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Spedizione dei rifiuti, geopolitica e avvio a riciclo: una modalità per ricostruire la filiera

di Massimo Medugno

Categoria: Rifiuti

1. Una recente sentenza TAR Liguria Sez. II n. 177 del 3 marzo 2022 offre l’occasione di tornare sul tema della spedizione di rifiuti compositi.

Il caso riguarda un carico di rifiuti provenienti dalla macinazione meccanica di apparecchiature elettriche ed elettroniche (“RAEE”) e destinati ad un impianto di riciclaggio industriale ubicato in Giappone per l’estrazione delle frazioni metalliche ivi contenute.

In origine, tale carico era stato presentato in dogana con il codice di classificazione B1010 (“Rifiuti di metalli e loro leghe sotto forma metallica, non dispersibile”), successivamente rettificato con l’attribuzione del codice B1110 (“Rottami elettronici e componenti elettronici recuperati che possono essere utilizzati per il recupero di metalli comuni e preziosi”).

Ad avviso dell’Amministrazione, nessuno dei due codici sarebbe stato corretto, trattandosi di una mescolanza di rifiuti per la quale la normativa UE non prevede una voce specifica, come tale ammissibile all’esportazione solo all’esito di apposita procedura autorizzativa e non secondo le modalità semplificate utilizzate nella fattispecie.

Per il caso di esame assume una particolare rilevanza la sentenza n. 259 del 21 giugno 2007 della Corte di giustizia che ha stabilito i seguenti principi in tema di “rifiuti compositi”: “Il fatto che un rifiuto sia composto da due elementi che, quando sono considerati separatamente, possono costituire rifiuti compresi nella lista verde dei rifiuti, non può comportare automaticamente che tale rifiuto composito rientri nell’ambito di detta lista. Infatti, le condizioni nelle quali può svolgersi il trattamento dei rifiuti e i rischi ambientali eventuali collegati alla manipolazione di questi non sono necessariamente identici a seconda che il rifiuto considerato consista in un insieme composito costituito da più elementi o che ciascuno dei detti elementi costituisca un rifiuto distinto”.

Si tratta di accertare, pertanto, se la “lista verde” dei rifiuti preveda una voce corrispondente alla mescolanza di cavi elettrici, plastica e materiali metallici che la ricorrente intendeva spedire all’estero tramite la procedura semplificata della Lista Verde.

Con la stessa sentenza n. 259/2007, tuttavia, la Corte di giustizia ha precisato che la voce GC020 della lista verde di rifiuti figurante nell’allegato II del regolamento n. 259/1993 deve essere interpretata nel senso che essa comprende fili di cablaggio a condizione che questi provengano da equipaggiamenti elettronici, poiché la stessa lista verde specifica che i rifiuti provenienti da assemblaggi elettrici appartengono alla voce GC010 soltanto se “costituiti unicamente da metalli o leghe”.

Il TAR Liguria aderisce alla sentenza n. 259 citata, poiché il carico di rifiuti da spedire all’estero comprendeva parti di cavi elettrici non riconducibili né alla voce GC010 (stante la presenza di componenti in plastica) né alla voce GC020 (in quanto provenienti da assemblaggi elettrici). E’ corretta, pertanto, la decisione che esclude la sussistenza dei presupposti per l’esportazione dei rifiuti in questione tramite procedura semplificata.

 

 

2. La disciplina delle spedizioni dei rifiuti sono un tema importante nella quale convivono diverse ratio: quella della tutela ambientale, ma anche la necessità di individuare dei perimetri omogenei sotto un profilo geopolitico.

Ad esempio, la Decisione UE 2020/1829 adottata dal Consiglio del 24 novembre 2020 (GUCE n. 409 L del 4 dicembre scorso) relativa alla presentazione, a nome dell’Unione europea, di proposte di modifica della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento ha anche l’obiettivo di sostenere una gestione ecologicamente corretta dei rifiuti a livello mondiale contribuendo alla transizione verso una economia circolare mondiale. La condizione espressa al punto 1, lettera b), dell’allegato III A del regolamento n. 1013/2006 rinvia anch’essa all’esigenza di “recupero in modo ecologicamente corretto”. Sebbene tale nozione non sia espressamente definita in tale regolamento, occorre tuttavia rilevare che, al pari della definizione della nozione di “gestione ecologicamente corretta” di cui all’articolo 2, punto 8, di detto regolamento, il recupero in modo ecologicamente corretto dei rifiuti si riferisce a qualsiasi misura pratica che consenta di assicurare che i rifiuti siano recuperati in un modo che garantisca la protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi che tali rifiuti possono avere. A tale riguardo, è giocoforza constatare che il regolamento n. 1013/2006 non contiene alcun altro criterio che consenta di precisare ulteriormente la portata di tale condizione menzionata

Ne risulta che deve essere concesso a ciascuno Stato membro un certo margine di discrezionalità nell’attuazione di detto punto 1 (par. 64 e 67 Corte di Giustizia UE, sez. V 28 maggio 2020 n. C – 654/18).

D’altro canto l’Unione Europea viene individuata e perimetrata come un’area omogenea sotto il profilo ambientale.

Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 205 bis (Regole per il calcolo degli obiettivi) del Dlgs 152/2006 (introdotto dal Dlg 116/2020), “è possibile computare i rifiuti esportati fuori dell’Unione per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio soltanto se gli obblighi di cui all’art. 188 bis sono soddisfatti e, se in conformità del regolamento CE n. 1013/2006, l’esportatore può provare che la spedizione dei rifiuti è conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti al di fuori dell’Unione ha avuto luogo in condizioni che siano ampiamenti equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell’Unione”.

Indicare che “il trattamento dei rifiuti al di fuori dell’Unione ha avuto luogo in condizioni che siano ampiamenti equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell’Unione” significa definire la UE come un’area omogenea sotto il profilo ambientale.

Tale disposizione è identica a quella prevista dal successivo art. 220 comma 6 sexies.

Quindi, nel caso di rifiuti avviati a riciclaggio fuori dall’Italia, è fondamentale avere dagli operatori assicurazioni circa l’avvio a riciclaggio nello Stato membro oppure, nel caso di esportazione, è necessario che gli stessi provino che ciò sia avvenuto in condizioni ampiamente equivalenti agli obblighi previsti nell’Unione.

 

3. Durante le audizioni per la conversione del DL Ucraina, che contiene l’art. 30 sulla limitazione all’export dei rottami, come Assocarta è stata rappresentata l’esigenza di una più compiuta applicazione degli artt. 205 bis e 220 comma sexies sopra citati.

Qualcuno ha scritto che tale proposta sarebbe una limitazione all’export.

In realtà si tratta solo dell’applicazione delle norme sulle spedizioni dei rifiuti extra UE che già ci sono e che, ora, in un contesto di difficoltà di approvvigionamento delle materie prime potrebbero assumere un significato ancora più importante.

E, tuttavia, tali norme sull’avvio al riciclo non possono e non devono essere intese come “cesure” della filiera, ma piuttosto un’occasione per ricostruire la filiera sotto il profilo dell’export ed anche dell’import.

Vanno trovate norme e meccanismi per “riconciliare” status non necessariamente identici, ma che pure perseguono gli stessi obiettivi di valorizzazione.

D’altro canto la stessa Decisione UE 2020/1829 adottata dal Consiglio del 24 novembre 2020 fa riferimento ad una gestione ecologicamente corretta dei rifiuti a livello mondiale e contribuire alla transizione verso una economia circolare mondiale.

 

Piacenza, 14.04.2022

 

 

 

 

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