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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Dal 1 gennaio 2013 è in vigore la TARES, Tassa sui rifiuti e Servizi, che andrà a sostituire Tarsu e Tia, come previsto dal D.L. 6 dicembre 2011, art. 14, convertito in L. n. 214/2011. Il nuovo tributo sarà a tutti gli effetti operativo in quanto sono stati prorogati solamente i termini per il pagamento per effetto delle modifiche apportate dal Senato in sede di conversione del D. L. per cui la Tares si potrà pagare in una quota unica a giugno 2013 o, in caso di rate, la prima non sarà più a fine gennaio ma ad aprile 2013. Invero permane il problema (come del resto in passato, quando il decreto Ronchi o il TUA introdussero la Tarsu/Tia) dei nuovi criteri di calcolo. L’art. 14 infatti indica che tali criteri per la determinazione della tariffa sono da emanarsi a cura del Ministero dell’Economia e dell’Ambiente, ma non essendovi provvedimento in tal senso, nell’attesa del nuovo continuerà ad applicarsi la regolamentazione precedente, ovvero il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 “Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”[1] e, per quanto di interesse, il D. L.vo 15 novembre 1993, n. 507 “Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”[2], decreto istitutivo della Tarsu. Fondamentale quindi per l’avvio del tributo il contributo dei Comuni in relazione all’approvazione dei nuovi regolamento attuativi (che dovevano essere pronti già a fine ottobre…).
Non cambia, se non per essere ulteriormente specificato, il presupposto oggettivo, ovvero la tassa si applica per l’occupazione o detenzione a qualunque titolo di locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani nel territorio comunale (ove il servizio di smaltimento rifiuti sia reso anche soltanto di fatto). Ai sensi del comma 4 dell’art 14 del D. L. sono però “escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”.
La prima novità quindi consiste nell’aver chiarito che le aree scoperte – non pertinenziali – dovranno essere computate per intero nel calcolo della tariffa. Le parti comuni dei condomini – siano esse coperte o scoperte – non sono tassabili, nel caso invece di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo. Le aree verdi rimangono esonerate, indipendentemente dall’entità della superficie e resta ferma la disciplina vigente per l’imposizione e riscossione del tributo per le istituzioni scolastiche (comma 14 dell’art. 14)[3]. Sono disciplinate anche l’occupazione e detenzione temporanea – ovvero di durata non superiore a sei mesi (giorni 183) nel corso dello stesso anno solare (art. 14 co. 6): in tal caso, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie, ed in tal caso i comuni devono predisporre idoneo regolamento.
Il nuovo tributo è costituito da:
– una tariffa commisurata alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri da desumersi dal Regolamento n. 158/99, ma comunque composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti (riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La tariffa ricomprende anche i costi di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
– alla tariffa così determinata si applica una maggiorazione (imposta) pari a 0,30€ al metro quadrato per i cosiddetti “servizi indivisibili dei Comuni” (es: pulizia strade, illuminazione, servizi di sicurezza…), che i comuni stessi potranno aumentare fino a 0,40€ in ragione della tipologia dell’immobile e della sua ubicazione.
Questo il motivo fondamentalmente per cui presumibilmente la Tares “costerà” di più della Tia (e della Tarsu), in quanto articolata in due componenti, destinate a finanziare attività diverse.
Invero, si deve notare che la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, secondo i dati dell’Istat[4], era già assicurata in tutti i comuni soggetti a Tia (circa 1300 comuni italiani) ed in molti dei 6700 comuni ancora assoggettati a Tarsu, nei quali però sarà inevitabilmente più forte il rischio dell’aggravio di costi per i contribuenti[5].
[1] Pubblicato in Suppl. Ordinario n. 107/L alla Gazzetta Ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999.
[2] In Suppl. Ordinario n. 108 alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 9 dicembre 1993.
[3] Il riferimento è alla disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 33-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. Il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.
[4] Si veda: G. TROVATI, “Torna ai comuni la scelta dei tempi per il pagamento Tares”, articolo pubblicato in Il Sole24Ore, del 18 dicembre 2012.
[5] Per un ampio commento in tema si veda: C. BENTIVEGNA e A. CANTALUPO, “La nuova Tares” Maggioli Editore, dicembre 2012.
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TARES: gli effetti della sua entrata in vigore.
di Monica Taina
Dal 1 gennaio 2013 è in vigore la TARES, Tassa sui rifiuti e Servizi, che andrà a sostituire Tarsu e Tia, come previsto dal D.L. 6 dicembre 2011, art. 14, convertito in L. n. 214/2011. Il nuovo tributo sarà a tutti gli effetti operativo in quanto sono stati prorogati solamente i termini per il pagamento per effetto delle modifiche apportate dal Senato in sede di conversione del D. L. per cui la Tares si potrà pagare in una quota unica a giugno 2013 o, in caso di rate, la prima non sarà più a fine gennaio ma ad aprile 2013. Invero permane il problema (come del resto in passato, quando il decreto Ronchi o il TUA introdussero la Tarsu/Tia) dei nuovi criteri di calcolo. L’art. 14 infatti indica che tali criteri per la determinazione della tariffa sono da emanarsi a cura del Ministero dell’Economia e dell’Ambiente, ma non essendovi provvedimento in tal senso, nell’attesa del nuovo continuerà ad applicarsi la regolamentazione precedente, ovvero il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 “Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”[1] e, per quanto di interesse, il D. L.vo 15 novembre 1993, n. 507 “Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”[2], decreto istitutivo della Tarsu. Fondamentale quindi per l’avvio del tributo il contributo dei Comuni in relazione all’approvazione dei nuovi regolamento attuativi (che dovevano essere pronti già a fine ottobre…).
Non cambia, se non per essere ulteriormente specificato, il presupposto oggettivo, ovvero la tassa si applica per l’occupazione o detenzione a qualunque titolo di locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani nel territorio comunale (ove il servizio di smaltimento rifiuti sia reso anche soltanto di fatto). Ai sensi del comma 4 dell’art 14 del D. L. sono però “escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”.
La prima novità quindi consiste nell’aver chiarito che le aree scoperte – non pertinenziali – dovranno essere computate per intero nel calcolo della tariffa. Le parti comuni dei condomini – siano esse coperte o scoperte – non sono tassabili, nel caso invece di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo. Le aree verdi rimangono esonerate, indipendentemente dall’entità della superficie e resta ferma la disciplina vigente per l’imposizione e riscossione del tributo per le istituzioni scolastiche (comma 14 dell’art. 14)[3]. Sono disciplinate anche l’occupazione e detenzione temporanea – ovvero di durata non superiore a sei mesi (giorni 183) nel corso dello stesso anno solare (art. 14 co. 6): in tal caso, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie, ed in tal caso i comuni devono predisporre idoneo regolamento.
Il nuovo tributo è costituito da:
– una tariffa commisurata alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri da desumersi dal Regolamento n. 158/99, ma comunque composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti (riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La tariffa ricomprende anche i costi di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
– alla tariffa così determinata si applica una maggiorazione (imposta) pari a 0,30€ al metro quadrato per i cosiddetti “servizi indivisibili dei Comuni” (es: pulizia strade, illuminazione, servizi di sicurezza…), che i comuni stessi potranno aumentare fino a 0,40€ in ragione della tipologia dell’immobile e della sua ubicazione.
Questo il motivo fondamentalmente per cui presumibilmente la Tares “costerà” di più della Tia (e della Tarsu), in quanto articolata in due componenti, destinate a finanziare attività diverse.
Invero, si deve notare che la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, secondo i dati dell’Istat[4], era già assicurata in tutti i comuni soggetti a Tia (circa 1300 comuni italiani) ed in molti dei 6700 comuni ancora assoggettati a Tarsu, nei quali però sarà inevitabilmente più forte il rischio dell’aggravio di costi per i contribuenti[5].
[1] Pubblicato in Suppl. Ordinario n. 107/L alla Gazzetta Ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999.
[2] In Suppl. Ordinario n. 108 alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 9 dicembre 1993.
[3] Il riferimento è alla disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 33-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. Il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.
[4] Si veda: G. TROVATI, “Torna ai comuni la scelta dei tempi per il pagamento Tares”, articolo pubblicato in Il Sole24Ore, del 18 dicembre 2012.
[5] Per un ampio commento in tema si veda: C. BENTIVEGNA e A. CANTALUPO, “La nuova Tares” Maggioli Editore, dicembre 2012.
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