Cari web lettori,

le norme e la loro gerarchia non sono un inutile fardello, ma uno dei pochi parametri che ci sono rimasti nella identificazione delle regole da seguire e nella loro interpretazione.
Caspita! Che overture di editoriale! Come mai inizio con questa sorta di premessa stile enciclica (non mi sto candidando a Pontefice, tranquilli) nella sostanziale paresi del nostro sistema normativo istituzionale derivante dal famigerato “porcellum”? Oddio, qualche nuovo “posizionamento” in realtà è alquanto evidente, in particolare con riferimento ai nuovi emergenti soggetti politici (date un’occhiata alla lettera dell’attuale Ministro dell’ambiente ai “grillini”), ma la mia riflessione parte da alcune disposizioni regionali (Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia, che risulti) relative all’attualissimo tema delle terre e rocce da scavo, le quali giungono sostanzialmente a disporre relativamente ai cosiddetti piccoli cantieri (sotto i 6.000 metri cubi), nella errata convinzione che “il DM 161/2012 comprende un campo di applicazione per quantitativi di movimenti terra e rocce superiori ai seimila metri cubi” (Delib. Giunta Reg. Veneto 11 febbraio 2013, n. 179), commettendo almeno quattro gravi errori (pur nel comprensibile tentativo di arginare un assurdo campo di applicazione del nuovo Regolamento “terre”).
1) il DM 161/2012 si applica (purtroppo) a tutti i materiali da scavo che si vogliono trattare quali sottoprodotti, a prescindere dalle dimensioni (di interpretazioni stravaganti sull’ambito di applicazione ne ho già sentite troppe!); 2) l’art. 266, c. 7 TUA prevede come atto normativo “indispensabile” in questo ambito un “decreto” ministeriale, e non altro (a proposito: il Parlamento non c’è ma il Ministro sì!!! Perché non si attiva immediatamente per inserire in un DM i contenuti della bozza di “semplificazioni bis” riguardanti i piccoli cantieri?); 3) come sollevato in un recente Consiglio dei Ministri in relazione alla legge regionale del Friuli V.G. lo Stato ha competenza esclusiva in materia ambientale; 4) tuttalpiù – anche si ammettesse una competenza regionale concorrente in materia – una norma regionale (tanto meno una Deliberazione della giunta, avente un peso specifico come fonte del diritto leggermente superiore allo zero) non può dettare regole meno restrittive di quella statale.
Ergo: pur – ripeto – nell’apprezzabile tentativo di ovviare alla colpevole latitanza del Ministero in materia, queste “disposizioni” non solo non sono utili, ma persino dannose, in quanto generano non solo una confusione notevole ma, evidentemente, potrebbero produrre una applicazione del DM 161/12 a pelle di leopardo (non nomino accuratamente il giaguaro!) nel nostro Paese inaccettabile anche ai fini delle più banali norme sulla concorrenza. Perché mai un cantiere a Verona deve avere delle facilitazioni che un identico cantiere a Brescia non può avere?
Urge chiarezza. Vi voglio pertanto invitare a due nuovi appuntamenti formativi ove tratteremo con la Dott.ssa Geol. Collina tutti gli aspetti operativi della nuova gestione dei materiali da scavo: a Bari il 26 aprile e a Mestre l’8 maggio prossimi.

Alla prossima settimana

Stefano Maglia
s.maglia@tuttoambiente.it

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