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Rifiuti tessili: dal 1° gennaio 2022 i Comuni hanno l’obbligo della differenziata

di Francesca Miniscalco

Categoria: Rifiuti

Dal 1° gennaio 2022 è in vigore l’obbligo di raccogliere in modo differenziato i rifiuti tessili, introdotto dall’art. 205, comma 6-quater[1], del Dlgs 152/2006, rubricato “Misure per incrementare la raccolta differenziata[2].

A fronte di ciò, ci si domanda quale sia lo stato attuale dell’arte sul territorio nazionale.

Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), con un suo articolo pubblicato il 4 gennaio 2022 sul sito istituzionale, ha evidenziato che “al momento la raccolta differenziata del tessile è strutturata solo parzialmente sul territorio nazionale e colmare, in breve tempo, le differenze tra regioni non sarà facile. Con l’obbligatorietà, i Comuni e i gestori, che non hanno ancora attivato questo servizio di raccolta, dovranno realizzarlo quanto prima e regolamentarlo al meglio, comprendendo sia gli indumenti che altri materiali tessili, come ad esempio la tappezzeria, le lenzuola, gli asciugamani e altri prodotti tessili che, per lo più, si trovano nelle nostre abitazioni. Questo comporterà un aumento della presenza di frazioni non facilmente valorizzabili, con un possibile aumento dei costi di cernita e smaltimento che preoccupa non poco gli operatori del settore[3].

Inoltre, il SNPA ha posto l’attenzione anche sugli impianti di riciclaggio, poiché è di tutta evidenza la mancanza di una vera rete infrastrutturale di impianti in grado di recuperare materia dagli scarti tessili.

Infine, da più parti[4] è stata messa in luce la mancanza di una strategia nazionale per costruire una filiera del riciclo.

Premesso tutto ciò, ad avviso di chi scrive, occorre fare chiarezza su alcuni aspetti per non ingenerare dubbi tra gli operatori del settore.

 

  1. A chi si rivolge l’obbligo?

La nuova formulazione dell’art. 205 del Dlgs 152/2006, recante “Misure per incrementare la raccolta differenziata”, al comma 6-quater dispone che: “La raccolta differenziata è effettuata almeno per la carta, i metalli, la plastica, il vetro, ove possibile per il legno, nonché per i tessili entro il 1° gennaio 2022; per i rifiuti organici; per imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili”.

L’art. 205 del Dlgs 152/2006 concernente la differenziazione obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2022 si rivolge ai Comuni: quindi, tale obbligo non si applica nei confronti delle imprese private.

 

  1. Può un’impresa privata attivare la raccolta differenziata dei tessili?

In linea generale, un’impresa privata può attivare la raccolta differenziata dei rifiuti tessili dei clienti presso i punti vendita solo a seguito della costituzione di un sistema riconosciuto dal Ministero della Transizione Ecologica basato sul principio della responsabilità estesa del produttore del prodotto (c.d. EPR).

L’art. 185 bis Dlgs 152/2006 (“Deposito temporaneo prima della raccolta”), al comma 1, lett. b) dispone che: “1. Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni: (…)

b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita”.

La nuova definizione di deposito temporaneo prima della raccolta consente ai distributori di ritirare presso i locali del proprio punto vendita esclusivamente i rifiuti dei prodotti per i quali vi sia un regime EPR, anche di tipo volontario.

Questo comporta che per poter usufruire della nuova ipotesi di deposito temporaneo presso i punti vendita, i produttori di rifiuti tessili (che, ad oggi, non rientrano nel regime EPR) dovrebbero presentare istanze volte a istituire sistemi EPR per tali tipologie di prodotti.

Tuttavia è necessario chiedere un riconoscimento tramite Decreto Ministeriale (procedura particolarmente lunga) e bisogna garantire l’operatività a livello nazionale, nel rispetto dei requisiti generali minimi in materia di EPR[5] (numerosi e di non facile realizzazione).

Premesso ciò, per i rifiuti tessili non è ancora previsto un sistema di responsabilità estesa del produttore (c.d. EPR): non è possibile, pertanto, per le imprese private poter ritirare i rifiuti tessili presso i propri punti vendita in assenza di un consorzio, anche di natura volontaria, riconosciuto dal Ministero della Transizione Ecologica.

L’eventuale ritiro di rifiuti tessili in assenza delle condizioni in precedenza descritte si configurerebbe come attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 256 Dlgs 152/2006.

 

 

  1. Le Convenzioni già esistenti tra Comuni e imprese private: quali sorti?

A quanto ci risulti, si possono segnalare due tipologie di convenzioni stipulate tra le imprese private ed i Comuni.

La prima tipologia, rientrante nell’ambito del servizio comunale di raccolta differenziata: ad avviso di chi scrive, essa potrebbe continuare ad operare sino alla scadenza naturale, se le imprese private operano nell’ambito del servizio pubblico comunale di raccolta differenziata e risultano iscritte all’Albo gestori ambientali nelle categorie corrette (a meno che le parti, ovviamente, si accordino diversamente).

La seconda tipologia di convenzione è collegata ad un servizio di carattere “privatistico” che esula dal servizio pubblico comunale di raccolta differenziata: in questo caso, ad avviso di chi scrive, non è da escludere una revisione.

Infatti, se il servizio offerto dalle imprese private è un servizio aggiuntivo, avente carattere “privatistico”, cioè è un servizio che non rientra nell’ambito del servizio pubblico di raccolta comunale, ad avviso di chi scrive, questo potrebbe comportare la revisione degli accordi già stipulati con i Comuni stessi. In particolare, nulla vieta di mantenere in vigore le convenzioni già in essere, tuttavia il Comune deve dimostrare di aver istituito autonomamente la raccolta differenziata per i tessili, in ossequio all’art. 205 del Dlgs 152/2006.

 

 

Piacenza, 14 gennaio 2022

 

[1] Comma aggiunto dall’art. 2, c. 3, lett. a) del D.L.vo 3 settembre 2020, n. 116.

[2] Anticipando così di tre anni l’obbligo di raccolta differenziata previsto dall’Unione Europa con il Pacchetto Economia Circolare (Direttiva UE 2018/851).

[3] Si veda: “Rifiuti tessili: obbligo raccolta differenziata dal 1/01/2022. I chiarimenti del SNPA” reperibile su www.tuttoambiente.it

[4] Si veda Laboratorio Ref. Ricerche, “Rifiuti tessili: occorrono strategia e strumenti economici”, novembre 2021, Rifiuti n. 192. In particolare è stato evidenziato che: “(…) mancando una regia nazionale o comunque uno schema di responsabilità estesa del produttore, il mercato spinge non sempre verso soluzioni eco-efficienti. Da questo punto di vista, sarebbe auspicabile che una strategia per la gestione dei rifiuti tessili giungesse dal Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (PNGR) e dalle pianificazioni regionali. Diversamente, il rischio è quello di lasciare spazio alle iniziative spontanee, dei Comuni e/o degli Enti d’ambito, con il risultato di riproporre le note questioni circa l’inadeguatezza della scala impiantistica e del perimetro territoriale dei fabbisogni a cui si intende dare risposta: in un ambito nel quale, vista la consistenza dei flussi, le risposte non possono che essere di area vasta”.

[5] Dettati dal nuovo art. 178-ter del D.L.vo 116/2020.

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