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Il principio di precauzione va usato con precauzione…

Una sentenza del Consiglio di Stato del 20 febbraio scorso è tornata a ribadire la posizione espressa più volte dal massimo organo di giustizia amministrativa (da ultimo CdS 31 agosto 2023, n. 8098), esprimendosi con chiarezza sulla corretta applicazione del principio di precauzione, il quale ovviamente “non conduce automaticamente a vietare ogni attività che in via di mera ipotesi si assuma foriera di eventuali rischi per la salute delle persone e per l’ambiente, in assenza di un riscontro oggettivo e verificabile”.

In particolare, nel caso di specie, il CdS giunge ad affermare che vietare una determinata attività “in nome di una declinazione solamente formalistica del principio di precauzione, vuol dire inibire a priori, e senza possibilità di scelta di diversa opzione, lo svolgimento di una qualsivoglia attività astrattamente foriera di rischi per la salute umana.”

Parole sagge. Tanto per capirsi le uniche discipline ambientali che si basano – parzialmente o esclusivamente – sul principio di precauzione sono solo quelle sull’Elettrosmog e sugli OGM, ove non v’è uniformità scientifica sui “rischi”.

Del resto già la famosa e condivisibilissima sentenza Corte Giust. UE 28 marzo 2019, in tema di rifiuti con “voci a specchio” aveva chiuso ogni discussione in merito affermando che gli Stati membri devono tener conto “della fattibilità tecnica e della praticabilità economica, cosicchè le disposizioni della Dir. 98/08 non possono essere interpretate nel senso di imporre al detentore di un rifiuto obblighi irragionevoli, sia dal punto di vista tecnico che economico, in materia di gestione dei rifiuti”.

E il principio di precauzione deve essere interpretato solo nel senso che, “qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso”.

Alla prossima settimana

Stefano Maglia:

s.maglia@tuttoambiente.it

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