La Dir. (UE) 2024/3019 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 novembre 2024 concernente il trattamento delle acque reflue urbane è stata pubblicata sulla GUUE L del 12 dicembre 2024. Composta da 35 articoli e otto allegati, la Direttiva entra in vigore il 1° gennaio 2025 – eccezione fatta per gli articoli 12 e 13 e gli allegati II e IV, che si applicano a decorrere dal 1° agosto 2027. Gli Stati membri dovranno mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 31 luglio 2027.

Rispetto alla precedente normativa, sono state individuate tre importanti fonti di inquinamento che non risultano essere pienamente affrontate, ma che potrebbero essere evitate, segnatamente gli scolmi causati da piogge molto intense e gli scarichi inquinati di deflusso urbano, i sistemi individuali potenzialmente malfunzionanti, ossia i sistemi di trattamento delle acque reflue domestiche che non confluiscono nelle reti fognarie, e i piccoli agglomerati che a oggi sono solo parzialmente disciplinati dalla direttiva 91/271/CEE.

Inoltre, a causa delle precipitazioni quali pioggia, neve o acqua di fusione, gli scolmi causati da piogge molto intense e il deflusso urbano rappresentano una considerevole fonte residua di inquinamento scaricato nell’ambiente. Tali sversamenti e tale deflusso aumenteranno sempre più per via degli effetti combinati dell’urbanizzazione e della progressiva evoluzione del regime di precipitazioni connessa ai cambiamenti climatici. Ciò significa che le infrastrutture di gestione delle acque reflue urbane saranno particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici ed è opportuno che le soluzioni per ridurre tale fonte di inquinamento siano definite a livello locale, tenendo conto delle specifiche condizioni locali, e si fondino su una gestione idrica quantitativa e qualitativa integrata nelle zone urbane.

Gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ricevono anche acque reflue non domestiche, comprese quelle industriali, che possono contenere una serie di inquinanti non espressamente disciplinati dalla direttiva 91/271/CEE, quali metalli pesanti, microplastiche, microinquinanti e altre sostanze chimiche, tra cui le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Nella maggior parte dei casi la comprensione di questo tipo di inquinamento e le conoscenze al riguardo sono carenti, il che può non solo portare a compromettere il funzionamento del processo di trattamento e contribuire all’inquinamento dei corpi idrici recettori, ma anche impedire il recupero dei fanghi e il riutilizzo delle acque reflue trattate.

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