Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con la risposta all’interpello n. 178127 del 1 ottobre 2024, ha fornito chiarimenti in materia di restituzione delle acque provenienti dagli impianti di potabilizzazione.

Nello specifico, la Regione Lazio chiedeva se “la nozione di «rilasci di acque previsti dall’articolo 114» contenuta all’art. 74, comma 1 lett. ff) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 sia suscettibile di includere le acque derivanti dal trattamento di potabilizzazione in cui gli elementi naturali (ad esempio arsenico) sono presenti in concentrazione più elevata rispetto all’acqua in ingresso prima del trattamento, nonché i reflui derivanti dal contro lavaggio dei filtri degli impianti di trattamento ovvero se tale nozione ricomprenda esclusivamente le acque depurate idonee al consumo umano”.

Il MASE, dopo aver ricordato come l’art. 114, comma 1, del d.lgs. 152/2006 attribuisca alle Regioni la competenza ad adottare una apposita disciplina in materia di restituzione di acque utilizzate in impianti di potabilizzazione, previo parere dello stesso Ministero, ha condiviso quanto già chiarito dalla stessa Regione Lazio con nota n. 214567 del 15 febbraio 2024, ossia che “le acque trattate da un sistema di potabilizzazione (per esempio a osmosi inversa) producono un “depurato” e un “concentrato”; il “depurato” va in rete ma, considerato che le richieste della rete sono diverse nelle diverse ore della giornata, l’eccedenza va in corpo idrico come “rilascio” o “restituzione” e pertanto non soggetta ad autorizzazione. Il “concentrato” invece è a tutti gli effetti uno scarico che deve essere autorizzato e deve rispettare i limiti previsti nelle tabelle dell’allegato V del Dlgs 152/2006 per non alterare/peggiorare lo stato del corpo recettore”.

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