Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
A quasi un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo 104/2017 appare utile soffermarsi su alcuni spunti di riflessione offerti dalla nuova normativa.
LE RAGIONI DELLA RIFORMA. La spinta per una modifica sostanziale della disciplina è arrivata in primo luogo dalla direttiva europea che ha inciso sulla normativa previgente, prevedendo una delega contenente un esplicito riferimento al concetto di “funzionalità” delle procedure di VIA. Le procedure nel nostro sistema non erano efficienti, né per la tutela ambientale né per lo sviluppo sostenibile; la durata eccessiva del procedimento di VIA, denso di prescrizioni per il soggetto proponente, scoraggiava la realizzazione di opere, E non era certamente questo l’obiettivo della VIA…
Ci si è chiesti allora cosa si potesse fare per rendere la VIA piu efficiente ed efficace. Si è scelto di usare lo strumento del decreto legislativo per vari motivi: perché più rispondente allo scopo di efficientare il procedimento; perché il decreto legislativo prevede un lavoro ed un processo di decisione ben strutturato; perché il decreto legislativo presenta una serie di passaggi complessi e strutturati che consentono un affinamento della materia. Infine, perché prevede la delega correttiva, che consente modifiche nel tempo, a tutto vantaggio della normazione.
In sintesi sono stati illustrati i punti salienti della riforma
Ragionevolezza dei tempi, identificabili a priori
Semplificazione della procedura: “chi fa che cosa”
Incentivazione di comportamenti virtuosi tra ente interessato e soggetto proponente, garantendo la qualità finale dell’opera, nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
Competenze. Il riparto di competenze Stato Regioni non rispondeva più alle esigenze del procedimento di VIA, anche in considerazione del fatto che molte opere hanno incidenza su territori ben più vasti di una sola regione. Si è deciso quindi di tornare al vecchio principio della competenza statale, sancito nell’art. 118 della Costituzione, riconoscendo alle regioni il potere di disciplinare l’organizzazione e le modalità di esercizio delle proprie funzioni amministrative, ma lasciando intatto il principio della competenza statale in materia ambientale, secondo il criterio degli impatti non esclusivamente endo-regionali.
Nuovi istituti. Sono stati creati nuovi istituti che facilitano il rapporto Stato-Regioni, quali ad esempio il pre-sceening, che consente di ottenere entro 30 giorni dalla richiesta del proponente, una risposta sulla necessità di avviare il procedimento VIA ovvero se occorra un progetto di assoggettabilità o addirittura se non occorra alcun tipo di autorizzazione per la realizzazione dell’opera.
Altro istituto nuovo è il progetto di fattibilità o di dettaglio, che è stato semplificato e reso meno specifico. Il proponente chiede all’amministrazione cosa occorra per l’opera. La documentazione richiesta dall’amministrazione può essere integrata una sola volta. Nel caso in cui la documentazione non fosse sufficiente, il procedimento avviato si chiude e occorrerà avviarne uno nuovo.
I tempi sono stati ridotti. L’istruttoria si deve concludere entro 90 giorni. La decisione va presa in termini perentori, altra novità importante. Sulla perentorietà dei termini si è aperta una discussione in sede di approvazione del decreto legislativo, in considerazione del fatto che l’uso del termine perentorio ha posto il dubbio se il mancato rispetto dei termini comportasse un travolgimento dell’intero procedimento, con conseguenze disastrose per i soggetti interessati.
In realtà è stato chiarito che la perentorietà dei termini incide solo sulla responsabilità dei funzionari incaricati dell’analisi, i quali saranno così spronati al rispetto dei tempi, e comporta un potere sostitutivo dell’autorità.
Per i progetti di competenza statale il proponente ha la possibilità di chiedere la VIA ordinaria ovvero, in alternativa, un provvedimento unico ambientale, che contenga e sostituisca tutte le autorizzazioni o titoli abilitativi.
Per i progetti di competenza regionale è stato previsto solo il provvedimento unico autorizzatorio, con una disciplina uniforme e analitica, che tuttavia presenta elementi di criticità in quanto non sempre utile e fattibile.
LE CONDIZIONI. I CONTROLLI. L’OTTEMPERANZA.
Un’altra novità introdotta dal decreto legislativo 104/17 è rappresentata dalle condizioni e dai controlli sui progetti.
Nel testo previgente vi era un grosso limite rappresentato dal fatto che non era previsto un legame tra condizioni apposte al progetto e controlli successivi (art. 26 e art. 28) Anche la disciplina del monitoraggio non era chiara e si finiva con il chiedersi chi fosse il soggetto incaricato del controllo sul rispetto delle condizioni. La novità apportata dal decreto 104/17 sta proprio nell’aver collegato i due momenti.
I controlli di cui all’art. 28 sono stati disciplinati in maniera più razionale: il proponente deve rispettare le condizioni previste nel progetto e l’autorità competente si occupa del controllo e monitoraggio del rispetto di tali condizioni.
Altra novità importante è la previsione contenuta nel 7° comma dell’art. 28, in cui si contempla l’ipotesi del verificarsi di impatti ambientali non previsti nel progetto iniziale. In questi casi il proponente può avviare nuovamente il procedimento per adattarlo alle nuove condizioni ambientali verificatesi (riedizione del procedimento).
Quanto all’ottemperanza, il d.lvo 104/17 registra una decisa presa di posizione nel senso di garantire l’esecuzione delle prescrizioni indicate nel procedimento di VIA attraverso strumenti quali gli osservatori ambientali e i poteri sostitutivi. Il previgente art. 28 era piuttosto scarno nella disciplina dei soggetti interessati al controllo, il che poneva varie domande: si può affidare a terzi il controllo? Sono possibili poteri sostitutivi? Si rispondeva che nel monitoraggio il potere apparteneva al soggetto pubblico quindi vi era poco spazio per l’intervento di terzi soggetti.
La nuova disciplina dell’art. 28 prevede che il monitoraggio è di competenza dell’autorità che ha adottato la VIA, avvalendosi anche di soggetti terzi. I primi sono soggetti formati al fine di garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza.
Anche in questo caso, tuttavia, ci si è posti alcune domande: qual è la funzione del terzo? può l’amministrazione procedente discostarsi dalle valutazione del terzo? può sostituirsi?
La norma non fa chiarezza. Se l’esito della verifica è positivo, nulla quaestio. Ma se l’esito del controllo fosse negativo, quale sarebbe il vincolo dell’autorità competente rispetto al parere negativo? Sembrerebbe che il parere del controllore abbia natura decisoria e che quindi l’autorità non possa discostarsi. Ma una simile soluzione non sembra molto logica e rispondente alla ratio della norma.
Una possibile risposta può trovarsi nei protocolli d’intesa tra delegante e delegato, che possono fornire risposte, prevedendo di volta in volta soluzioni specifiche quando la decisione del terzo sia negativa.
A questo proposito tuttavia l’uso del termine “avvalersi”, inserito nel testo dell’art. 28, sembra dirimente in quanto il legislatore ha voluto conservare il potere decisorio in capo all’autorità competente, senza possibilità che passi al terzo. Pertanto la decisione finale è dell’autorità competente.
Quanto ai poteri sostitutivi si segnala l’importante previsione della norma che contempla il potere sostitutivo dell’autorità competente alla verifica di ottemperanza, vale a dire che, qualora i soggetti individuati per la verifica di ottemperanza non provvedano entro i termini previsti, le attività di verifica sono svolte direttamente dall’autorità competente.
LA CONFERENZA DEI SERVIZI.
Una riflessione meritano anche le novità apportate dal d.lvo 104/17 in materia di conferenza dei servizi, strumento dell’attività amministrativa teso ad una valutazione comparativa di plurimi interessi, al fine di coordinare e raccordare i poteri e le competenze.
Le novità introdotta dal decreto legislativo 104/17 riguarda la necessità della conferenza dei servizi in caso di progetto sottoposto a VIA, in luogo della facoltatività di tale procedimento prevista nella disciplina precedente.
Altra novità è la convocazione della conferenza dei servizi con modalità sincrone. Essa è indetta entro 10 giorni dalla verifica documentale, condotta dall’amministrazione competente, circa la completezza della documentazione e il pagamento degli oneri istruttori.
Il termine di conclusione dei lavori della conferenza è di 150 giorni alla presentazione dell’istanza, lo stesso previsto per la conclusione del procedimento di VIA. E’ pertanto evidente che per i progetti sottoposti a VIA la conferenza dei servizi è una conferenza decisoria.
Rispetto alla disciplina previgente delle opere sottoposte a VIA, l’iter si semplifica a vantaggio dei tempi: un’unica conferenza di servizi basta dunque per acquisire autorizzazioni, pareri, assensi per l’esercizio dell’attività ma anche per il giudizio di compatibilità ambientale.
LA VIA POSTUMA.
Un interessante spunto di riflessione riguarda l’aspetto dell’incidenza del tempo sulla VIA.
Cosa succede nei casi in cui un impianto o opera realizzati senza procedura via –in quanto non ritenuta necessaria dall’amministrazione- presenti impatti ambientali non previsti o non prevedibili all’epoca della realizzazione in base ad una normativa nazionale dichiarata successivamente incompatibile con la direttiva europea 2011/92? E’ possibile, in sostanza, una via postuma?
La risposta è stata fornita dalla corte di Giustizia Europea con la sent. del 28 febbraio 2018 nella causa 117/17 , interessata dal TAR delle Marche per un progetto di potenziamento di un preesistente impianto per la produzione di energia elettrica alimentato a biomassa.
I giudici europei hanno rammentato che la direttiva 2011/92 prescrive che gli impianti che possano avere un significativo impatto ambientale siano sottoposti alla valutazione ambientale prima del rilascio dell’autorizzazione. Il carattere preventivo di tale valutazione è giustificato dalla necessità che a livello decisionale l’autorità competente tenga conto fin dal momento del progetto e delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, al fine di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre incidenze negative, piuttosto che combatterne successivamente gli effetti.
La Corte ha poi ribadito che gli stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite della omessa VIA prescritta dall‘Unione e ciò anche a titolo di regolarizzazione di un impianto che sia stato già realizzato e messo in servizio, precisando tuttavia che la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione tenga conto non solo dei futuri impatti ambientali ma anche le conseguenze che si sono prodotte sull’ambiente a partire dalla realizzazione di quell’opera.
In conclusione, la via postuma è una procedura ammessa dalla Unione Europea ma occorre che la disciplina nazionale che consente la regolarizzazione dell’impianto sia compatibile con la direttiva europea e che la regolarizzazione tenga conto degli impatti ambientali intervenuti a partire dalla realizzazione del progetto.
Una riflessione finale merita la previsione di due speciali norme transitorie che prevedono, l’una, un allineamento della disciplina introdotta con decreto 104 all’esigenza imposta dalla direttiva europea che la nuova disciplina trovi applicazione a tutti i procedimenti avviati a partire dal 16 maggio 2017 e, l’altra, la previsione di una specifica norma transitoria che, in ragione delle numerose agevolazioni e semplificazioni procedimentali introdotte, consente al proponente di chiedere all’autorità competente l’applicazione della nuova disciplina anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Si tratta evidentemente di due previsioni introdotte dal legislatore allo scopo di favorire e incrementare i progetti ecosostenibili, a tutto vantaggio di uno sviluppo economico green.
Categorie
Riflessioni sulla nuova VIA
di Annarita Bressan
A quasi un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo 104/2017 appare utile soffermarsi su alcuni spunti di riflessione offerti dalla nuova normativa.
LE RAGIONI DELLA RIFORMA. La spinta per una modifica sostanziale della disciplina è arrivata in primo luogo dalla direttiva europea che ha inciso sulla normativa previgente, prevedendo una delega contenente un esplicito riferimento al concetto di “funzionalità” delle procedure di VIA. Le procedure nel nostro sistema non erano efficienti, né per la tutela ambientale né per lo sviluppo sostenibile; la durata eccessiva del procedimento di VIA, denso di prescrizioni per il soggetto proponente, scoraggiava la realizzazione di opere, E non era certamente questo l’obiettivo della VIA…
Ci si è chiesti allora cosa si potesse fare per rendere la VIA piu efficiente ed efficace. Si è scelto di usare lo strumento del decreto legislativo per vari motivi: perché più rispondente allo scopo di efficientare il procedimento; perché il decreto legislativo prevede un lavoro ed un processo di decisione ben strutturato; perché il decreto legislativo presenta una serie di passaggi complessi e strutturati che consentono un affinamento della materia. Infine, perché prevede la delega correttiva, che consente modifiche nel tempo, a tutto vantaggio della normazione.
In sintesi sono stati illustrati i punti salienti della riforma
Competenze. Il riparto di competenze Stato Regioni non rispondeva più alle esigenze del procedimento di VIA, anche in considerazione del fatto che molte opere hanno incidenza su territori ben più vasti di una sola regione. Si è deciso quindi di tornare al vecchio principio della competenza statale, sancito nell’art. 118 della Costituzione, riconoscendo alle regioni il potere di disciplinare l’organizzazione e le modalità di esercizio delle proprie funzioni amministrative, ma lasciando intatto il principio della competenza statale in materia ambientale, secondo il criterio degli impatti non esclusivamente endo-regionali.
Nuovi istituti. Sono stati creati nuovi istituti che facilitano il rapporto Stato-Regioni, quali ad esempio il pre-sceening, che consente di ottenere entro 30 giorni dalla richiesta del proponente, una risposta sulla necessità di avviare il procedimento VIA ovvero se occorra un progetto di assoggettabilità o addirittura se non occorra alcun tipo di autorizzazione per la realizzazione dell’opera.
Altro istituto nuovo è il progetto di fattibilità o di dettaglio, che è stato semplificato e reso meno specifico. Il proponente chiede all’amministrazione cosa occorra per l’opera. La documentazione richiesta dall’amministrazione può essere integrata una sola volta. Nel caso in cui la documentazione non fosse sufficiente, il procedimento avviato si chiude e occorrerà avviarne uno nuovo.
I tempi sono stati ridotti. L’istruttoria si deve concludere entro 90 giorni. La decisione va presa in termini perentori, altra novità importante. Sulla perentorietà dei termini si è aperta una discussione in sede di approvazione del decreto legislativo, in considerazione del fatto che l’uso del termine perentorio ha posto il dubbio se il mancato rispetto dei termini comportasse un travolgimento dell’intero procedimento, con conseguenze disastrose per i soggetti interessati.
In realtà è stato chiarito che la perentorietà dei termini incide solo sulla responsabilità dei funzionari incaricati dell’analisi, i quali saranno così spronati al rispetto dei tempi, e comporta un potere sostitutivo dell’autorità.
Per i progetti di competenza statale il proponente ha la possibilità di chiedere la VIA ordinaria ovvero, in alternativa, un provvedimento unico ambientale, che contenga e sostituisca tutte le autorizzazioni o titoli abilitativi.
Per i progetti di competenza regionale è stato previsto solo il provvedimento unico autorizzatorio, con una disciplina uniforme e analitica, che tuttavia presenta elementi di criticità in quanto non sempre utile e fattibile.
LE CONDIZIONI. I CONTROLLI. L’OTTEMPERANZA.
Un’altra novità introdotta dal decreto legislativo 104/17 è rappresentata dalle condizioni e dai controlli sui progetti.
Nel testo previgente vi era un grosso limite rappresentato dal fatto che non era previsto un legame tra condizioni apposte al progetto e controlli successivi (art. 26 e art. 28) Anche la disciplina del monitoraggio non era chiara e si finiva con il chiedersi chi fosse il soggetto incaricato del controllo sul rispetto delle condizioni. La novità apportata dal decreto 104/17 sta proprio nell’aver collegato i due momenti.
I controlli di cui all’art. 28 sono stati disciplinati in maniera più razionale: il proponente deve rispettare le condizioni previste nel progetto e l’autorità competente si occupa del controllo e monitoraggio del rispetto di tali condizioni.
Altra novità importante è la previsione contenuta nel 7° comma dell’art. 28, in cui si contempla l’ipotesi del verificarsi di impatti ambientali non previsti nel progetto iniziale. In questi casi il proponente può avviare nuovamente il procedimento per adattarlo alle nuove condizioni ambientali verificatesi (riedizione del procedimento).
Quanto all’ottemperanza, il d.lvo 104/17 registra una decisa presa di posizione nel senso di garantire l’esecuzione delle prescrizioni indicate nel procedimento di VIA attraverso strumenti quali gli osservatori ambientali e i poteri sostitutivi. Il previgente art. 28 era piuttosto scarno nella disciplina dei soggetti interessati al controllo, il che poneva varie domande: si può affidare a terzi il controllo? Sono possibili poteri sostitutivi? Si rispondeva che nel monitoraggio il potere apparteneva al soggetto pubblico quindi vi era poco spazio per l’intervento di terzi soggetti.
La nuova disciplina dell’art. 28 prevede che il monitoraggio è di competenza dell’autorità che ha adottato la VIA, avvalendosi anche di soggetti terzi. I primi sono soggetti formati al fine di garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza.
Anche in questo caso, tuttavia, ci si è posti alcune domande: qual è la funzione del terzo? può l’amministrazione procedente discostarsi dalle valutazione del terzo? può sostituirsi?
La norma non fa chiarezza. Se l’esito della verifica è positivo, nulla quaestio. Ma se l’esito del controllo fosse negativo, quale sarebbe il vincolo dell’autorità competente rispetto al parere negativo? Sembrerebbe che il parere del controllore abbia natura decisoria e che quindi l’autorità non possa discostarsi. Ma una simile soluzione non sembra molto logica e rispondente alla ratio della norma.
Una possibile risposta può trovarsi nei protocolli d’intesa tra delegante e delegato, che possono fornire risposte, prevedendo di volta in volta soluzioni specifiche quando la decisione del terzo sia negativa.
A questo proposito tuttavia l’uso del termine “avvalersi”, inserito nel testo dell’art. 28, sembra dirimente in quanto il legislatore ha voluto conservare il potere decisorio in capo all’autorità competente, senza possibilità che passi al terzo. Pertanto la decisione finale è dell’autorità competente.
Quanto ai poteri sostitutivi si segnala l’importante previsione della norma che contempla il potere sostitutivo dell’autorità competente alla verifica di ottemperanza, vale a dire che, qualora i soggetti individuati per la verifica di ottemperanza non provvedano entro i termini previsti, le attività di verifica sono svolte direttamente dall’autorità competente.
LA CONFERENZA DEI SERVIZI.
Una riflessione meritano anche le novità apportate dal d.lvo 104/17 in materia di conferenza dei servizi, strumento dell’attività amministrativa teso ad una valutazione comparativa di plurimi interessi, al fine di coordinare e raccordare i poteri e le competenze.
Le novità introdotta dal decreto legislativo 104/17 riguarda la necessità della conferenza dei servizi in caso di progetto sottoposto a VIA, in luogo della facoltatività di tale procedimento prevista nella disciplina precedente.
Altra novità è la convocazione della conferenza dei servizi con modalità sincrone. Essa è indetta entro 10 giorni dalla verifica documentale, condotta dall’amministrazione competente, circa la completezza della documentazione e il pagamento degli oneri istruttori.
Il termine di conclusione dei lavori della conferenza è di 150 giorni alla presentazione dell’istanza, lo stesso previsto per la conclusione del procedimento di VIA. E’ pertanto evidente che per i progetti sottoposti a VIA la conferenza dei servizi è una conferenza decisoria.
Rispetto alla disciplina previgente delle opere sottoposte a VIA, l’iter si semplifica a vantaggio dei tempi: un’unica conferenza di servizi basta dunque per acquisire autorizzazioni, pareri, assensi per l’esercizio dell’attività ma anche per il giudizio di compatibilità ambientale.
LA VIA POSTUMA.
Un interessante spunto di riflessione riguarda l’aspetto dell’incidenza del tempo sulla VIA.
Cosa succede nei casi in cui un impianto o opera realizzati senza procedura via –in quanto non ritenuta necessaria dall’amministrazione- presenti impatti ambientali non previsti o non prevedibili all’epoca della realizzazione in base ad una normativa nazionale dichiarata successivamente incompatibile con la direttiva europea 2011/92? E’ possibile, in sostanza, una via postuma?
La risposta è stata fornita dalla corte di Giustizia Europea con la sent. del 28 febbraio 2018 nella causa 117/17 , interessata dal TAR delle Marche per un progetto di potenziamento di un preesistente impianto per la produzione di energia elettrica alimentato a biomassa.
I giudici europei hanno rammentato che la direttiva 2011/92 prescrive che gli impianti che possano avere un significativo impatto ambientale siano sottoposti alla valutazione ambientale prima del rilascio dell’autorizzazione. Il carattere preventivo di tale valutazione è giustificato dalla necessità che a livello decisionale l’autorità competente tenga conto fin dal momento del progetto e delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, al fine di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre incidenze negative, piuttosto che combatterne successivamente gli effetti.
La Corte ha poi ribadito che gli stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite della omessa VIA prescritta dall‘Unione e ciò anche a titolo di regolarizzazione di un impianto che sia stato già realizzato e messo in servizio, precisando tuttavia che la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione tenga conto non solo dei futuri impatti ambientali ma anche le conseguenze che si sono prodotte sull’ambiente a partire dalla realizzazione di quell’opera.
In conclusione, la via postuma è una procedura ammessa dalla Unione Europea ma occorre che la disciplina nazionale che consente la regolarizzazione dell’impianto sia compatibile con la direttiva europea e che la regolarizzazione tenga conto degli impatti ambientali intervenuti a partire dalla realizzazione del progetto.
Una riflessione finale merita la previsione di due speciali norme transitorie che prevedono, l’una, un allineamento della disciplina introdotta con decreto 104 all’esigenza imposta dalla direttiva europea che la nuova disciplina trovi applicazione a tutti i procedimenti avviati a partire dal 16 maggio 2017 e, l’altra, la previsione di una specifica norma transitoria che, in ragione delle numerose agevolazioni e semplificazioni procedimentali introdotte, consente al proponente di chiedere all’autorità competente l’applicazione della nuova disciplina anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Si tratta evidentemente di due previsioni introdotte dal legislatore allo scopo di favorire e incrementare i progetti ecosostenibili, a tutto vantaggio di uno sviluppo economico green.
Piacenza, 28.05.2018
Torna all'elenco completo
© Riproduzione riservata