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La scintilla della codificazione ambientale

Dopo 35 anni di attività nel “meraviglioso mondo” del diritto ambientale, ancora oggi molti mi chiedono: ma quale è stata la “scintilla” che nel 1986 ha prodotto l’idea del primo Codice dell’ambiente italiano?

Sarà che gli anni passano, ma ogni tanto mi piace condividere – specialmente coi più giovani – parte di questa lunga storia.

Il pretesto mi viene dato da una sentenza (Cass. Pen. n. 20221/22) pubblicata su Lexambiente dell’amico Luca Ramacci, dedicata al “furto venatorio”. Voi penserete: e che c’entra il furto venatorio (tema di cui la maggior parte di voi non ne ha mai nemmeno sentito parlare) con la codificazione ambientale? Ebbene allora io ero un giovane redattore di Rivista penale amante dell’ambiente e lessi su una famosa rivista (Airone) che un giovane pretore si batteva contro il bracconaggio in Sardegna. Attraverso la redazione contattai così Maurizio Santoloci, il quale appena seppe della mia disponibilità ad ospitare contributi su Rivista penale mi inviò una sua recente sentenza dirompente in tema di caccia abusiva, che si basava per la prima volta proprio sul concetto di “furto venatorio”. Così nacque non solo la nostra profonda collaborazione ed amicizia, ma anche l’embrione del Codice dell’ambiente. Poche settimane dopo infatti ci incontrammo per iniziare ad impostare uno dei principali strumenti che ha accompagnato generazioni di operatori del settore e che quest’anno festeggerà la 33° edizione.

Ecco perché aver letto quelle due parole mi ha indotto a condividere questo pensiero, che va ovviamente a Maurizio, prematuramente scomparso cinque anni fa.

Ora di ambiente parlano e straparlano in tanti, quasi sempre con scarsissima competenza, autorevolezza e – perché no – passione. Credo sia importante ogni tanto fermarsi e guardare quanta strada si è affrontata. O no?

Alla prossima settimana!

Stefano Maglia

s.maglia@tuttoambiente.it

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