Nel marzo del 2011 uno Tsunami (l’onda anomala raggiunse i 14 metri di altezza) che devastò l’intera costa nord-est del Giappone e causò la parziale fusione dei noccioli di tre reattori della centrale nucleare di Fukushima.

Dopo sette lunghi anni, a causa dell’esaurimento dello spazio disponibile nei serbatoi della centrale nucleare di Fukushima, il governo giapponese ha deciso di disperdere nell’oceano Pacifico 1,25 milioni di tonnellate di acqua contaminata utilizzata per raffreddare il combustibile nucleare post incidente.

Decisione non facile e frutto di una riflessione durata diversi anni, il tutto approvato approvato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) delle Nazioni Unite. Le strade da intraprendere potevano essere solamente due:

  • riversare gradualmente l’acqua contaminata nell’oceano Pacifico
  • lasciare che l’acqua contaminata evaporasse nell’atmosfera (soluzione già usata per gestire l’acqua contaminata in seguito all’incidente della centrale nucleare americana di Three Mile Island) .

L’IAEA, nel 2020, aveva detto espresso parere favorevole ad entrambe le soluzioni predette classificandole come “tecnicamente praticabili”. La scelta è ricaduta sul riversamento nell’oceano perché dovrebbe essere meno complesso controllare i livelli di tutte le sostanze radioattive disperse nell’ambiente.

L’’intero processo, secondo le stime giapponesi, durerà oltre 40 anni, anche perché non dobbiamo dimenticare la “nuova” acqua che la Tokyo Electric Power, la società che gestisce la centrale, dovrà premurarsi di gestire correttamente. Tutto il processo, dalla progettazione al riversamento in oceano, sarà supervisionato dall’IAEA.

Attualmente, l’acqua contaminata non viene semplicemente accumulata nei serbatoi, ma viene trattata, facendola passare attraverso particolari filtri, per rimuovere la maggior parte degli elementi radioattivi. Alcuni elementi, come ad esempio trizio, rutenio, cobalto, stronzio e plutonio, non possono essere “trattenuti” e verranno dispersi nell’ambiente.

In questi delicati passaggi, tutti gli Stati confidano nella magistrale supervisione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA).

 

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