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Stefano Maglia

Sottoprodotto: ancora sul concetto di “normale pratica industriale”

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

In un mio articolo[1] di un anno fa mi chiedevo “come si fa in una medesima pronuncia … affermare in un punto che la normale pratica industriale non può comportare «trasformazioni radicali … che ne stravolgano l’originaria natura» e poche righe sotto affermare che si devono escludere da tale concetto solo «gli interventi manipolativi del residuo diversi da quelli ordinariamente effettuati»?”, in quanto è incomprensibile che quelli “ordinariamente” necessari nella “normale” pratica industriale non possano consistere anche in “trasformazioni radicali”. E chiudevo l’articolo auspicando un futuro intervento, maggiormente coerente, della Suprema Corte di Cassazione che, in effetti, si è – almeno parzialmente – avuto con la recente pronuncia Cass. III Pen., n. 20886 del 15 maggio 2013.
A distanza di due anni e mezzo dalla riforma operata dal D.L.vo 205/2010 sulla Parte IV – rifiuti del TUA, con particolare riguardo alla distinzione tra “trattamento” e “normale pratica industriale”, interviene questa nuova sentenza in merito al concetto di sottoprodotto. Inoltre, nonostante numerose prese di posizione della dottrina[2] che insistono nello scindere questi due concetti – che, effettivamente, non c’entrano nulla l’uno con l’altro -, gli effetti “nefasti” dell’originaria sentenza Cass. II Pen. n. 17453 del 10 maggio 2012 si sono trascinati fino ad oggi: rimane, infatti, l’impostazione di fondo che prosegue nel dare una visione talmente restrittiva a quanto disciplinato dall’art. 184-bis, c. 1, lett. c) a tal punto da limitare la normale pratica industriale ai soli interventi minimali che potrebbero essere effettuati sullo scarto.
Fa, peraltro, ben sperare il fatto che, in chiusura della sentenza di Cass. Pen. 20886/2013, viene riportata quella parte di motivazione della citata Cass. Pen. 17453/2012, l’unica alla quale si aderisce perché considera “conforme alla pratica industriale quella serie di operazioni che l’impresa normalmente effettua sulla materia prima che il sottoprodotto va a sostituire, escludendosi di conseguenza, tutti quegli interventi manipolativi del residuo che siano diversi da quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale esso viene utilizzato”. Detti interventi possono anche essere ampi, estremamente articolati e complessi: l’importante è che siano quelli necessari e sufficienti per generare l’altro sottoprodotto alla luce della normale pratica industriale.
E, come giustamente sostiene Luca Prati, “nei casi dubbi dovrebbe ritenersi rientrare nella normale pratica industriale ogni operazione effettuata sulla sostanza o sull’oggetto preventivamente al suo utilizzo che, nel settore industriale di riferimento, viene condotta anche su materie prime, intermedi o prodotti, senza che derivi un maggior rischio in termini di impatto ambientale per il fatto che venga impiegato un sottoprodotto[3].
Insomma, è opportuno sempre ricordare la prima delle priorità nella corretta gestione dei rifiuti (Dir. 98/08/CE): riutilizzare e produrre di meno. Non dimentichiamolo.

 

 


[1] S. MAGLIA, Normale pratica industriale: la contraddittoria e “pericolosa” interpretazione della Cassazione (nota a Cass. n. 17453/2012), in Ambiente & Sviluppo, n. 7/2012

[2] Si vedano:

– S. MAGLIA, Normale pratica industriale: la contraddittoria e “pericolosa” interpretazione della Cassazione (nota a Cass. n. 17453/2012), op. cit.;

– A. MURATORI, Sottoprodotti: la Suprema Corte in difesa del sistema Tolemaico? (nota a Cass. n. 17453/2012), in Ambiente & Sviluppo, n. 7/2012;

– L. PRATI, Rifiuti, sottoprodotto e normale pratica industriale: necessità di una interpretazione che tenga conto della finalità della norma, in http://www.lexambiente.it;

– P. GIAMPIETRO, I trattamenti del sottoprodotto e la normale pratica industriale, in http://www.tuttoambiente.it

[3] L. PRATI, Rifiuti, sottoprodotto e normale pratica industriale: necessità di una interpretazione che tenga conto della finalità della norma, op. cit.

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