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TARI: i chiarimenti dal MITE. L’analisi della Circolare del 12 aprile 2021
di Francesca Miniscalco
Categoria: Rifiuti
Il Ministero della Transizione Ecologica, con la Circolare n. 35259 del 12 aprile 2021, è intervenuto per chiarire alcune problematiche connesse all’applicazione della TARI in seguito all’emanazione del decreto legislativo 116/2020.
Importanti indicazioni vengono fornite in relazione a:
A) Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI;
B) Determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva;
C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza;
D) Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione.
Le informazioni trasmesse dalla Circolare sono diverse e con implicazioni pratiche importanti e-sebbene la circolare non sia una fonte del diritto (e dunque la stessa non ha valenza prescrittiva, ma solo meramente interpretativa)- è opportuno analizzarne i punti più salienti.
A) Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI:
La Circolare evidenzia che la riduzione della quota variabile prevista dal co. 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2013 deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo al quale i rifiuti sono avviati.
La Circolare mette inoltre in chiaro che per le utenze non domestiche (sciolti i dubbi circa gli aspetti relativi alla riduzione della quota variabile della TARI) rimane impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa.
B) La comunicazione da parte dell’utente produttore e l’indicazione temporale dei cinque anni:
Importanti indicazioni vengono fornite anche con riferimento alla comunicazione che l’utente produttore deve effettuare.
Quest’ultimo è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al comune di appartenenza, la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta entro il 31 maggio di ciascun anno (come disposto dall’art. 30 co. 5 del D. L. n. 41 del 2020).
Inoltre, la circolare sembra affermare che per quest’anno gli effetti si produrranno immediatamente, e i comuni avranno comunque la possibilità di definire la tariffa entro fine giugno, e solo dall’anno prossimo la comunicazione entro il maggio avrà effetto dall’anno successivo.
Infatti, la Circolare stabilisce che “limitatamente al 2021, gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) devono essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti.
Per gli anni successivi in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno, ovvero di un’apposita modifica normativa sul termine di presentazione della comunicazione da parte dell’utenza non domestica, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti”.
Per quanto riguarda il periodo temporale di cinque anni, tale periodo vale:
– sia nel caso di affidamento ad un soggetto terzo;
– sia quando l’utenza non domestica sceglie il servizio pubblico.
La Circolare precisa che l’indicazione temporale dei cinque anni non vincola l’utenza non domestica ad utilizzare il medesimo operatore: la stessa potrà, nel corso dei cinque anni, cambiare operatore privato (in relazione all’andamento del mercato).
Con la precisazione che nel caso in cui l’utenza non domestica intenda passare dall’operatore privato a quello pubblicoprima della scadenza del termine quinquennale, tale scelta è subordinata alla possibilità per il gestore del servizio pubblico di riprendere l’erogazione del servizio.
La motivazione si rinviene nel fatto che deve essere sempre garantito il servizio di raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.
Il Ministero precisa inoltre che la comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero: essa, quindi, havalenza a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione.
Con la specificazione che la norma non determina l’annullamento dei contratti di affidamento del servizio di raccolta a soggetti privati conclusi precedentemente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 116 del 2020, che continuano ad essere validi (salvo il loro adeguamento alle condizioni specificate dalla norma stessa).
Vale la pena di ricordare che, se le novità di cui al D. Lgs. n. 116 del 2020 hanno determinato un diverso ammontare del tributo definito sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione relativa alle superfici aziendali imponibili, quest’ultima deve essere ripresentata, a norma del co. 685 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.
C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza:
Con riguardo al punto C) la Circolare chiarisce che le attività industriali sono produttive anche di rifiuti urbani, con conseguente applicazione della TARI.
Ecco quanto riportato nel punto C) della Circolare:
Attività industriali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera c) del TUA
L’Allegato L-quinquies al D. Lgs. n. 116 del 2020 contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani nel quale non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”.
L’art. 184, comma 3, lettera c) del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani: appare quindi evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali.
Ciò comporta che:
le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile;
continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, relativamente alle superfici produttive di rifiuti urbani, come ad esempio, mense, uffici o locali funzionalmente connessi alle stesse.
resta dovuta solo la quota fissa laddove l’utenza non domestica scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico (poiché la normativa prevede l’esclusione della parte variabile).
Attività artigianali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera d) del TUA
Lo stesso ragionamento, secondo il MITE, può essere esteso anche alle attività artigianali, produttive anch’esse di rifiuti urbani.
Attività agricole, agroindustriali e della pesca – rifiuti i cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA
A seguito delle novità di cui al D.Lgs. 116 del 2020, i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agroindustriale e della pesca sono classificati come speciali, compresi anche quelli derivanti da attività ad esse connesse, di cui all’art. 2135 del codice civile.
È opportuno inoltre richiamare quanto previsto nell’Allegato L-quater del TUA secondo il quale: “Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile” e nel successivo Allegato L-quinquies in base al quale: “Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile”.
Sulla base del complesso delle norme di settore -chiarisce il Ministero- si evince, in generale, per i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agroindustriali e della pesca un’esclusione dall’applicazione del nuovo regime previsto per i rifiuti urbani.
Tuttavia, occorre considerare la previsione contenutanell’allegato L-quinquies della Parte quarta del D.lgs. 152/2006, la quale chiarisce che le “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”.
Il Ministero evidenzia come questa previsione può essere applicata alle attività relative alla produzione agricola che presentano le medesime caratteristiche riportate nel citato allegato.
Per questi motivi, per le suddette utenze, deve ritenersi ferma la possibilità di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della Parte quarta del D.lgs. 152/2006. Quest’ultima indicazione, infine, sembra essere palesemente contradditoria perché da un lato afferma che alcune attività connesse all’agricoltura sarebbero suscettibili di generare i nuovi rifiuti urbani non domestici, dall’altro prevede la “possibilità di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio.
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TARI: i chiarimenti dal MITE. L’analisi della Circolare del 12 aprile 2021
di Francesca Miniscalco
Il Ministero della Transizione Ecologica, con la Circolare n. 35259 del 12 aprile 2021, è intervenuto per chiarire alcune problematiche connesse all’applicazione della TARI in seguito all’emanazione del decreto legislativo 116/2020.
Importanti indicazioni vengono fornite in relazione a:
A) Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI;
B) Determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva;
C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza;
D) Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione.
Le informazioni trasmesse dalla Circolare sono diverse e con implicazioni pratiche importanti e-sebbene la circolare non sia una fonte del diritto (e dunque la stessa non ha valenza prescrittiva, ma solo meramente interpretativa)- è opportuno analizzarne i punti più salienti.
A) Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI:
La Circolare evidenzia che la riduzione della quota variabile prevista dal co. 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2013 deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo al quale i rifiuti sono avviati.
La Circolare mette inoltre in chiaro che per le utenze non domestiche (sciolti i dubbi circa gli aspetti relativi alla riduzione della quota variabile della TARI) rimane impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa.
B) La comunicazione da parte dell’utente produttore e l’indicazione temporale dei cinque anni:
Importanti indicazioni vengono fornite anche con riferimento alla comunicazione che l’utente produttore deve effettuare.
Quest’ultimo è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al comune di appartenenza, la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta entro il 31 maggio di ciascun anno (come disposto dall’art. 30 co. 5 del D. L. n. 41 del 2020).
Inoltre, la circolare sembra affermare che per quest’anno gli effetti si produrranno immediatamente, e i comuni avranno comunque la possibilità di definire la tariffa entro fine giugno, e solo dall’anno prossimo la comunicazione entro il maggio avrà effetto dall’anno successivo.
Infatti, la Circolare stabilisce che “limitatamente al 2021, gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) devono essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti.
Per gli anni successivi in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno, ovvero di un’apposita modifica normativa sul termine di presentazione della comunicazione da parte dell’utenza non domestica, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti”.
Per quanto riguarda il periodo temporale di cinque anni, tale periodo vale:
– sia nel caso di affidamento ad un soggetto terzo;
– sia quando l’utenza non domestica sceglie il servizio pubblico.
La Circolare precisa che l’indicazione temporale dei cinque anni non vincola l’utenza non domestica ad utilizzare il medesimo operatore: la stessa potrà, nel corso dei cinque anni, cambiare operatore privato (in relazione all’andamento del mercato).
Con la precisazione che nel caso in cui l’utenza non domestica intenda passare dall’operatore privato a quello pubblico prima della scadenza del termine quinquennale, tale scelta è subordinata alla possibilità per il gestore del servizio pubblico di riprendere l’erogazione del servizio.
La motivazione si rinviene nel fatto che deve essere sempre garantito il servizio di raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.
Il Ministero precisa inoltre che la comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero: essa, quindi, ha valenza a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione.
Con la specificazione che la norma non determina l’annullamento dei contratti di affidamento del servizio di raccolta a soggetti privati conclusi precedentemente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 116 del 2020, che continuano ad essere validi (salvo il loro adeguamento alle condizioni specificate dalla norma stessa).
Vale la pena di ricordare che, se le novità di cui al D. Lgs. n. 116 del 2020 hanno determinato un diverso ammontare del tributo definito sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione relativa alle superfici aziendali imponibili, quest’ultima deve essere ripresentata, a norma del co. 685 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.
C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza:
Con riguardo al punto C) la Circolare chiarisce che le attività industriali sono produttive anche di rifiuti urbani, con conseguente applicazione della TARI.
Ecco quanto riportato nel punto C) della Circolare:
L’Allegato L-quinquies al D. Lgs. n. 116 del 2020 contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani nel quale non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”.
L’art. 184, comma 3, lettera c) del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani: appare quindi evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali.
Ciò comporta che:
Lo stesso ragionamento, secondo il MITE, può essere esteso anche alle attività artigianali, produttive anch’esse di rifiuti urbani.
A seguito delle novità di cui al D.Lgs. 116 del 2020, i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agroindustriale e della pesca sono classificati come speciali, compresi anche quelli derivanti da attività ad esse connesse, di cui all’art. 2135 del codice civile.
È opportuno inoltre richiamare quanto previsto nell’Allegato L-quater del TUA secondo il quale: “Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile” e nel successivo Allegato L-quinquies in base al quale: “Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile”.
Sulla base del complesso delle norme di settore -chiarisce il Ministero- si evince, in generale, per i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agroindustriali e della pesca un’esclusione dall’applicazione del nuovo regime previsto per i rifiuti urbani.
Tuttavia, occorre considerare la previsione contenuta nell’allegato L-quinquies della Parte quarta del D.lgs. 152/2006, la quale chiarisce che le “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”.
Il Ministero evidenzia come questa previsione può essere applicata alle attività relative alla produzione agricola che presentano le medesime caratteristiche riportate nel citato allegato.
Per questi motivi, per le suddette utenze, deve ritenersi ferma la possibilità di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della Parte quarta del D.lgs. 152/2006. Quest’ultima indicazione, infine, sembra essere palesemente contradditoria perché da un lato afferma che alcune attività connesse all’agricoltura sarebbero suscettibili di generare i nuovi rifiuti urbani non domestici, dall’altro prevede la “possibilità di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio.
Piacenza, 19 aprile 2021
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