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MTR-2 ARERA (delibera 363/2021/R/rif), per il CdS lede la concorrenza
di Maurizio Sante Minichilli
Categoria: Rifiuti
Dopo il mio precedente articolo sul Metodo Tariffario Arera (cd. MTR-2), ripetutamente censurato dal Tar Lombardia con le sentenze nr. 486/2023, 501/2023 e 557/2023, per aver (l’Autorità) debordato l’alveo delle competenze statuali in tema di classificazione di impianti minimi, torno sull’argomento in ragione di quanto deciso dal Consiglio di Stato con Sentenza nr. 7196 del 24.07.2023, in riforma della decisione Tar Lombardia nr. 682/2022, riguardo la declaratoria di illegittimità degli artt. 2.1 lett.ra a) e 3.1 lett.ra b) delibera ARERA nr. 363/2021/R ed artt. 1.1 (definizione gestore integrato ed impianto trattamento), 2,3, 7.3, 8.6 ed 11 dell’allegato A (MTR-2).
I Giudici di Palazzo Spada sono stati chiamati a pronunciarsi in merito alla fondatezza dei motivi di doglianza sollevati da un operatore nel trattamento intermedio di cernita, selezione, pretrattamento e pulizia di frazioni secche provenienti dalla raccolta differenziata urbana (remunerato attraverso il corrispettivo riconosciuto da COREPLA), il quale lamenta il fatto che, in seno al metodo tariffario MTR-2, sarebbe ricompreso a favore del Gestore Integrato (e solo a questi), un corrispettivo economico aggiuntivo a quello percepito dai sistemi collettivi ERP (in sostanza i consorzi di filiera), costituito dal ristoro dei costi operativi per la valorizzazione delle frazioni differenziati di rifiuti raccolti (tramite l’applicazione di un fattore di sharing sempre positivo a valere sui ricavi ottenuti).
Ciò si verifica allorquando il Gestore Integrato assomma a sé (sia direttamente in caso di multiutilities, sia mediante partecipazioni di controllo societario con terzo impianto CSS – centro selezione e stoccaggio), oltre alle funzioni di raccolta e trasporto rifiuti urbani anche quella di cernita, selezione e conseguente valorizzazione dei flussi monomateriale e multimateriale plastico provenienti dalla frazione secca RSU.
La definizione di Gestore Integrato viene data dall’allegato A delibera ARERA 363/2021/R/rif come:” L’operatore incaricato del servizio integrato di gestione dei rifiuti. L’operatore integrato è identificato come il gestore di uno o più servizi a monte che compongono il ciclo dei rifiuti e che (gestendo anche uno o più dei servizi a valle) sia tenuto a stratificare i propri impianti di chiusura del ciclo secondo la regolazione pro tempore vigente”.
V’è da precisare che, anche se non è formalmente equiparata la gestione integrata (mediante integrazione infra societaria) con quella di gestore integrato, come definito nella delibera impugnata, le due fattispecie (secondo i Giudici di Palazzo Spada) sono sovrapponibili, dal momento che l’unico gestore integrato può essere non solo un singolo soggetto giuridico ma anche un’integrazione verticale di più società appartenenti allo stesso gruppo.
Sulle supposte condotte oligopoliste (da parte di multiutilities) si è pronunciata l’AGCM con decisione del 9.11.2021 non negando la loro sussistenza, ma ritenendole non pregiudizievoli della concorrenza stante – ad oggi – il ristretto numero di gestori verticalmente integrati.
A monte (e causa) della controversia insorta, vi sarebbe (a dire del ricorrente) una sensibile contrazione dei volumi di rifiuti trattati in conseguenza di politiche di utilizzo esclusivo da parte di gestori integrati presso CSS a loro riconducibili (mediante partecipazioni societarie di controllo), con un processo di concentrazione attuato da alcuni grandi gruppi di multiutilities.
Prodromicamente dobbiamo inquadrare il tema nell’ambito della concatenazione delle attività riguardanti la raccolta differenziata urbana, svolta in esclusiva sul territorio comunale da un unico operatore economico (assegnatario per gara oppure società pubblica cd. in house), in seno alla quale vi è, tra l’altro, la raccolta della plastica in forma monomateriale (PE, PET, PE, HDPE, PVC ecc.) oppure in forma multimateriale (contenente altri imballaggi quali vetro, metalli ecc..).
Il gestore del servizio può decidere di destinare tale raccolta a riciclatori privati, percependo un corrispettivo per la frazione valorizzata (soluzione minoritaria), oppure conferire il materiale (mono/multi) alla gestione consortile – disciplinata ai sensi dell’art. 224 D.Lgs. 152/2006 – nelle forme e modalità di cui all’accordo quadro ANCI/CONAI-COREPLA attualmente in vigore per il quinquennio 2020-2024 (soluzione maggioritaria).
In coda a questa prima attività, esiste quella di selezione e separazione per tipologia dei rifiuti da imballaggi in plastica, negli impianti CSS ove avviene detta attività, a volte preceduta, quando non eseguita all’unisono, da un preventivo passaggio presso un centro CC (centro comprensoriale) dove si esegue una prima pulizia, separazione delle diverse frazioni e pressatura degli imballaggi omogenei (plastica o metalli), con scarto delle frazioni non recuperabili (EER 191212 anche detto plasmix da avviare a smaltimento o recupero energetico R1).
Il gestore può scegliere di conferire la frazione secca della RD all’impianto CSS il quale, percepito il corrispettivo per il trattamento, glielo restituisce (in senso figurato) in modalità multimateriale, ceduto al COREPLA ad un prezzo maggiormente remunerativo.
Nel caso in cui sia invece il consorzio a divenire immediatamente proprietario del rifiuto, questi decide il CSS dove conferire il materiale sulla base delle regole previste dall’accordo quadro ANCI (principio di prossimità in automatico, per impianto sito nel raggio 25 km; in difetto mediante asta denominata CIT tra tutti i CSS nel raggio di 500 km.).
Dunque l’argomento sottoposto alla delibazione del CdS concerne il fatto che i costi delle attività di cui sopra (estranee, ex art. 183 TUA, a quelle in concessione remunerate con la tariffa), ove effettuate dal gestore integrato, vengano beneficiate di una seconda remunerazione tramite la componente tariffaria, nella voce di cui all’art. 8.6 MTR-2 (CTRa) che copre la “commercializzazione e valorizzazione delle frazioni differenziate dei rifiuti raccolti”, già oggetto di remunerazione da parte del COREPLA.
In buona sostanza, detta voce ricompresa tra le componenti di cui si compone la formula per la determinazione della tariffa relativa del costo variabile (art. 2.2. all. A delibera 363/2021), attribuisce al gestore integrato, in virtù del cd. “fattore di sharing”, una parte dei corrispettivi ERP (contributi COREPLA) invece di detrarli per intero dai costi.
Secondo quanto contenuto nella succitata delibera ARERA, il fattore di sharing è un riconoscimento economico contenuto nella componente di costo variabile ricompresa nell’entrata tariffaria, già introdotto nel precedente sistema tariffario (MTR-1), ma con delle nuove specifiche occorrenti all’Ente territorialmente competente per determinare il valore. Come recita l’art. 3.1:”la previsione di un fattore di sharing in grado di tener conto dell’effettiva qualità e quantità dell’out-put recuperato, valorizzato, dall’Ente territorialmente competente, in modo da favorire gli incentivi alla crescita dei ricavi dalla vendita di materiali e/o energia, modulabile, con riferimento ai sistemi di compliance, in funzione del livello di qualità ambientale delle prestazioni”.
In buona sostanza tale componente ripartisce tra il gestore e l’utente (attraverso un maggiore e minore decremento della tariffa) i proventi derivanti dalla vendita di materiale ed energia derivante dai rifiuti e dai corrispettivi riconosciuti dai sistemi collettivi di compliance (consorzi imballaggi).
Sulla bontà di tale criterio non dovrebbero esserci esitazioni, visto il suo obiettivo di massimizzare la valorizzazione dei rifiuti raccolti in modo differenziato, individuando quei coefficienti standard di qualità del servizio (percentuale raccolta differenziata e copertura del territorio, differenziazione monomateriale ecc..) i cui benefici (in ragione del valore del rifiuto così ottenuto), sono da ripartire tra gestore ed utente, con una riduzione tariffaria per sottrazione di detti ricavi dalla voce di costo variabile, indicati nella formula con ba (ARa ) − ba (1 + ωa )ARsc,a dove:
ba è il fattore di sharing dei proventi, il cui valore è determinato dall’Ente territorialmente competente – nell’ambito dell’intervallo (0.3,0.6), in ragione del potenziale contributo dell’output recuperato al raggiungimento dei target europei
ARa è la somma dei proventi dalla vendita di materiale ed energia derivante da rifiuti; in tale voce sono ricomprese le componenti di ricavi diversi da quelle relative al servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani effettuato nell’ambito di affidamento e riconducibili ad altri servizi effettuati, avvalendosi di asset e risorse del ciclo integrato, mentre tale voce non ricomprende i ricavi derivanti dai corrispettivi riconosciuti dai sistemi collettivi di compliance agli obblighi di responsabilità estesa del produttore a coperture degli oneri per la raccolta dei rifiuti di pertinenza;
ba (1 + ωa ) è il fattore di sharing dei proventi derivanti dai corrispettivi riconosciuti dai predetti sistemi collettivi di compliance, dove ω𝑎 è determinato dall’Ente territorialmente competente secondo quanto al successivo art. 3 (rispetto degli obbiettivi di RD, efficienza del servizio, efficacia della valorizzazione, ecc…);
ARsc,a è la somma dei ricavi derivanti dai corrispettivi riconosciuti dai sistemi collettivi di compliance agli obblighi di responsabilità estesa del produttore (ERP) a copertura degli oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di pertinenza.
Ciò nonostante, per il Consiglio di Stato, complice anche le conferme difensive dell’ARERA, non viene smentita la circostanza che il gestore (oltre a vedersi coperti i costi in tariffa tra cui quelli di cui voce alla CTRa dell’art. 2.2. all. A delibera) consegua “in aggiunta” il medesimo corrispettivo dei soggetti che conferiscono le frazioni differenziate ai sistemi collettivi di compliance, con un’incontestabile beneficio (rispetto agli stessi operatori CSS che operano sul mercato e non integrati con il gestore), venendosi a determinare un effetto distorsivo della concorrenza, non giustificato dalle finalità della MTR-2, in mancanza anche di meccanismi sufficienti e proporzionati a compensare tale sperequazione nella competizione di mercato.
Da qui la pronuncia decadenziale del Consiglio di Stato sul metodo tariffario (MTR-2) introdotto dalla delibera AREA 363/2021/R/rif, con riguardo agli artt. 2.1 lett.ra a) e 3.1 lett.ra b) e, quanto all’allegato A, degli artt. 1.1, 2, 3, 7.3, 8.6 ed 11.
Passaggio interessante da sottolineare riguarda i limiti di sindacabilità sulle determinazioni delle Autorità Indipendenti da parte del Giudice Amministrativo, sopratutto alla luce della teoria (già richiamata nel mio precedente scritto) dei poteri impliciti, invocati da ARERA per giustificare ambiti regolatori con valenza tecnica, in assenza di una carenza esegetica o staticità della norma, rispetto ad un quadro di mercato accellerato ed in continua evoluzione.
I Giudici di Palazzo Spada precisano che il perimetro, entro cui opera il sindacato di giurisdizionalità, non può invadere a quello del potere esercitato (nel caso di specie di stabilire il regime tariffario applicabile per la remunerazione del costo omnicomprensivo di gestione dei rifiuti), basato su competenze e conoscenze specialistiche, ma deve accertare se l’operato complessivo, nell’esercizio del potere regolatorio, sia da ritenere corretto, di modo che il sindacato di legittimità si esprima sui soli casi risultanti abnormi, ovvero manifestamente illogici.
La stessa II sez. del CdS (Sent. n. 736 del 23.01.2023) ha ribadito come, in presenza di regolamentazione economica, il controllo giurisdizionale “non sostitutivo” trovi la sua ispirazione nella scelta del legislatore, il quale non potendo normare tutte le interazioni tra soggetti interessati e graduare il valore e la preminenza dei vari interessi in conflitto, li demanda al confronto dialettico giurisdizionale, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato.
Nel caso di specie il sindacato giurisdizionale, anche tramite la piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo seguito dall’Autorità, ha confermato la violazione del principio di ragionevolezza tecnica, impiegando una metodologia tariffaria illogica, irragionevole ed idonea a determinare distorsioni nella concorrenza, nell’ambito di un medesimo segmento di mercato in cui alcuni soggetti (riconducibili, direttamente o indirettamente, al gestore integrato), duplicano i costi del servizio fruendo di un rimborso tariffario senza lo scomputo della corrispondente voce di ricavi dai sistemi di compliance, a detrimento di altri soggetti imprenditoriali i quali operano privatisticamente nel mercato del riciclo e recupero della RD della plastica, percependo unicamente dai sistemi collettivi (nel ns. caso COREPLA) il corrispettivo per la loro attività.
Tempestivamente ARERA, con delibera 389/2023/R/rif del 3.08.2023 ha aggiornato, per il biennio 2024-2025 il metodo tariffario rifiuti (MTR-2), conformandolo alla sentenza CdS n. 7196/2023 secondo quanto all’art. 2.3:
al comma 2.2. e del MTR-2 dopo le parole “ARa …. “ sono aggiunte le seguenti:”al netto dei proventi afferenti o comunque attribuibili alle attività di prepulizia, preselezione o pretrattamento degli imballaggi plastici provenienti dalla raccolta differenziata” ivi incluse quelle di commercializzazione e valorizzazione delle frazioni differenziate dei rifiuti raccolti”;
al comma 2.2. del MTR-2 dopo le parole “𝐴𝑅sc,a ….” sono aggiunte le seguenti:”tali ricavi non comprendono quelli afferenti o comunque attribuibili alle attività di “prepulizia, preselezione o pretrattamento degli imballaggi plastici provenienti dalla raccolta differenziata, ivi incluse quelle di commercializzazione e valorizzazione delle frazioni differenziate dei rifiuti raccolti”.
Tutto risolto dunque ? Forse. Una fulminea correzione di rotta da parte di ARERA per conformarsi alle statuizioni del Consiglio di Stato, anche al fine di consentire agli Enti territoriali di approntare nei prossimi bilanci di previsione per il biennio 2024-2025) una tariffa conforme al dettato dell’Autorità e scevra dai rilievi caducanti della Giustizia Amministrativa.
Rilevo che il metodo tariffario (MTR-2), adottato sulla base di un principio eticamente corretto – ovvero quello di far pagare all’utente solo ed unicamente un corrispettivo per il servizio di igiene urbana – ed integrato con un valido meccanismo di price-cap (superando quello precedente del cost of service) nel quale vi siano effetti premiali, sulla base della valorizzazione dei rifiuti raccolti, utilmente ripartiti tra l’utente ed il gestore (cd. fattore di sharing) necessiti di una bisognevole (e non agevole) esegesi interpretativa resa ancor più gravosa per gli Enti territoriali (specie comuni ed ambiti territoriali minori) sprovvisti delle necessarie competenze e professionalità. Il tutto gravato dalla non agevole comprensione delle implicazioni economiche riguardo l’applicazione dell’accordo ANCI/CONAI/COREPLA (valido fino al 2024), allorquando si tratta di movimentare ed avviare a recupero le varie frazioni della RD.
Del resto, in sede di istruttoria lo stesso CdS si è avvalso dei suoi poteri istruttori per richiedere (ordinanza n. 9024 del 24.10.2022) alla Direzione generale MISE/MASE una verificazione su “come si componga la tariffa a cancello che costituisce la novità del MTR-2…. ” dalle cui conclusioni emerge come “non sia possibile affermare con certezza a priori la valutazione dell’incentivo in termini di efficienza”.
Nell’ottica di una virtuosa evoluzione di un sistema tariffario (maggiormente intellegibile anche per i non iniziati), sarebbe utile che, in sede di prossimo rinnovo della convenzione ANCI/CONAI venga previsto, a cura dei sistemi collettivi (avendone gli strumenti) la rendicontazione delle aste di acquisto/vendita dei rifiuti provenienti dalla RD multimateriale o monomateriale, anche per dati aggregati (ma riconducibili a ciascun Ente Territoriale), al fine di supportare ciascun Comune nella determinazione della tariffa, con la corretta (e consapevole) ripartizione dei benefici dalla valorizzazione dei rifiuti anche a favore dell’utente, portandoli in detrazione come stabilito dal metodo tariffario (MTR-2) ARERA.
Per il resto, le reiterate pronunce giurisprudenziali, costituiscono il portato di un’attività regolatoria da parte di ARERA, quantomeno per il settore dei rifiuti, non immune da profili di illegittimità, che rendono il quadro normativo (già impertroficamente complesso) ancor più caotico, per tutti gli stakeholders dai quali dette decisioni dipendono.
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MTR-2 ARERA (delibera 363/2021/R/rif), per il CdS lede la concorrenza
di Maurizio Sante Minichilli
Dopo il mio precedente articolo sul Metodo Tariffario Arera (cd. MTR-2), ripetutamente censurato dal Tar Lombardia con le sentenze nr. 486/2023, 501/2023 e 557/2023, per aver (l’Autorità) debordato l’alveo delle competenze statuali in tema di classificazione di impianti minimi, torno sull’argomento in ragione di quanto deciso dal Consiglio di Stato con Sentenza nr. 7196 del 24.07.2023, in riforma della decisione Tar Lombardia nr. 682/2022, riguardo la declaratoria di illegittimità degli artt. 2.1 lett.ra a) e 3.1 lett.ra b) delibera ARERA nr. 363/2021/R ed artt. 1.1 (definizione gestore integrato ed impianto trattamento), 2,3, 7.3, 8.6 ed 11 dell’allegato A (MTR-2).
I Giudici di Palazzo Spada sono stati chiamati a pronunciarsi in merito alla fondatezza dei motivi di doglianza sollevati da un operatore nel trattamento intermedio di cernita, selezione, pretrattamento e pulizia di frazioni secche provenienti dalla raccolta differenziata urbana (remunerato attraverso il corrispettivo riconosciuto da COREPLA), il quale lamenta il fatto che, in seno al metodo tariffario MTR-2, sarebbe ricompreso a favore del Gestore Integrato (e solo a questi), un corrispettivo economico aggiuntivo a quello percepito dai sistemi collettivi ERP (in sostanza i consorzi di filiera), costituito dal ristoro dei costi operativi per la valorizzazione delle frazioni differenziati di rifiuti raccolti (tramite l’applicazione di un fattore di sharing sempre positivo a valere sui ricavi ottenuti).
Ciò si verifica allorquando il Gestore Integrato assomma a sé (sia direttamente in caso di multiutilities, sia mediante partecipazioni di controllo societario con terzo impianto CSS – centro selezione e stoccaggio), oltre alle funzioni di raccolta e trasporto rifiuti urbani anche quella di cernita, selezione e conseguente valorizzazione dei flussi monomateriale e multimateriale plastico provenienti dalla frazione secca RSU.
La definizione di Gestore Integrato viene data dall’allegato A delibera ARERA 363/2021/R/rif come:” L’operatore incaricato del servizio integrato di gestione dei rifiuti. L’operatore integrato è identificato come il gestore di uno o più servizi a monte che compongono il ciclo dei rifiuti e che (gestendo anche uno o più dei servizi a valle) sia tenuto a stratificare i propri impianti di chiusura del ciclo secondo la regolazione pro tempore vigente”.
V’è da precisare che, anche se non è formalmente equiparata la gestione integrata (mediante integrazione infra societaria) con quella di gestore integrato, come definito nella delibera impugnata, le due fattispecie (secondo i Giudici di Palazzo Spada) sono sovrapponibili, dal momento che l’unico gestore integrato può essere non solo un singolo soggetto giuridico ma anche un’integrazione verticale di più società appartenenti allo stesso gruppo.
Sulle supposte condotte oligopoliste (da parte di multiutilities) si è pronunciata l’AGCM con decisione del 9.11.2021 non negando la loro sussistenza, ma ritenendole non pregiudizievoli della concorrenza stante – ad oggi – il ristretto numero di gestori verticalmente integrati.
A monte (e causa) della controversia insorta, vi sarebbe (a dire del ricorrente) una sensibile contrazione dei volumi di rifiuti trattati in conseguenza di politiche di utilizzo esclusivo da parte di gestori integrati presso CSS a loro riconducibili (mediante partecipazioni societarie di controllo), con un processo di concentrazione attuato da alcuni grandi gruppi di multiutilities.
Prodromicamente dobbiamo inquadrare il tema nell’ambito della concatenazione delle attività riguardanti la raccolta differenziata urbana, svolta in esclusiva sul territorio comunale da un unico operatore economico (assegnatario per gara oppure società pubblica cd. in house), in seno alla quale vi è, tra l’altro, la raccolta della plastica in forma monomateriale (PE, PET, PE, HDPE, PVC ecc.) oppure in forma multimateriale (contenente altri imballaggi quali vetro, metalli ecc..).
Il gestore del servizio può decidere di destinare tale raccolta a riciclatori privati, percependo un corrispettivo per la frazione valorizzata (soluzione minoritaria), oppure conferire il materiale (mono/multi) alla gestione consortile – disciplinata ai sensi dell’art. 224 D.Lgs. 152/2006 – nelle forme e modalità di cui all’accordo quadro ANCI/CONAI-COREPLA attualmente in vigore per il quinquennio 2020-2024 (soluzione maggioritaria).
In coda a questa prima attività, esiste quella di selezione e separazione per tipologia dei rifiuti da imballaggi in plastica, negli impianti CSS ove avviene detta attività, a volte preceduta, quando non eseguita all’unisono, da un preventivo passaggio presso un centro CC (centro comprensoriale) dove si esegue una prima pulizia, separazione delle diverse frazioni e pressatura degli imballaggi omogenei (plastica o metalli), con scarto delle frazioni non recuperabili (EER 191212 anche detto plasmix da avviare a smaltimento o recupero energetico R1).
Il gestore può scegliere di conferire la frazione secca della RD all’impianto CSS il quale, percepito il corrispettivo per il trattamento, glielo restituisce (in senso figurato) in modalità multimateriale, ceduto al COREPLA ad un prezzo maggiormente remunerativo.
Nel caso in cui sia invece il consorzio a divenire immediatamente proprietario del rifiuto, questi decide il CSS dove conferire il materiale sulla base delle regole previste dall’accordo quadro ANCI (principio di prossimità in automatico, per impianto sito nel raggio 25 km; in difetto mediante asta denominata CIT tra tutti i CSS nel raggio di 500 km.).
Dunque l’argomento sottoposto alla delibazione del CdS concerne il fatto che i costi delle attività di cui sopra (estranee, ex art. 183 TUA, a quelle in concessione remunerate con la tariffa), ove effettuate dal gestore integrato, vengano beneficiate di una seconda remunerazione tramite la componente tariffaria, nella voce di cui all’art. 8.6 MTR-2 (CTRa) che copre la “commercializzazione e valorizzazione delle frazioni differenziate dei rifiuti raccolti”, già oggetto di remunerazione da parte del COREPLA.
In buona sostanza, detta voce ricompresa tra le componenti di cui si compone la formula per la determinazione della tariffa relativa del costo variabile (art. 2.2. all. A delibera 363/2021), attribuisce al gestore integrato, in virtù del cd. “fattore di sharing”, una parte dei corrispettivi ERP (contributi COREPLA) invece di detrarli per intero dai costi.
Secondo quanto contenuto nella succitata delibera ARERA, il fattore di sharing è un riconoscimento economico contenuto nella componente di costo variabile ricompresa nell’entrata tariffaria, già introdotto nel precedente sistema tariffario (MTR-1), ma con delle nuove specifiche occorrenti all’Ente territorialmente competente per determinare il valore. Come recita l’art. 3.1:”la previsione di un fattore di sharing in grado di tener conto dell’effettiva qualità e quantità dell’out-put recuperato, valorizzato, dall’Ente territorialmente competente, in modo da favorire gli incentivi alla crescita dei ricavi dalla vendita di materiali e/o energia, modulabile, con riferimento ai sistemi di compliance, in funzione del livello di qualità ambientale delle prestazioni”.
In buona sostanza tale componente ripartisce tra il gestore e l’utente (attraverso un maggiore e minore decremento della tariffa) i proventi derivanti dalla vendita di materiale ed energia derivante dai rifiuti e dai corrispettivi riconosciuti dai sistemi collettivi di compliance (consorzi imballaggi).
Sulla bontà di tale criterio non dovrebbero esserci esitazioni, visto il suo obiettivo di massimizzare la valorizzazione dei rifiuti raccolti in modo differenziato, individuando quei coefficienti standard di qualità del servizio (percentuale raccolta differenziata e copertura del territorio, differenziazione monomateriale ecc..) i cui benefici (in ragione del valore del rifiuto così ottenuto), sono da ripartire tra gestore ed utente, con una riduzione tariffaria per sottrazione di detti ricavi dalla voce di costo variabile, indicati nella formula con ba (ARa ) − ba (1 + ωa )ARsc,a dove:
Ciò nonostante, per il Consiglio di Stato, complice anche le conferme difensive dell’ARERA, non viene smentita la circostanza che il gestore (oltre a vedersi coperti i costi in tariffa tra cui quelli di cui voce alla CTRa dell’art. 2.2. all. A delibera) consegua “in aggiunta” il medesimo corrispettivo dei soggetti che conferiscono le frazioni differenziate ai sistemi collettivi di compliance, con un’incontestabile beneficio (rispetto agli stessi operatori CSS che operano sul mercato e non integrati con il gestore), venendosi a determinare un effetto distorsivo della concorrenza, non giustificato dalle finalità della MTR-2, in mancanza anche di meccanismi sufficienti e proporzionati a compensare tale sperequazione nella competizione di mercato.
Da qui la pronuncia decadenziale del Consiglio di Stato sul metodo tariffario (MTR-2) introdotto dalla delibera AREA 363/2021/R/rif, con riguardo agli artt. 2.1 lett.ra a) e 3.1 lett.ra b) e, quanto all’allegato A, degli artt. 1.1, 2, 3, 7.3, 8.6 ed 11.
Passaggio interessante da sottolineare riguarda i limiti di sindacabilità sulle determinazioni delle Autorità Indipendenti da parte del Giudice Amministrativo, sopratutto alla luce della teoria (già richiamata nel mio precedente scritto) dei poteri impliciti, invocati da ARERA per giustificare ambiti regolatori con valenza tecnica, in assenza di una carenza esegetica o staticità della norma, rispetto ad un quadro di mercato accellerato ed in continua evoluzione.
I Giudici di Palazzo Spada precisano che il perimetro, entro cui opera il sindacato di giurisdizionalità, non può invadere a quello del potere esercitato (nel caso di specie di stabilire il regime tariffario applicabile per la remunerazione del costo omnicomprensivo di gestione dei rifiuti), basato su competenze e conoscenze specialistiche, ma deve accertare se l’operato complessivo, nell’esercizio del potere regolatorio, sia da ritenere corretto, di modo che il sindacato di legittimità si esprima sui soli casi risultanti abnormi, ovvero manifestamente illogici.
La stessa II sez. del CdS (Sent. n. 736 del 23.01.2023) ha ribadito come, in presenza di regolamentazione economica, il controllo giurisdizionale “non sostitutivo” trovi la sua ispirazione nella scelta del legislatore, il quale non potendo normare tutte le interazioni tra soggetti interessati e graduare il valore e la preminenza dei vari interessi in conflitto, li demanda al confronto dialettico giurisdizionale, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato.
Nel caso di specie il sindacato giurisdizionale, anche tramite la piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo seguito dall’Autorità, ha confermato la violazione del principio di ragionevolezza tecnica, impiegando una metodologia tariffaria illogica, irragionevole ed idonea a determinare distorsioni nella concorrenza, nell’ambito di un medesimo segmento di mercato in cui alcuni soggetti (riconducibili, direttamente o indirettamente, al gestore integrato), duplicano i costi del servizio fruendo di un rimborso tariffario senza lo scomputo della corrispondente voce di ricavi dai sistemi di compliance, a detrimento di altri soggetti imprenditoriali i quali operano privatisticamente nel mercato del riciclo e recupero della RD della plastica, percependo unicamente dai sistemi collettivi (nel ns. caso COREPLA) il corrispettivo per la loro attività.
Tempestivamente ARERA, con delibera 389/2023/R/rif del 3.08.2023 ha aggiornato, per il biennio 2024-2025 il metodo tariffario rifiuti (MTR-2), conformandolo alla sentenza CdS n. 7196/2023 secondo quanto all’art. 2.3:
Tutto risolto dunque ? Forse. Una fulminea correzione di rotta da parte di ARERA per conformarsi alle statuizioni del Consiglio di Stato, anche al fine di consentire agli Enti territoriali di approntare nei prossimi bilanci di previsione per il biennio 2024-2025) una tariffa conforme al dettato dell’Autorità e scevra dai rilievi caducanti della Giustizia Amministrativa.
Rilevo che il metodo tariffario (MTR-2), adottato sulla base di un principio eticamente corretto – ovvero quello di far pagare all’utente solo ed unicamente un corrispettivo per il servizio di igiene urbana – ed integrato con un valido meccanismo di price-cap (superando quello precedente del cost of service) nel quale vi siano effetti premiali, sulla base della valorizzazione dei rifiuti raccolti, utilmente ripartiti tra l’utente ed il gestore (cd. fattore di sharing) necessiti di una bisognevole (e non agevole) esegesi interpretativa resa ancor più gravosa per gli Enti territoriali (specie comuni ed ambiti territoriali minori) sprovvisti delle necessarie competenze e professionalità. Il tutto gravato dalla non agevole comprensione delle implicazioni economiche riguardo l’applicazione dell’accordo ANCI/CONAI/COREPLA (valido fino al 2024), allorquando si tratta di movimentare ed avviare a recupero le varie frazioni della RD.
Del resto, in sede di istruttoria lo stesso CdS si è avvalso dei suoi poteri istruttori per richiedere (ordinanza n. 9024 del 24.10.2022) alla Direzione generale MISE/MASE una verificazione su “come si componga la tariffa a cancello che costituisce la novità del MTR-2…. ” dalle cui conclusioni emerge come “non sia possibile affermare con certezza a priori la valutazione dell’incentivo in termini di efficienza”.
Nell’ottica di una virtuosa evoluzione di un sistema tariffario (maggiormente intellegibile anche per i non iniziati), sarebbe utile che, in sede di prossimo rinnovo della convenzione ANCI/CONAI venga previsto, a cura dei sistemi collettivi (avendone gli strumenti) la rendicontazione delle aste di acquisto/vendita dei rifiuti provenienti dalla RD multimateriale o monomateriale, anche per dati aggregati (ma riconducibili a ciascun Ente Territoriale), al fine di supportare ciascun Comune nella determinazione della tariffa, con la corretta (e consapevole) ripartizione dei benefici dalla valorizzazione dei rifiuti anche a favore dell’utente, portandoli in detrazione come stabilito dal metodo tariffario (MTR-2) ARERA.
Per il resto, le reiterate pronunce giurisprudenziali, costituiscono il portato di un’attività regolatoria da parte di ARERA, quantomeno per il settore dei rifiuti, non immune da profili di illegittimità, che rendono il quadro normativo (già impertroficamente complesso) ancor più caotico, per tutti gli stakeholders dai quali dette decisioni dipendono.
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