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L'impiego di rifiuti organici negli ammendanti e fertilizzanti

di Maurizio Sante Minichilli

Categoria: Rifiuti

Il 16.07.2022 è entrato in vigore il Regolamento UE 2019/1009 licenziato dal Parlamento europeo il 6.06.2019, contenente la disciplina in materia di messa a disposizione di prodotti fertilizzanti, a modifica dei precedenti regolamenti UE 1069/2009 (norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale), 1107/2009 (disciplina in tema di immisione sul mercato di prodotti fitosanitari) ed abrogazione del Reg. UE 2003/2003 (messa sul mercato di prodotti fertilizzanti).

 

Per comprendere la portata e gli obiettivi del legislatore comunitario bisogna, necessariamente, tener conto della strategia “Farm to Fork” e Biodiversità assunta dalla Commissione UE nella programmazione del periodo 2020-2030, ovvero la messa a punto di sistemi alimentari i quali salvaguardino, e rilancino, il modello agricolo in tutte le sue componenti, ivi incluso quello di economia circolare e quindi con il target di riduzione delle perdite di nutrienti di almeno il 50%, garantendo al tempo stesso che non si verifichi un deterioramento della fertilità del suolo. Specularmente ridurre l’uso di fertilizzanti di origine minerale di almeno il 20%.

 

Il regolamento UE 2019/1009 è suddiviso in 53 articoli suddistinti in VIII capitoli (definizioni, obblighi degli operatori economici, conformità dei prodotti fertilizzanti dell’UE, notifica degli organismi di valutazione della conformità, vigilanza e controlli del mercato dell’unione sui prodotti fertilizzanti, delega di potere e procedura del comitato per i prodotti fertilizzanti, modifiche ai precedenti reg. UE, disposizioni transitorie e finali) e 5 allegati che riguardano:

All. I Parte I = Categorie Funzionali del Prodotto (PFC) per i prodotti fertilizzanti dell’UE ovvero: 1) concime (organico, inorganico); 2) correttivi calcici e/o magnesiaci; 3) ammendante; 4) substrato di coltivazione; 5) inibitore; 6) biostimolante delle piante; 7) miscela fisica di prodotti fertilizzanti;
All. I Parte II = Prescrizioni relative alle PFC quali ad esempio la presenza di nutrienti (fosforo, potassio, calcio ecc..), concentrazione di carbonio organico, limiti di presenza dei metalli (cadmio, cromo, mercurio, nichel, rame, piombo ecc..);
All. II = categorie di materiali costituenti (CMC) i fertilizzanti UE tra i quali le CMC 3 (compost derivante da rifiuti organici di cui alla direttiva direttiva 2008/98/CE, fanghi di depurazione, industriali e di dragaggio), CMC 4 (digestato di colture fresche), CMC 5 (digestato diverso da quello di colture fresche, tra cui i rifiuti organici derivanti dalla raccolta differenziata alla fonte, frazione organica rifiuti domestici urbani separata mediante tmb ecc., fanghi di depurazione, industriali e di dragaggio), CMC 11 (sottoprodotti ai sensi della direttiva UE rifiuti 2008/98;
All. III = Prescrizioni di etichettatura;
All. IV = Procedura di valutazione della conformità
All. V = Dichiarazione di conformità.

 

In sintesi possiamo indicare i 4 obiettivi principali del regolamento succitato cioè:

  • armonizzare a livello comunitario l’impiego di fertilizzanti di origine organica e da materiale di recupero;

 

  • stabilire condizioni comuni e condivise per la messa a disposizione sull’intero mercato interno UE di concimi ottenuti da materiali riciclati od organici allo scopo di offrire un consistente incentivo al loro ulteriore impiego;

 

  • promuovere lo sviluppo dell’economia circolare e favorire un processo di sostituzione dei fertilizzanti di origine inorganica tradizionali;

 

  • produrre fertilizzanti da rifiuti biodegradabili riciclati e da altre materie prime secondarie, con la conseguente accelerazione nell’utilizzo di risorse biologiche rinnovabili e l’ottimale perseguimento degli obiettivi di economia circolare mediante l’implementazione nell’utilizzo di rifiuti organici biodegradabili.

 

La nuova disciplina comunitaria, nell’abrogare il recedente reg. UE 2003/2003 (in materia di concimi minerali comunitari), modifica radicalmente l’approccio metodologico nella produzione di fertilizzanti, dettagliando ogni sua fase dall’impiego dei materiali costituenti (estendendo la platea ai composti organici tra i quali i rifiuti biodegradabili) ai processi di trasformazione che possono subire, fino al prodotto finale il quale dovrà risultare conforme ai requisiti essenziali di qualità, sicurezza ed etichettatura per l’ottenimento del marchio CE (conseguibile da apposito ente accreditato esterno).

 

V’è da dire che il reg. UE 2019/1009, pur se direttamente applicabile dagli stati membri, non comporta la modifica della previgente normativa nazionale, né ostacola la messa a disposizione di concimi non armonizzati sul mercato interno i quali, tuttavia, non potranno recare la marcatura CE al momento della loro messa a disposizione, ove realizzati in difetto degli standard adottati dal prefato regolamento.

 

Successivamente detta disciplina è stata ulteriormente modificata:

– dal regolamento delegato (UE) 2021/2087 del 06.07.2021 il quale ha inserito, nella categoria di materiali costituenti nei prodotti fertilizzanti, quelli di ossidazione termica e loro derivati;

– dal regolamento delegato (UE) 2021/2088 del 06.07.2021 il quale ha inserito, nella categoria di materiali costituenti nei prodotti fertilizzanti, quelli di pirolisi e gassificazione;

– dal regolamento delegato (UE) 2022/1519 DEL 05.05.2022 riguardo le prescrizioni applicabili ai prodotti fertilizzandi dell’UE contenenti composti inibitori ed al post-trattamento del digestato.

In Italia, attualmente è vigente il D.Lgs. 29.04.2010 n. 75 per i prodotti immessi come concimi CE, nazionali, ammendanti, correttivi, substrati di coltivazione e prodotti ad azione specifica, ma il Ministero per le Politiche Agricole ha in corso di elaborazione un aggiornamento del D.Lgs. sui fertilizzanti al fine di armonizzarlo con siffatto regolamento, anche e sopratutto in tema di impiego di fertilizzanti minerali, i quali ad oggi rappresentano il 70% del mercato italiano, rispetto al 30% della rimanente componente organica (per un valore complessivo di circa 1 mld €).

 

Il tema nodale su cui porre l’attenzione, afferisce l’impiego dei fanghi di depurazione che il reg. UE 2019/1009 ricomprende tra i fertilizzanti organici, a fronte delle pulsioni restrittive (più o meno giustificate) che attraversano il panorama legislativo nazionale e regionale, oltre che all’immancabile giurisprudenza amministrativa “precauzionalista” di corredo.

Degna di attenzione, in ultimo, è la D.G.R. Veneto n. 813 del 22.06.2021 avente ad oggetto “Direttiva 91/676/CEE (cd. Direttiva Nitrati) relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d’Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura V.A.S.”.

 

Rispetto al corposo ed articolato provvedimento, ci soffermiamo sul divieto di utilizzo dei materiali definiti (ex allegato A art. 2 lett.ra pp) come fertilizzanti azotati di cui al D.Lgs. 75/2010 od al regolamento UE 2019/1009, ottenuti con l’impiego di una o più delle seguenti matrici (anche se in miscela con altre):

fanghi derivanti da processi di depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e/o produttivi (ad eccezione di quelli dell’industria agroalimentare/agroindustriale);
altri reflui/scarti generati da cicli industriali (ad eccezione di quelli dell’industria agroalimentare/agroindustriale);
rifiuti urbani (ad eccezione della frazione verde costituita da rifiuti vegetali e della frazione organica alimentare da raccolta differenziata domiciliare);
digestato ottenuto da una o più delle matrici di cui ai punti precedenti.

 

I divieti all’uso agronomico dei fanghi di depurazione sono indicati, sempre nel succitato allegato A della DGR Veneto 813/2021, oltre a quelli di cui ai successivi art. 4/comma 4 ed art. 5/comma 4, a quelli di cui all’art. 6-ter e precisamente:

su superfici assoggettate al metodo di produzione biologico o a produzioni di qualità DOP-IGP
su superfici per le quali si percepiscono “aiuti di superficie” della PAC;
su superfici ricadenti in siti Natura 2000;
nel periodi di divieto stagionale previsti per i liquami ex art. 6/comma 1 lett.ra d).

 

La ratio di tale disciplina regionale è da ricondurre agli atti di recepimento della “Direttiva del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole” del 12.12.1991 n. 91/676/CEE (cd. Direttiva Nitrati) con cui le istituzioni europee hanno definito il perimetro delle misura che gli Stati membri devono assumere al fine di “ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola” e di “prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo”.

 

A tal fine la direttiva prevede che gli Stati membri individuino le “zone vulnerabili” ovvero tutte le zone che scaricano in acque soggette ad inquinamento provocato dai composti azotati (ex art. 3), nelle quali, per il perseguimento degli obiettivi previsti dall’art. 1, dovranno essere predisposti i “programmi di azione” ossia dei piani contenenti le misure necessarie a ridurre e prevenire l’inquinamento dei nitrati.

Ai sensi dell’art. 5/par. 3 della direttiva, i programmi d’azione tengono conto:

a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;
b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi.

 

La Direttiva 91/676/CEE prevede, inoltre, un contenuto minimo dei suddetti programmi, stabilendo che essi comprendano “le misure vincolanti” contemplate dall’allegato III della predetta e le misure che gli Stati membri hanno prescritto nei codici di buona pratica agricola.

 

L’allegato III della stessa Direttiva contiene, tra le misure vincolanti la limitazione dell’applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola ed in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata ed in particolare:

a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo;
b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell’irrigazione;
c) dell’uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture.

Tale restrizione deve fondarsi sull’equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, da un lato e, dall’altro, l’apporto delle colture di azoto provenienti dal terreno e dalla fertilizzazione corrispondente:

alle quantità di azoto presente nel terreno al momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alle fine dell’inverno);
all’apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno;
all’aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;
all’aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.

 

Il D.Lgs. 11.05.1999 n. 152 ha recepito la Direttiva 91/676/CEE ma è stato successivamente abrogato e sostituito dall’art. 92 del D.Lgs. 152/2006 il quale ha stabilito:

(comma 1) che le zone vulnerabili sono quelle individuate secondo i criteri di cui agli allegati 7/A-I (presenza di nitrati ad una concentrazione superiore a 50 mg./L – espressi come NO3 – nelle acque dolci superficiali, destinate alla produzione di acque potabili e sotterranee; presenza di eutrofizzazione o possibilità del verificarsi di tale fenomeno in laghi naturali, acque dolci, estuari ecc..) e, per la prima individuazione, 7/A-III (Reg. Lombardia L.R. 37/1993, Reg. Emilia Romagna L.R. 570/1997, aree a rischio ambientale ex art. 6 L. 305/1989);
(comma 3) in considerazione dei cambi e/o fattori imprevisti, dopo 4 anni il Ministero dell’Ambiente, sentita la Conferenza Stato-Regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1;
(comma 4) entro 180 giorni, sulla base degli all. 7/A-I e 7/AIII parte terza D.Lgs. 152/2006 le Regioni, sentite l’autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili o escludere alcune già inserite;
(comma 5) decorsi 4 anni le regioni, sentite le autorità di bacino, devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere e completare le designazioni di zone vulnerabili;
(comma 6) che nelle zone vincolate individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi d’azione.

 

Tali corpose precisazioni si rendono indispensabili all’esito dell’interessante pronunciamento del TAR VENETO, il quale con sentenza del 30.05.2022 n. 819 ha rigettato l’impugnativa promossa da un operatore di fertilizzanti ex D.Lgs. 75/2010 (nella specie gessi di defecazione da fanghi biologici), avverso la D.G.R. Veneto n. 813 del 22.06.2021, afferente un duplice ordine di motivi.

In primo luogo, il cd. coefficiente di assorbimento di azoto dalla pianta e (di contro) quella che si disperde sul terreno, determinato in misura costante pari ad 1, secondo l’art. 8/comma 3 dell’allegato A alla DGR Veneto 813/2021. Parte ricorrente sostiene che tale parametro è del tutto privo di fondamento tecnico-scientifico (gli ammendanti organici hanno una loro mutevolezza in fuzione della colture, dell’epoca e delle modalità di struttura del suolo), violando anche l’art. 5/comma 3 della cd. Direttiva Nitrati.

 

Il Giudice Amministrativo, aderendo alle repliche della Regione resistente, ha ritenuto infondata tale doglianza, legittimando la facoltà di quest’ultima di perseguire politiche agricole più restrittive nell’utilizzo dei fertilizzanti allo scopo di ridurre la dispersione nell’ambiente delle componenti azotate.

A giudizio dello scrivente tale impostazione risente, inevitabilmente, del principio precauzionalista che, in tale contesto, oltre a non essere suffragato da alcun dato tecnico-scientifico, ma solo convenzionalmente determinato dalla Regione, non tutela in alcun modo la salubrità delle acque dall’eccessivo impiego agricolo di fertilizzanti di origine minerale (non soggetti ad alcuna limitazione), oltre a porsi in netta antinomia con le determinazioni del regolamento UE 2019/1009.

Ulteriore (e principale) motivo di doglianza, sul quale il TAR Veneto è stato chiamato ad esprimersi riguarda il divieto disposto dalla Regione di utilizzo nelle zone vulnerabili dei fertilizzanti azotati, di cui all’art. 2 lett.ra pp) dell’allegato A DGR 813/2021, ovvero degli ammendanti compostati con fanghi di depurazione.

Anche in tale circostanza l’impugnativa è stata disattesa dal Giudice Amministrativo il quale ha giustificato l’operato della Regione sostenendo che il vincolo introdotto non riguarda l’utilizzo e la commercializzazione dei fertilizzanti sul territorio regionale – che resta libero – ma ne ha limitato l’uso nelle zone vulnerabili in relazione a specifiche caratteristiche dei terreni, nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione e riduzione dell’inquinamento da nitrati e di tutela dei suoli destinati alla produzione agricola.

 

Il TAR ha aggiunto che detta competenza residuale, costituisce il nocciolo duro in tema di agricoltura – precisamente di produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione -, non scalfisce la riserva di legge (di cui al D.Lgs. 152/2006) in materia ambientale, come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale (ex plurimis sent. n. 129/2019, 215/2018, 151/2018, 150/2018, 85/2017).

Precisamente la legittima esigenza regionale di evitare l’accumulo di elementi e sostanze tossiche e pericolose nel terreno non può realizzarsi attraverso l’interferenza della regione nella competenza statale in materia di disciplina della gestione dei rifiuti. Tuttavia la Regione, attenendosi all’esercizio delle proprie competenze a tutela della qualità delle produzioni agricole può prevedere “limiti e condizioni nell’utilizzazione in agricoltura dei diversi tipi di fanghi, avuto riguardo alle concrete caratteristiche dei suoli, con riferimento in particolare alla loro vulnerabilità, nonché ai tipi di colture praticate.

Sostiene il G.A. che la Regione si sia mossa in aderenza con le prescrizioni di cui all’art. 92 e dell’allegato 7 della Parte III D.Lgs. 152/2006, nella misura in cui persegue il duplice obiettivo di preservare i suoli da possibili contaminanti non oggetto di controllo e di migliorare, anche attraverso tale via, la qualità della produzione agricola e la salute della popolazione, dettando prescrizioni immediatamente correlate alla condizione dei fondi ed in ragione delle esigenze agronomiche delle coltivazioni.

 

La Regione, pertanto, è titolata a dotarsi di una disciplina relativa all’uso agronomico dei fertilizzanti che, nel perseguimento della finalità di riduzione dei nitrati, preservi i corpi idrici e le altre matrici ambientali da inquinamenti di altro tipo.

Il TAR fa proprio il considerando 58 del reg. UE 2019/1009 sostenendo che, dalla sua lettura si evidenzia la preclusione all’utilizzo dei fanghi di depurazione nella produzione di fertilizzanti, in assenza di progressi tecnici e previa definizione dei valori limiti (che in realtà già sono previsti nel D.Lgs. 99/1992) per i contaminanti fondati “sulla piena considerazione dell’impatto diretto ed indiretto sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi e sull’ambiente” con il supporto dei pareri scientifici di autorità europee per la sicurezza alimentare, dell’agenzia europea per le sostanze chimiche o del centro comune di ricerca.

Aggiunge, aderendo alla tesi della Regione, che dette restrizioni non sono implausibili, sulla scorta del principio di cautela (eccolo che ritorna) non essendo ancora prevista nel D.Lgs. 75/2010 l’analisi di tutti i contaminanti che potrebbero essere presenti nei suddetti fertilizzanti, in relazione alla loro origine e che, a differenza della disciplina in materia di utilizzo agronomico diretto dei fanghi in agricoltura ex D.Lgs. 99/1992, la quale prende in considerazione anche le caratteristiche e gli inquinanti presenti nel suolo di destinazione, l’impatto dei fertilizzanti suoi suoli non consente il medesimo controllo, essendo cessata la sua matrice di rifiuto come provenienza, e quindi sottratto al monitoraggio sugli effetti dell’ambiente (quindi questo è il vero problema).

Quindi in conclusione, per il G.A. Veneto le limitazioni poste in essere dalla Regione con la D.G.R. 813/2021 non sono state ritenute nel loro complesso irragionevoli o sproporzionate, in quanto rispettose del perimetro di tutela che il legislatore comunitario ha stabilito con la direttiva nitrati e mantenuto anche con l’entrata in vigore del reg. UE 2019/1009.

 

Pur nella sua articolata e meticolosa esposizione, la sentenza TAR Veneto 30.05.2022 n. 819 farà sicuramente discutere per le posizioni assunte e presta il fianco a dei rilievi critici che ci permettiamo di sollevare:

  • in reiterati passaggi motivazionali si ha l’impressione di una ripresa surrettizia del principio di precauzione giurisprudenziale nazionale (e non comunitario), inteso come assenza di pericolosità, rispetto al principio di ragionevolezza comunitario (ex plurimis nella sentenza CGUE 28.03.2019 cause riunite C-487/17, C-488/17 e C-489/17 punto 45);
  • non è da escludersi un principio di violazione della riserva di legge in materia ambientale, di cui all’art. 92 D.Lgs. 152/2006 e degli allegati 7/A-I e 7/A-III della Parte Terza, dal momento che il legislatore nazionale ha ben definito i criteri per la perimetrazione delle zone vulnerabili (ovvero quelle in cui si rilevano concentrazioni di nitrati superiori ai limiti stabiliti). Viceversa il TAR, aderendo alla tesi della Regione Veneto, ha individuato le zone vulnerabili, tra le altre, in quelle di particolare pregio quali DOP, IGP o siti natura 2000, sulle quali imporre un divieto di utilizzo dei fertilizzanti contenenti fanghi di depurazione, a prescindere dalla presenza o meno di nitrati, in qualsivoglia forma;
  • altresì è da chiarire quali siano i riflessi che tale provvedimento spiega (con il conseguente tema della riserva di legge) in materia di spandimento in agricoltura dei fanghi ex D.Lgs. 99/1992 ed in ultimo ex art. 41 D.L. 28.09.2019 n. 109 conv. in L. 16.11.2019 n. 130 (cd. Decreto Genova);
  • il considerato 58 del reg. UE 2019/1009 è stato sottoposto ad una interpretazione non imparziale, ma funzionale al cd. principio di precauzione (che ha trovato nel corso degli anni ampio sostegno nella magistratura amministrativa, e non solo, in materia di ambiente) quando invece il suo tenore letterale esprime un concetto diverso ovvero di incentivare l’utilizzo di prodotti contenuti nei materiali fertilizzanti, visti i progressi tecnici nei settori di riciclaggio rifiuti, riciclaggio del fosforo dai fanghi di depurazione, pure nella ovvia considerazione del rispetto di valori limiti. Ed a tal fine la Commissione UE è stata delegata ad introdurre materiali aggiuntivi per la produzione di fertilizzanti, come in effetti ha fatto in seguito sui materiali costituenti di ossidazione termica (ex reg. UE 2021/2087), di pirolisi e gassificazione (ex reg. UE 2021/2088) e composti inibitori e post trattamento digestato (ex reg. UE 2022/1519). Ergo il considerato par. 58 delle nuove regole sui fertilizzanti non va nella direzione di una maggiore restrizione precauzionale sul contenuto dei fertilizzanti (come invece sostenuto dal G.A.), ma estende la platea dei composti con le evidenti cautele tecnico-scientifiche da assumere.

 

Purtroppo il timore è di dover assistere, ancora una volta, ad uno stridente disallineamento tra le disposizioni comunitarie (del tutto chiare sia nei principi che nella soluzioni applicative in materia di fertilizzanti) e l’attività regolatoria regionale veneta la quale, sui fanghi di depurazione, ha sostanzialmente espresso delle pregiudiziali precauzionali, con lo strumento (surrettizio) della vulnerabilità ai nitrati. Attendiamo, come sempre fiduciosi chiarimenti quanto mai necessari dal MITE.

 

 

Piacenza, 29 settembre 2022

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