A distanza di 85 anni, quando si parla di attività insalubre si fa ancora riferimento al Regio Decreto del 27 luglio 1934, n. 1265! Con quel Decreto è stato, infatti, stabilito che “le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi” (art. 216). Prima di avviare una delle attività ricomprese nell’elenco è stato disposto l’obbligo di darne avviso, almeno quindici giorni prima, “per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietarne l’attivazione o subordinarla a determinate cautele“. Al verificarsi di potenziale pericolo o danno per la salute pubblica, il Testo Unico affidava al “podestà” il compito di prescrivere “le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo, oltre a quello di assicurarsi “della loro esecuzione ed efficienza” (art. 217).

Lo ha ribadito anche il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6824 del 3 dicembre 2018. In particolare, la Sezione Quarta del massimo Giudice Amministrativo ha precisato che in tema di attività insalubri “le situazioni di pericolo per la salute sono tutelate mediante l’adozione, da parte del Comune, delle misure previste dall’art. 217 del testo unico delle leggi sanitarie (RD n. 1265/34)“, con la conseguenza che “il provvedimento di inibizione dell’attività insalubre di un’industria deve essere preceduto dalla prescrizione di idonee misure e cautele tecniche che possano valere ad eliminare l’inconveniente accertato, o a ridurlo entro i limiti della tollerabilità“, proprio come indicato dal Testo Unico del 1934.

 


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