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Nella Gazzetta Ufficiale del 6 aprile è stata pubblicata la legge di conversione del DL Semplificazioni, il cui art. 24 prevede quanto segue: “d-bis) all’articolo 194, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, devono allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’autorità del Paese di destinazione dalla quale risulti che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto dell’Unione europea, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas serra, e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione in materia di rifiuti del Paese di provenienza».” Molti hanno protestato paventando il blocco dell’export dei rifiuti. Si tratta di export per i quali (se va bene) veniamo pagati (in questo caso però si tratta di risorse vere e proprie) oppure paghiamo per farlo. Molti però sono gli argomenti (e le norme) che rappresentano la “ratio” di quest’ultima novità e che vanno nella direzione di costruire un sistema che preveda “regole del gioco” analoghe in Europa e nelle aree extra UE. Vediamo quali. 1) Gli obiettivi della Direttiva Imballaggi e della Direttiva Rifiuti, sono quelli del riciclaggio e della costruzione della c.d. European Recycling Society…In Europa appunto. Ma v’è di più. L’uso dei materiali di riciclo viene ritenuto fondamentale anche nella recente Comunicazione della Commissione Europea del 20 settembre 2011 dal titolo “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” con la quale si pongono le basi per una politica industriale a livello europeo con riferimento alla risorsa rifiuti. 2) Il Regolamento n. 1013/2006 si fa carico, oltre che di esigenze ambientali, anche di quelle di competitività. In questo senso deve essere letto il riferimento a condizioni uniformi di riciclo nel Paese di destinazione: qualora queste non fossero conformi a quelle del paese di spedizione è prevista, a certe condizioni, la possibilità di opporsi alla spedizione. Le obiezioni alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero sono regolamentate dall’art. 12 del Regolamento citato. Se ne ricordano alcune: a) se il rifiuto è destinato a smaltimento e non a recupero; b) se l’attività è inclusa nella Direttiva IPPC, ma non applica le BAT; c) se il rifiuto non viene trattato in linea con gli standard ambientali europei e gli obblighi previsti nella legislazione europea. Quest’ultimo aspetto può essere meglio compreso se si rilegge il considerando n. 22, che fa riferimento all’istituzione di condizioni uniformi per il riciclo e concorrere a garantire che non sia ostacolato lo sviluppo di un mercato del riciclo economicamente conveniente, necessario, pertanto, sviluppare condizioni uniformi a livello comunitario per il riciclo, mediante l’applicazione di norme comuni in determinati settori, se del caso e anche in relazione ai materiali secondari, per migliorare la qualità del riciclo. Quali e come accertare questi “standard” e “condizioni uniformi” resta questione non risolta a livello comunitario e che, sembra, essere demandata ai singoli Stati. Anche l’ultima Direttiva in materia di imballaggi (2004/12/CE) prevede, ad esempio, che i rifiuti di imballaggio esportati saranno presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento dei nuovi obiettivi previsti, solo se esistono prove tangibili che l’operazione di recupero e/o riciclaggio sia stata effettuata con modalità grosso modo equivalenti a quelle previste al riguardo della legislazione comunitaria. 3) Infine, la recente Decisione 18 novembre 2011 sul calcolo degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti pone, nuovamente, una particolare enfasi ai rifiuti esportati fuori dall’Unione Europea , richiamando l’art. 49, comma 2 del Regolamento n. 1013/2006, che prevede la garanzia che essi siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la durata della spedizione, compreso il recupero.
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Standard europei per l'export dei rifiuti
di Massimo Medugno
Nella Gazzetta Ufficiale del 6 aprile è stata pubblicata la legge di conversione del DL Semplificazioni, il cui art. 24 prevede quanto segue: “d-bis) all’articolo 194, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, devono allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’autorità del Paese di destinazione dalla quale risulti che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto dell’Unione europea, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas serra, e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione in materia di rifiuti del Paese di provenienza».” Molti hanno protestato paventando il blocco dell’export dei rifiuti. Si tratta di export per i quali (se va bene) veniamo pagati (in questo caso però si tratta di risorse vere e proprie) oppure paghiamo per farlo. Molti però sono gli argomenti (e le norme) che rappresentano la “ratio” di quest’ultima novità e che vanno nella direzione di costruire un sistema che preveda “regole del gioco” analoghe in Europa e nelle aree extra UE. Vediamo quali. 1) Gli obiettivi della Direttiva Imballaggi e della Direttiva Rifiuti, sono quelli del riciclaggio e della costruzione della c.d. European Recycling Society…In Europa appunto. Ma v’è di più. L’uso dei materiali di riciclo viene ritenuto fondamentale anche nella recente Comunicazione della Commissione Europea del 20 settembre 2011 dal titolo “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” con la quale si pongono le basi per una politica industriale a livello europeo con riferimento alla risorsa rifiuti. 2) Il Regolamento n. 1013/2006 si fa carico, oltre che di esigenze ambientali, anche di quelle di competitività. In questo senso deve essere letto il riferimento a condizioni uniformi di riciclo nel Paese di destinazione: qualora queste non fossero conformi a quelle del paese di spedizione è prevista, a certe condizioni, la possibilità di opporsi alla spedizione. Le obiezioni alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero sono regolamentate dall’art. 12 del Regolamento citato. Se ne ricordano alcune: a) se il rifiuto è destinato a smaltimento e non a recupero; b) se l’attività è inclusa nella Direttiva IPPC, ma non applica le BAT; c) se il rifiuto non viene trattato in linea con gli standard ambientali europei e gli obblighi previsti nella legislazione europea. Quest’ultimo aspetto può essere meglio compreso se si rilegge il considerando n. 22, che fa riferimento all’istituzione di condizioni uniformi per il riciclo e concorrere a garantire che non sia ostacolato lo sviluppo di un mercato del riciclo economicamente conveniente, necessario, pertanto, sviluppare condizioni uniformi a livello comunitario per il riciclo, mediante l’applicazione di norme comuni in determinati settori, se del caso e anche in relazione ai materiali secondari, per migliorare la qualità del riciclo. Quali e come accertare questi “standard” e “condizioni uniformi” resta questione non risolta a livello comunitario e che, sembra, essere demandata ai singoli Stati. Anche l’ultima Direttiva in materia di imballaggi (2004/12/CE) prevede, ad esempio, che i rifiuti di imballaggio esportati saranno presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento dei nuovi obiettivi previsti, solo se esistono prove tangibili che l’operazione di recupero e/o riciclaggio sia stata effettuata con modalità grosso modo equivalenti a quelle previste al riguardo della legislazione comunitaria. 3) Infine, la recente Decisione 18 novembre 2011 sul calcolo degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti pone, nuovamente, una particolare enfasi ai rifiuti esportati fuori dall’Unione Europea , richiamando l’art. 49, comma 2 del Regolamento n. 1013/2006, che prevede la garanzia che essi siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la durata della spedizione, compreso il recupero.
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