299 mila ton.) appartenenti al capitolo 19 dell’EER (con prevalenza 190204*, 190304*, 190105*, 191211*), ed il 37,4% (circa 208 mila ton.) al capitolo 17 (prevalentemente pietrisco da massicciate ferroviarie per 136 mila ton., terre e rocce contenenti sostanze pericolose per 22 mila ton.), mentre i non pericolosi (circa 262 mila ton.) sono costituiti in maggioranza dai rifiuti provenienti da impianto di trattamento meccanico dei rifiuti (191212, 191210, 191204).
Il secondo paese importatore dall’Italia – L’Austria -, ha ricevuto nel 2020 circa 432 mila ton., costituite per il 78,5% da rifiuti non pericolosi e per il 21,5% da pericolosi.
Le principali tipologie di rifiuti NP sono quelle contraddistinte da EER 191204 (plastica e gomma) per 556.749 ton., 191212 (altri rifiuti prodotti dal trattamento rifiuti) per 320223 ton., 191203 (metalli non ferrosi) per 173.630 ton., 191201 (carta e cartone) per 155.514 ton., 100210 (scaglie di laminazione) per 130.404 ton., 191202 (metalli ferrosi) per 116.339 ton., 191210 (rifiuti combustibili) per 104.336 ton. Per quanto concerne i rifiuti pericolosi, i codici prevalenti avviati a spedizione transfrontaliera sono quelli contrassegnate dall’ EER 190204* (miscuglio di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso) per 322.272 ton., 170507* (pietrisco per massicciate ferroviarie) per 136.360 ton., 191211* (rifiuti provenienti dal trattamento meccanico dei rifiuti) per 126.776 ton., 190205* (fanghi prodotti da trattamento chimico-fisico) per 89.645 ton., 190304* (rifiuti contrassegnati come pericolosi) per 76.273 ton., 190105* (residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi) per 69.634 ton.
Nella graduatoria regionale dell’export la Lombardia occupa il primo posto con 1.172.595 ton. nel 2020 (dato sostanzialmente in linea con quello del 2019) costituite per il 54,5% da rifiuti non pericolosi EER 191204 (plastica e gomma) per 122 mila ton., 191203 (metalli non ferrosi) per 106 mila ton., 191201 (carta e cartone) per 85 mila ton.; mentre il restante 45,5% di rifiuti pericolosi è costituito dal EER 190204* (miscugli rifiuti contenenti un rifiuto pericoloso) per 220 mila ton., 190205 (fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici), 170507* (pietrisco da massicciate ferrovierie) per 51 mila ton.
Seguono la Regione Veneto con 492.851 ton. (71,8 % NP e 28,2% P), il F.V.G con 349.889 ton. (91,8% NP e 8,2% P) e l’Emilia Romagna con 313.923 ton. (54,6% NP e 45,4% P).
Il destino dei rifiuti non pericolosi esportati vede in prevalenza quello del recupero di materia (R3-R4-R5) per il 76,1% mentre il 18,5% viene avviato a recupero sotto forma di energia (R1) e solo il 2,2% conferito in discarica e l’1,6% ad altra forma di smaltimento (D10).
Per quanto concerne i rifiuti pericolosi il 24,6% è recuperato in forma di materia, il 25,6% sottoposto ad incenerimento (entrambe con prevalenza capitolo 19), il 16,2% avviato a discarica (per lo più capitolo 17), il 16,9% a smaltimento (D10) ed il 14,9% a recupero di energia.
Sul fronte dell’import nel 2020 l’Italia ha ricevuto oltre 6,7 mln. ton. costituite da rifiuti non pericolosi per il 98,7%. I paesi di provenienza vedono in prima fila la Germania con circa 1.986.350 ton. (96,1% di natura metallica), la Francia con 939.495 ton. (con prevalenza rifiuti metallici capitolo 1704) la Svizzera con 925.545 ton. (in prevalenza terra e rocce).
Per quanto riguarda i codici prevalenti di rifiuti non pericolosi importati abbiamo gli EER 191202 (metalli non ferrosi) per 1.702.897 ton., 170405 (ferro ed acciaio) per 1.649.319 ton., 120101 (limatura e truccioli di materiali ferrosi) per 742.843 ton., 170504 (terra e rocce) per 398.766 ton., 191001 (rifiuti di ferro ed acciaio) per 346.480 ton.
I dati del rapporto ISPRA 2022 costituiscono lo spunto per alcune riflessioni sulla circolazione dei rifiuti speciali a livello comunitario (per l’EER 191212 di provenienza urbana rimando alla lettura del mio precedente articolo su Tutto Ambiente del 3.02.2022), ovvero il perimetro di estensione del principio di cui all’art. 28 TFUE sulla libera circolazione dei rifiuti intesi come merce, le limitazioni imposte dal legislatore comunitario con la disciplina di cui al reg. UE 1013/2006 e ss.mm.ii. (in tema di autorizzazioni preventive alle esportazioni transfrontaliere ma anche di obiezioni ex art. 11 dello Stato di Spedizione) e l’applicazione dei principi di autosufficienza e vicinanza, già indicati dall’art. 16 della Direttiva 2008/98/CE, tradotto nell’art. 182-bis D.Lgs. 152/2006 e ricongiunto agli artt. 178 (precauzione, prevenzione, sostenibilità, proporzionalità, responsabilità e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti affinché la gestione dei rifiuti sia effettuata secondo i criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica) e 179 (migliore prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero anche energetico e smaltimento secondo l’ordine di priorità che costituisce la migliore opzione ambientale).
Da un lato constatiamo l’indirizzo ormai prevalente, se non costante, della giurisprudenza amministrativa di perseguire la rigida applicazione dei precetti di autosufficienza e prossimità sia nel verso di limitare le spedizioni transfrontaliere (veggasi CdS Ord. 4196/2022 a cui è seguita sentenza CGUE 11.11.2021 causa C-315/2020), sia nel dichiarare legittimo il diniego della P.A. a non autorizzare l’apertura di nuovi impianti per gestione rifiuti speciali di provenienza extra-regionale (sentenza CdS n. 5025 dell’1.07.2021).
Giurisprudenza corroborata da diverse regioni le quali nel corso degli anni hanno cercato, senza riuscirvi, di introdurre norme limitative o preclusive alla circolazione extra-regionale di rifiuti speciali (in ultimo art. 21/comma 2 L.R. Val d’Aosta Regione Val d’Aosta 11.02.2020 n. 3) puntualmente demolite dalla Corte Costituzionale la quale ha ripetutamente chiarito (in ultimo con la sentenza 21.04.2021 n. 76) che:
a) le disposizioni regionali non possono introdurre modalità di gestione dei rifiuti speciali che contrastano con i livelli di tutela ambientale previsti dal D.Lgs. 3.04.2006 n. 152, uniformi su tutto il territorio nazionale (sent. nr.i 227/2020, 289, 231, 142, 129 e 28 del 2019, 150 e 126 del 2018) e ricomprese nelle prerogative statuali sovrastanti quelle regionali coinvolte, in particolare nella materia di “governo del territorio” (ex multis sebt, 215 e 151 del 2018, 54/2012, 151/2011, 225/2009, 380/2007, 62/2005 e 259/2004). In buona sostanza la disciplina nazionale costituisce, in attuazione agli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme che s’impone all’intero territorio nazionale e non consente deroghe su base regionale;
b) i criteri di prossimità ed autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali valgono solo per i rifiuti urbani non pericolosi e non per altri tipi, per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti smaltimento appropriati.
Una più attenta rilettura della sentenza CGUE 11.11.2021 causa C-315/2020 ci fornisce gli strumenti per bilanciare il portato della circolazione transfrontaliera UE dei rifiuti speciali con suddetti principi, allorquando in tema di rete precisa:
– la rete è concepita in modo da consentire all’Unione nel suo insieme di raggiungere l’autosufficienza nello smaltimento, nonché nel recupero, dei rifiuti e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
– la rete permette lo smaltimento o il recupero in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonee al fine di garantire un elevato libello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica;
– i principi di prossimità ed autosufficienza non significano che ciascun Stato membro debba possedere l’intera gamma di impianti di recupero finale al suo interno.
I dati analizzati confermano che i flussi transfrontalieri di rifiuti verso l’estero costituiscono un elemento imprescindibile della ns. essere all’interno e con le regole del mercato unico europeo (ex plurimis art. 28 TFUE) posto tutela della libera iniziativa e concorrenza e di noi consumatori, soprattutto se i paesi limitrofi (in primis Germania) hanno una dotazione impiantistica incommensurabilmente superiore alla nostra ed in grado di garantire la gestione del ciclo più appropriata ed a prezzi maggiormente competitivi (basti pensare che gran parte degli impianti di termovalorizzazione del Nord Europa, hanno una datazione ultraventennale e quindi, avendo interamente ammortizzato i loro investimenti, sono in grado di scaricare tale beneficio sulle tariffe applicate ai conferitori esteri).
L’autosufficienza, così come la prossimità, non sono un vessillo (né tantomeno uno slogan) ma un obiettivo complesso ed articolato, perseguibile sulla base di una lungimirante programmazione (con tanto di milestones, verifiche ex ante ed ex post e strumenti di coazione) che manca non solo a diverse regioni, ma anche al ns. governo se si leggono i contenuti del PNGR in fase di recente emanazione dal MITE.
A giudizio dello scrivente – non troppo appassionato sulle enunciazioni romane del prossimo termovalorizzatore – sarebbe invece di estrema utilità aprire un seria ed approfondita riflessione sul potenziamento della logistica transfrontaliera comunitaria, la cui implementazione dovrebbe riversarsi sugli strumenti di intermodalità (già oggi in fase di crescita nel Nord Italia), visto che i vettori su gomma costituiscono il vero gap – economico ed ambientale – per lo spostamento di merci all’interno dell’UE, non facendovi eccezione l’esportazione di rifiuti.
A tal proposito l’art. 193-bis D.Lgs. 152/2006, come introdotto dal D.Lgs. 116/2020 (per maggiore chiarimenti leggasi circolare esplicativa Confetra n. 313/2020) ha disciplinato il deposito temporaneo dei rifiuti nell’ambito intermodale, a seguito dell’attività di carico e scarico di rifiuti, di trasporto o di soste tecniche presso porti, scali ferroviari, navali, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, precisando che la stessa non rientra nell’attività di stoccaggio di cui all’art. 183, comma 1. lett. aa). D.Lgs 152/2006 a condizione che non superi il termine finale di 30 giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d’inizio dell’attività di deposito.
E’ di tutta evidenza che l’intermodalità non può prescindere dalle tempistiche di sosta, stoccaggio e trasbordo da gomma a ferro (o nave) e quindi dagli strumenti normativi ed autorizzativi con i quali dette attività debbano essere consentite (non si vede per quale motivo la messa in riserva R13 per mera finalità di trasbordo non debba essere semplificata in fase di autorizzazione ambientale, rispetto all’ordinaria attività di stoccaggio).
E’ di tutta evidenza la complessità della tematica il cui approccio sistemico e comunitario ci permette, tuttavia, di individuare percorsi che inevitabilmente, oggi più che mai, ci avvicinino ed integrino con i ns. partner del Nord Europa la cui dotazione impiantistica va utilizzata al meglio, più che inutilmente (e costosamente) replicata.
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