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Quando, dopo un’operazione R12, si producono rifiuti con CER 19?
di Alessandra Corrù
Categoria: Rifiuti
Il presente contributo affronta il tema della corretta attribuzione del codice CER ai rifiuti che esitano da un’attività di recupero, in particolare da un’operazione R12.
Per meglio comprendere i termini della questione, si deve rammentare che ai sensi dell’art. 183, co. 1, lett. t), D. L.vo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.e.i. per recupero si intende “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale”. La medesima norma continua prevedendo espressamente che “l’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”. Ne deriva che un’operazione di recupero, per potersi definire tale, non deve necessariamente essere compresa nell’Allegato C, purché svolga la funzione indicata dalla norma e, cioè, di permettere ai rifiuti di svolgere un “ruolo utile”.
Detto ciò, si prosegue ricordando che l’Allegato C alla Parte IV del D.L.vo 152/06 indica alla voce R12 “lo scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11”. Tale nozione non è mai stata modificata dall’entrata in vigore del D.L.vo 152/06 nel 2006; solo con il IV correttivo (D.L.vo 205/2010) alla voce R12 è stata aggiunta una nota secondo la quale “in mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essicazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
Premesso che l’uso del termine “scambio” era da subito apparso fuorviante rispetto alle fasi della gestione rifiuti (nel senso che lo scambio, ovvero il passaggio di un rifiuto per un altro rifiuto non ha ragione di esistere nel sistema della gestione), la nota aggiunta a questa voce non ha alcuna ragione d’essere; tutt’al più le indicazioni della nota si potrebbero ritenere riferite ad un “cambio” di rifiuti, inteso nel senso di “cambio della loro natura e/o stato fisico”, ma purtroppo – ancora oggi – non si registrano posizioni ufficiali di chiarimento.
Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5242 del 23 ottobre 2014, è stato affermato che “al rifiuto risultante da un’operazione di trattamento può essere legittimamente attribuito un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine solo se i due rifiuti sono diversi e cioè se l’operazione di recupero o di smaltimento ha prodotto un nuovo rifiuto”. Ha altresì precisato che “la disciplina comunitaria e nazionale non stabilisce quali operazioni di trattamento producono un nuovo rifiuto, ma definisce il nuovo produttore di rifiuti (ex art. 183 co. 1 lett. f del D.L.vo 152/2006) come “chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti.”
Pertanto, un’operazione di trattamento produce un rifiuto nuovo (da classificare con codice CER del capitolo 19) solo se la natura o la composizione che il rifiuto ha prima del trattamento sono diverse da quelle del rifiuto trattato.
In altre parole, se l’impianto di gestione non risulta essere idoneo a mutare la natura e la composizione sotto il profilo chimico-fisico dei rifiuti in ingresso, ne consegue che non sia corretto attribuire il codice 19 a questi rifiuti, ma dovrà essere mantenuto il codice CER iniziale o dovranno essere attribuiti i codici merceologicamente più appropriati risultanti dall’operazione di trattamento.
A tale regola generale, tuttavia, si può individuare una deroga: il rifiuto sottoposto a un’operazione di trattamento in R12 potrà essere classificato con un CER della famiglia 19, solo se espressamente previsto dall’autorizzazione in forza della quale opera l’impianto.
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Quando, dopo un’operazione R12, si producono rifiuti con CER 19?
di Alessandra Corrù
Il presente contributo affronta il tema della corretta attribuzione del codice CER ai rifiuti che esitano da un’attività di recupero, in particolare da un’operazione R12.
Per meglio comprendere i termini della questione, si deve rammentare che ai sensi dell’art. 183, co. 1, lett. t), D. L.vo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.e.i. per recupero si intende “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale”. La medesima norma continua prevedendo espressamente che “l’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”. Ne deriva che un’operazione di recupero, per potersi definire tale, non deve necessariamente essere compresa nell’Allegato C, purché svolga la funzione indicata dalla norma e, cioè, di permettere ai rifiuti di svolgere un “ruolo utile”.
Detto ciò, si prosegue ricordando che l’Allegato C alla Parte IV del D.L.vo 152/06 indica alla voce R12 “lo scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11”. Tale nozione non è mai stata modificata dall’entrata in vigore del D.L.vo 152/06 nel 2006; solo con il IV correttivo (D.L.vo 205/2010) alla voce R12 è stata aggiunta una nota secondo la quale “in mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essicazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
Premesso che l’uso del termine “scambio” era da subito apparso fuorviante rispetto alle fasi della gestione rifiuti (nel senso che lo scambio, ovvero il passaggio di un rifiuto per un altro rifiuto non ha ragione di esistere nel sistema della gestione), la nota aggiunta a questa voce non ha alcuna ragione d’essere; tutt’al più le indicazioni della nota si potrebbero ritenere riferite ad un “cambio” di rifiuti, inteso nel senso di “cambio della loro natura e/o stato fisico”, ma purtroppo – ancora oggi – non si registrano posizioni ufficiali di chiarimento.
Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5242 del 23 ottobre 2014, è stato affermato che “al rifiuto risultante da un’operazione di trattamento può essere legittimamente attribuito un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine solo se i due rifiuti sono diversi e cioè se l’operazione di recupero o di smaltimento ha prodotto un nuovo rifiuto”. Ha altresì precisato che “la disciplina comunitaria e nazionale non stabilisce quali operazioni di trattamento producono un nuovo rifiuto, ma definisce il nuovo produttore di rifiuti (ex art. 183 co. 1 lett. f del D.L.vo 152/2006) come “chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti.”
Pertanto, un’operazione di trattamento produce un rifiuto nuovo (da classificare con codice CER del capitolo 19) solo se la natura o la composizione che il rifiuto ha prima del trattamento sono diverse da quelle del rifiuto trattato.
In altre parole, se l’impianto di gestione non risulta essere idoneo a mutare la natura e la composizione sotto il profilo chimico-fisico dei rifiuti in ingresso, ne consegue che non sia corretto attribuire il codice 19 a questi rifiuti, ma dovrà essere mantenuto il codice CER iniziale o dovranno essere attribuiti i codici merceologicamente più appropriati risultanti dall’operazione di trattamento.
A tale regola generale, tuttavia, si può individuare una deroga: il rifiuto sottoposto a un’operazione di trattamento in R12 potrà essere classificato con un CER della famiglia 19, solo se espressamente previsto dall’autorizzazione in forza della quale opera l’impianto.
Piacenza, 17 dicembre 2019
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