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Stefano Maglia

Rifiuti pericolosi: quando sono obbligatorie le analisi?

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

Dall’esame della disciplina normativa vigente in materia emerge che sussiste l’obbligo di procedere all’analisi chimica dei rifiuti solo nelle seguenti ipotesi[1]:

a) Per il conferimento in discarica: il D.M. 27 settembre 2010 (art. 2), al fine di determinare l’ammissibilità dei rifiuti in ciascuna categoria di discarica, così come definite dall’art. 4 del D.L.vo 36/2003, impone al produttore l’obbligo di “caratterizzare” il rifiuto. La caratterizzazione ha lo scopo di fornire informazioni fondamentali in merito ai rifiuti (tipo e origine, composizione, consistenza, tendenza a produrre percolato, possibilità di trattamento, parametri critici, ecc.). Tale caratterizzazione deve essere eseguita in occasione del primo conferimento e ripetuta ad ogni variazione significativa del processo originante i rifiuti e comunque almeno una volta all’anno.

b)·Per il conferimento ad impianti di termovalorizzazione (inceneritori): l’art. 7 del D.L.vo. 133/2005, prevede che il gestore dell’impianto di incenerimento acquisisca dal produttore del rifiuto informazioni sulla composizione chimica dello stesso, al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

c)·Per il conferimento ad attività di recupero rifiuti operanti in regime semplificato: per questo tipo di recupero, ai sensi dell’art. 8 del D.M. 5 febbraio 1998, è stabilito che le analisi siano eseguite dal produttore, in occasione del primo conferimento all’impianto e successivamente ogni 24 mesi e comunque ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione che ha originato tali rifiuti.

d) Per le “voci a specchio”: si definisce voce specchio il rifiuto che viene indicato nel Cer sia come pericoloso, sia come non pericoloso, in funzione del riferimento al contenuto di sostanze pericolose[2], come riportato nell’esempio seguente:

– 03.01.04* segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose;

– 03.01.05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03.01.04.

Il codice 03.01.04 è una voce specchio.

La pericolosità (dovuta nell’esempio sopra riportato alla presenza sostanze pericolose) deve essere stabilita da un’apposita analisi chimica che rilevi le concentrazioni delle sostanze contenute al fine di classificare il rifiuto stesso.
In conclusione sul punto, “pertanto, la caratterizzazione analitica esula da un obbligo generico ed indiscriminato di analisi ad ogni conferimento in impianto[3]. Ciò non toglie che il destinatario possa, laddove lo ritenga opportuno, o debba, qualora sia espressamente previsto tra le prescrizioni della sua autorizzazione, sottoporre i rifiuti conferiti ad analisi, onde avere riscontro e conferma della loro classificazione. Infatti, “per gli impianti – che non siano discariche – autorizzati secondo la procedura ordinaria il D.Lgs. 152/2006 non prescrive nulla in merito, lasciando gli enti che rilasciano i titoli abilitativi per l’esercizio delle operazioni di gestione la facoltà di disporre in proposito nell’ambito delle prescrizioni autorizzatorie[4].
Peraltro, la normativa vigente non richiede che il certificato di analisi accompagni sempre il formulario durante il trasporto dei rifiuti: è, peraltro, evidente che “l’unica certezza, a un riscontro su strada, circa la natura del rifiuto (pericoloso/non pericoloso) può essere fornita solo dal certificato di analisi … Diversamente, per il controllore sarà impossibile stabilire icto oculi la natura del rifiuto e sarà costretto a procedere (in caso di fumus) a un fermo amministrativo del mezzo[5].
In ordine ai rifiuti pericolosi, senza codice a specchio, si precisa che alcune tipologie di rifiuti (appunto, quelle con codice CER asteriscato) sono classificate come pericolose fin dall’origine. In questo caso è la legge stessa che classifica come pericolosi alcuni rifiuti sulla base del ciclo produttivo di provenienza in quanto, per il Legislatore, non vi sono dubbi che questi rifiuti possiedano caratteristiche chimico-fisiche o sostanze pericolose in quantità significative. Ciò detto, però, l’analisi chimica rimane comunque l’unico strumento che permette di conoscere le classi di pericolosità, necessarie per la compilazione del registro e del formulario.
I rifiuti identificati con codice CER a specchio possono o meno contenere sostanze classificate come pericolose in quantità significative. In tal caso è necessario che il produttore del rifiuto proceda ad un’analisi chimica di un campione rappresentativo del rifiuto per stabilire se la concentrazione di sostanze pericolose che vengono rilevate superano i limiti di legge, tale da classificare il rifiuto pericoloso ed attribuire il CER con asterisco; o viceversa non li superano e quindi il rifiuto non è pericoloso.

 

 



[1] Sul punto si veda anche P. FICCO – M. SANTOLOCI, Diritto all’ambiente. Controllori e controllati, Edizioni Ambiente, p. 145 ss.

[2] Cfr L. RAMACCI, Rifiuti: la gestione e le sanzioni, CELT, p. 67

[3] AA.VV., Manuale ambiente (III edizione), Ipsoa, p. 535

[4] S. MAGLIA – P. PIPERE, Rifiuti. Le norme e gli adempimenti, ARS Edizioni Informatiche, p. 151

[5] P. FICCO, Rifiuti. Quesiti risolti, Edizioni Ambiente, p. 105

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