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Stefano Maglia

Sottoprodotti e simbiosi industriale

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

* Estratto da S. MAGLIA, “Sottoprodotti e Circular Economy. Guida alla corretta gestione dei residui di produzione”, Edizioni TuttoAmbiente, 2022

 

Sulla base delle condizioni previste al comma 1, il c. 2 dell’art. 184-bis precisa che “possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente […]”.

A ben guardare, l’art. 1, c. 11 del D.L.vo 3 settembre 2020, n. 116 ha aggiunto, a prosecuzione della suddetta previsione, che tali misure dovranno garantire “un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana agevolando, altresì, l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale” .

Tale modifica replica coerentemente l’intervento avvenuto all’art. 5 della Dir. 2008/98/CE, come modificato dall’art. 1, parag. 5), della Dir. (UE) 2018/851.

Ciò significa che le eventuali misure da stabilire affinché un materiale possa considerarsi un sottoprodotto dovranno garantire l’utilizzo accorto delle risorse naturali tramite l’incentivazione delle pratiche di simbiosi industriali.

A tal proposito, si segnala anche la “Strategia nazionale per l’economia circolare – Linee programmatiche per l’aggiornamento” (PNRR), il cui parag. 6.2.6 riporta:

“La simbiosi industriale può essere definita come un sistema integrato per condividere risorse (materiali, acqua, sottoprodotti, scarti, servizi, competenze, strumenti, database, ecc.) secondo un approccio di tipo cooperativo in cui l’output di un’azienda può essere utilizzato come input da un’azienda terza nell’ambito del suo processo di produzione (Chertow 2000, Lombardi e Laybourn 2012). Rappresenta una strategia di ottimizzazione dell’uso delle risorse, che coinvolge le industrie di un territorio, al fine di generare vantaggi competitivi per le imprese attraverso il trasferimento di risorse, quali materia, energia, acqua, spazi, logistica, competenze, ecc.

L’applicazione dei principi della simbiosi industriale alle pratiche commerciali consente alle aziende di utilizzare in modo più efficace flussi di materiali, energia, acqua e altre attività, conseguendo una maggiore produttività complessiva. Attraverso la simbiosi industriale, rifiuti e altre risorse inutilizzate generate dai processi industriali vengono recuperati per essere utilizzati da un’altra azienda, in genere operante in un settore produttivo diverso, generando un reciproco beneficio o simbiosi. L’approccio può condurre all’ottimizzazione dei processi industriali, anche attraverso la creazione di “distretti industriali”, al miglioramento della logistica e a favorire il trasferimento di conoscenze, aumentando conseguentemente la produttività di tutte le risorse disponibili e generando vantaggi economici e ambientali, incrementando competitività ed eco-innovazione.

La simbiosi industriale è una strategia di tipo sistemico che ha l’obiettivo di coinvolgere industrie e attori tradizionalmente separati in un processo di interazione e collaborazione finalizzato all’ottenimento di vantaggi competitivi derivanti dalla condivisione/trasferimento di risorse (sottoprodotti o scarti di produzione, cascami energetici ed idrici, servizi, capacità) tra due o più industrie dissimili.

La simbiosi industriale risulta essere, quindi, una strategia per la chiusura dei cicli delle risorse e l´ottimizzazione del loro uso attraverso la collaborazione tra le diverse imprese/attori basata sulle possibilità sinergiche offerte dalla loro prossimità geografica ed economica.
 
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Tipicamente, nel linguaggio economico-gestionale, la simbiosi industriale rappresenta una strategia di ottimizzazione che coinvolge più imprese, basato sullo scambio continuo di risorse, quali, energia, spazi, competenze, comprese le materie prime.

Attraverso la simbiosi industriale, i sottoprodotti, generati da diversi processi produttivi, vengono recuperati per essere utilizzati da un’altra azienda, in genere operante in un settore produttivo diverso, generando un reciproco beneficio. Tale sistema genera, infatti, sia vantaggi ambientali che economici, dalla riduzione dei costi per materie prime, energia e smaltimento rifiuti alla creazione di nuovi business e opportunità di mercato.

Del resto, già in numerose pronunce della Corte di Cassazione si è affermato che l’esistenza di rapporti contrattuali tra il produttore del sottoprodotto ed eventuali intermediari ed utilizzatori rilevano in termini di prova sulla certezza dell’utilizzo.

La medesima giurisprudenza ha sostenuto che il valore probatorio di tali contratti aumenta qualora siano indicate anche le condizioni di vantaggiosità della cessione del sottoprodotto oltre che le caratteristiche tecniche dei prodotti.

Tale dimostrazione specifica richiede anche l’osservanza dell’art. 6 del D.M. 264/2016 – recante i criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti – per quanto attiene alla “normale pratica industriale” cui fa riferimento l’art. 184-bis lett. c) del D.L.vo 152/06, che contempla specifiche verifiche sui requisiti dei prodotti e sull’impatto ambientale derivante dai processi di trasformazione.

Pertanto, qualora si fosse in presenza – per esempio – di contratti pluriennali che provino e giustifichino l’utilizzo di sottoprodotti nell’ambito del concetto di simbiosi industriale, la prova della “normale pratica industriale” sarebbe certamente molto più semplice.

 

Piacenza, 2 febbraio 2023

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