Nell’ambito della “questione fanghi“, sollevata dalla recente sentenza n. 1782 del 20 luglio 2018 del Tar Lombardia, rimandando ulteriori approfondimenti in materia al contributo di Stefano Maglia, segnaliamo la diversa posizione assunta, invece, dal Tar Toscana.

In particolare, nella sentenza n. 887 del 19 giugno 2018, incentrata sulla possibilità di integrare la disciplina prevista dal D.L.vo 99/1992 con le norme in materia di rifiuti e di bonifica dei suoli contaminati di cui al D.L.vo 152/2006, la Sezione II precisa, in primo luogo, che il superamento delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) è un “ragionevole indizio che il suolo possa essere contaminato“: in conseguenza di tale superamento occorrerà, pertanto, avviare le analisi necessarie a verificare l’eventuale superamento delle CSR (concentrazioni soglia di rischio). Prosegue, il Tar toscano, aggiungendo che i fanghi – rifiuti provenienti dalla depurazione di acque reflue – presentano concentrazioni medie delle sostanze superiori a quelle del suolo: da qui, le due tabelle allegato al D.L.vo 99/1992, relative alla concentrazione nei fanghi e nei terreni, i cui valori sono più elevati rispetto a quelli previsti dal D.L.vo 152/2006. In particolare, si legge nella sentenza, lo spandimento di un fango che rispetti la tabella allegata al decreto del 1992 non è ritenuto pregiudizievole in quanto “la miscelazione tra un fango ed il terreno che lo accoglie determina la diluizione delle sostanze presenti nel fango“.

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Su tali basi, il Tar Toscana afferma che “anche sulla base del principio di precauzione, giustamente invocato dalla difesa della Regione, l’applicazione pura e semplice ai fanghi delle CSC stabilite per il suolo, come da quest’ultima operata, costituirebbe una misura sproporzionata rispetto al fine da conseguire, ed irrazionale, in quanto i fanghi, presentando normalmente concentrazioni medie di sostanze superiori rispetto al suolo, se valutati sulla base dei parametri previsti per il suolo, non sarebbero mai utilizzabili in agricoltura”.

Ne consegue, in conclusione, che “al fine del controllo di quelle sostanze potenzialmente inquinanti e/o contaminanti ad oggi non espressamente disciplinate nel d.lgs. n. 99 del 1992, il potere precauzionale, resosi necessario dalla evidenziata lacuna normativa (ferma la necessità dell’aggiornamento della disciplina vigente in materia di spandimento dei fanghi di depurazione), può essere correttamente esercitato dall’Amministrazione regionale, prendendo a riferimento, per le sostanze non considerate dal D.lgs. 99/1992, i valori indicati dalla Tab. 1, colonna A dell’allegato 5, al titolo V, parte IV, D.lgs. n. 152 del 2006, che dovranno però essere riparametrati in aumento, sulla base delle competenze tecnico-discrezionali dell’Amministrazione, tenendo conto dell’ammissibilità di una maggiore concentrazione nei fanghi (rispetto al suolo) di sostanze inquinanti”.

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In sostanza, secondo il Tar Toscana per quelle sostanze non ricomprese nel D.L.vo 99/1992 l’Amministrazione regionale può riparametrare i valori di cui al D.L.vo 152/2006 riparametrandoli, però, in aumento.

 

Anche di questo tratteremo approfonditamente durante i prossimi appuntamenti formativi di TuttoAmbiente:

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