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Stoccaggio oli esausti: quale normativa si applica?

di Miriam Viviana Balossi

Categoria: Rifiuti

 

Premessa

Il tema della gestione degli oli esausti riveste profili applicativi importanti, specialmente per quanto riguarda i limiti quantitativi dello stoccaggio: ciò presuppone, però, che il detentore abbia precisa conoscenza di quale sia la normativa applicabile. Ad oggi, il tema è tutt’altro che secondario, in quanto la prima disciplina è datata e si sono succedute modifiche normative che non hanno mai fatto chiarezza, né dato organicità alla materia.

 

Normativa

In origine, il D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 95 (Attuazione delle direttive n. 75/439/CEE e n. 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati)[1] all’art. 4 prevedeva – tra le competenze dello Stato – quella di predisporre la normativa tecnica di attuazione per la gestione degli oli esausti.

Oltre a ciò, fissa alcuni principi fondamentali che devono essere ancora oggi tenuti presenti:

  • per “raccolta” si deve intendere “il complesso delle operazioni che consentono di trasferire gli oli usati dai detentori alle imprese di eliminazione degli oli” (art. 1, c. 1);
  • per quanto ivi non espressamente disposto, si applicano le norme in vigore per i rifiuti (art. 1, c. 3);
  • la detenzione e le attività di raccolta e di eliminazione degli oli usati sono organizzate e svolte in modo da evitare danni alla salute e all’ambiente e di consentire, ove compatibile, il recupero di materia e di energia (art. 2, c. 1).

Inoltre, l’art. 6, c. 1 elenca una serie di obblighi[2] a cui sono tenuti “le imprese industriali che producono oli usati e coloro che nel corso dell’anno detengono a qualsiasi titolo una quantità superiore a 300 litri annui di oli usati”.

 

 

Successivamente, con D.M. 16 maggio 1996, n. 392 (Regolamento recante norma e tecniche relative alla eliminazione degli olii usati)[3] è stata data attuazione al disposto del citato art. 4 del D.L.vo 95/1992. All’art. 2, c. 3 del decreto è così previsto: “gli impianti di stoccaggio presso i detentori di capacità superiore a 500 litri devono avere caratteristiche tali da soddisfare quanto previsto nell’allegato C[4] al presente regolamento”.

 

A parere di chi scrive, si ritiene che la terminologia utilizzata (“impianti di stoccaggio presso i detentori”) sia impropria e debba piuttosto ricondursi alla nozione di deposito temporaneo: ciò, a nostro avviso, sarebbe dimostrato dalle previsioni del D.L.vo 95/1992 sopraccitate, le quali si riferiscono al concetto di “detenzione” e identificano l’attività di “raccolta” come quella che inizia presso il detentore e si conclude presso il destinatario. In caso contrario, si tratterebbe di veri e propri impianti di stoccaggio (D15, deposito preliminare o R13, messa in riserva) da autorizzare ai sensi della Parte IV del D.L.vo 152/2006.

 

Oltre a segnalare che il dato quantitativo di cui al D.L.vo 95/1992 (300 litri) differisce da quello (500 litri) previsto nel D.M. 392/1996, l’All. C sopra richiamato può considerarsi sostituito dal D.M. 29 gennaio 2007 (Emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59)[5], segnatamente per quanto concerne le BAT relative alla rigenerazione degli oli usati.

 

Non solo: si consideri altresì che l’art. 264, c. 1, lett. o) del D.L.vo 152/2006 ha disposto l’abrogazione di alcune disposizioni del D.L.vo 95/1992, tra cui l’art. 4 – ovvero la norma che costituiva il presupposto del D.M. 392/1996:

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza:

o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’art. 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”.

 

Come anticipato, il presupposto normativo del D.M. 392/1996 risiedeva nell’abrogato art. 4 del D.L.vo 95/1992, sicché la dottrina si è interrogata circa l’efficacia o meno di tale decreto[6] che, per le norme che regolano il sistema delle fonti del diritto, dovrebbe ritenersi non più vigente.

Peraltro, sotto il profilo amministrativo, l’art. 264 del D.L.vo 152/2006 – per effetto delle sue abrogazioni – ha dato vita ad una forma di invalidità derivata dell’atto amministrativo (cioè del D.M. 392/1996).

Pur non essendo intervenuta un’esplicita abrogazione, né un’espressa pronuncia giurisdizionale di annullamento, si può – a nostro avviso – ritenere che si sia verificata una inefficacia sopravvenuta del D.M. 392/1996, poiché è venuto a mancare il presupposto normativo che sta alla base della sua emanazione.

 

Si comprende, comunque, come mai gli operatori del settore in molti casi si riferiscano ancora al D.M. 392/1996: esso, infatti, non solo contiene regole tecniche abbastanza precise circa i criteri di realizzazione dei depositi (e degli impianti di rigenerazione degli oli) ed i criteri gestionali di tali impianti, ma – e questo è il fatto maggiormente rilevante – una nuova disciplina tecnica non è stata mai emanata.

 

 

Ad oggi, la normativa sostanziale inerente gli oli usati è contenuta nell’art. 216-bis del D.L.vo 152/06 (provvedimento inserito dell’art. 31, c. 1, del D.L.vo 205/2010), che dispone come segue:

 

Art. 216-bis – Oli usati

1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l’ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1.
2. In deroga a quanto previsto dall’articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo 187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l’ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.
3. Gli oli usati devono essere gestiti:
a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della parte IV del presente decreto.
4. Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonché il principio di prossimità.
5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell’articolo 12 del predetto regolamento.
6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.
7. Con uno o più regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorità competenti possono autorizzare, nel rispetto della normativa comunitaria, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all’allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT.
8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati”.

 

Come anticipato, rispetto alla disciplina tecnica di attuazione, l’art. 216-bis rimanda ad un decreto ministeriale che non è stato ancora predisposto.

 

 

Conclusioni

Fermo restando che ogni produttore di oli esausti è innanzitutto tenuto a rispettare le specifiche prescrizioni contenute nell’A.I.A., si può affermare che, ad oggi, qualsiasi detentore di oltre 300 litri annui di oli esausti deve rispettare gli obblighi posti dall’art. 6, c. 1 del D.L.vo 95/1992, ovvero deve:

  1. stivare gli oli usati in modo idoneo ad evitare qualsiasi commistione tra emulsioni ed oli propriamente detti ovvero qualsiasi dispersione o contaminazione degli stessi con altre sostanze;
  2. non miscelare gli oli usati con le sostanze tossiche o nocive di cui all’allegato al D.P.R. 915/1982 (oggi abrogato), sue modificazioni ed integrazioni;
  3. cedere e trasferire tutti gli oli usati detenuti al Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati (CONOU) direttamente ovvero ad imprese autorizzate alla raccolta e/o alla eliminazione, comunicando al cessionario tutti i dati relativi all’origine ed ai pregressi utilizzi degli oli usati;
  4. rimborsare al cessionario gli oneri inerenti e connessi alla eliminazione delle singole miscele oleose, degli oli usati non suscettibili di essere trattati e degli oli contaminati.

 

Aderendo all’interpretazione giuridica sopra esposta, secondo la quale il D.M. 392/1996 e le sue previsioni siano da ritenersi non più efficaci, se ne deve concludere che anche la disposizione di cui all’art. 2, c. 3 inerente il limite quantitativo di 500 litri non sia da ritenersi più valida, né vincolante per i detentori, fermo restando che le prescrizioni poste dall’A.I.A. e quelle di cui all’art. 183, c. 1, lett. bb) del D.L.vo 152/2006 siano scrupolosamente rispettate.

 

Piacenza, 5.11.2018

 

[1] Pubblicato in G.U. n. 38 del 15 febbraio 1992 – S.O. n. 28, ed in vigore dal 1 marzo 1992.

 

[2] Art. 6, c. 1:

“1. Le imprese industriali che producono oli usati e coloro che nel corso dell’anno detengono a qualsiasi titolo una quantità superiore a 300 litri annui di oli usati sono obbligati a:

  1. a) stivare gli oli usati in modo idoneo ad evitare qualsiasi commistione tra emulsioni ed oli propriamente detti ovvero qualsiasi dispersione o contaminazione degli stessi con altre sostanze;
  2. b) non miscelare gli oli usati con le sostanze tossiche o nocive di cui all’allegato al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, sue modificazioni ed integrazioni;
  3. c) cedere e trasferire tutti gli oli usati detenuti al Consorzio obbligatorio degli oli usati [oggi Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati] direttamente ovvero ad imprese autorizzate alla raccolta e/o alla eliminazione, comunicando al cessionario tutti i dati relativi all’origine ed ai pregressi utilizzi degli oli usati;
  4. d) rimborsare al cessionario gli oneri inerenti e connessi alla eliminazione delle singole miscele oleose, degli oli usati non suscettibili di essere trattati e degli oli contaminati”.

 

[3] Pubblicato in G.U. n. 173 del 25 luglio 1996 ed in vigore dal 9 agosto 1996.

 

[4] All. C: Caratteristiche dei depositi per stoccaggio.

 

[5] Pubblicato in G.U. n. 130 del 7 giugno 2007 – S.O. n. 133).

 

[6] In tal senso si veda P. FICCO, Oli minerali esausti, il Dm 392/1996 non esiste più, in Rifiuti – Bollettino di informazione normativa, n. 138 – 3/07.

 

[7] Comma così sostituito dall’art. 14, comma 8-quinquies del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 convertito in L. 11 agosto 2014, n. 116.

 

[8] Comma così modificato dall’art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in L. 4 aprile 2012, n. 35.

 

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