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Transizione ecologica, sottoprodotti e simbiosi industriale

Non può esserci vera transizione ecologica senza circular economy e non può esserci vera circular economy senza incentivi (e disincentivi) a non sprecar risorse. E l’istituto più efficace, potente e innovativo si chiama sottoprodotto.

Questo istituto nasce sostanzialmente circa vent’anni fa con le prime, fondamentali sentenze della Corte di Giustizia Ue, anche se troverà valore “normativo” solo nel 2008, con la Direttiva n. 98.

E noi? Mentre ci trastullavamo con l’ MPS recependo così a puntino la Direttiva UE da rischiare per più volte le conseguenti procedure di infrazione, gli altri correvano sul treno del sottoprodotto.

Anche ora ci pavoneggiamo coi risultati della raccolta differenziata (per poi bloccare gli impianti di recupero!) dimenticandoci che il vero obiettivo dal 1975 in UE non è differenziare da Dio ma produrre meno rifiuti, non sprecando materie prime!

E noi? Dopo aver provato nel 2016 (col DM 264) a offrire qualche “barcollante” strumento per superare la ossessiva riluttanza della P.A. e della giurisprudenza ad ammettere – nel rispetto di tutte le condizioni dell’art. 184 bis TUA – l’esistenza e l’importanza di questo istituto, dall’anno scorso, recependo la Dir. 851/2018 (“Circular economy”), abbiamo inserito un nuovo concetto, quello della “simbiosi industriale”. Ma di cosa si tratta?

Dalle Linee Programmatiche MITE del 30 settembre scorso (“Strategia nazionale per l’economia circolare”) leggiamo: “La simbiosi industriale può essere definita come un sistema integrato per condividere risorse (materiali, acqua, sottoprodotti, scarti, servizi, competenze, strumenti, database, ecc.) secondo un approccio di tipo cooperativo in cui l’output di un’azienda può essere utilizzato come input da un’azienda terza nell’ambito del suo processo di produzione.”

E’ ora che facciamo sul serio, o no?

Alla prossima settimana!

Stefano Maglia

s.maglia@tuttoambiente.it

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