30/01/2018
Mal’Aria 2018: il rapporto di Legambiente sulla qualità dell’aria nelle città italiane
Codice rosso per le concentrazioni di polveri sottili e ozono
Ma cosa respiriamo?
Nel 2017, in ben 39 capoluoghi di provincia italiani è stato superato, almeno in una stazione ufficiale di monitoraggio della qualità dell’aria di tipo urbano, il limite annuale per le polveri sottili (Pm10) di 35 giorni, con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metrocubo. La soglia è, infatti, fissata in 50 microgrammi per metro cubo al giorno, fino a un massimo di 35 superamenti consentiti all’anno.
Hanno superato i 100 giorni oltre il limite nell’anno Torino, Cremona, Alessandria, Padova e Pavia. Appena sotto la soglia dei 100 troviamo Asti, Milano, Venezia, Frosinone, Lodi e Vicenza.
Cosa significano questi dati?
Come riporta Legambiente, nel suo Rapporto sull’inquinamento atmosferico delle città italiane (qui il documento integrale: Mal’Aria 2018), questi dati significano che la soluzione al problema cronico dell’inquinamento nel nostro Paese è ben lontano dall’essere trovata.
Situazione doppiamente sconfortante se si considera che il Rapporto è stato pubblicato alla vigilia dell’incontro fissato, per il 30 gennaio 2018, dalla stessa Commissione Europea, per fare il punto della situazione su cosa è stato concretamente messo in atto per far fronte al problema. Il Commissario all’ambiente Karmenu Vella ha, infatti, convocato i Ministri dell’Ambiente di Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Francia, Italia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Regno Unito per offrire loro, di fronte alle diverse procedure di infrazione a loro carico per il superamento dei limiti concordati di inquinamento atmosferico, la possibilità di dimostrare quali misure sono state messe in campo e quali ulteriori provvedimenti verranno intrapresi nel prossimo futuro per riportare la situazione alla conformità con la legislazione europea. L’incontro è decisivo, considerato che si minaccia il rinvio alla Corte di giustizia (maggiori informazioni qui: Richiami dall’UE: l’Italia verso la Corte di Giustizia?).
Come ricorda Legambiente, sono due le procedure di infrazione aperte nei nostri confronti.
La prima (n. 2014/2147 notificata l’11 luglio 2014), riguarda la cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e consegue al superamento dei valori limite di PM10 tra il 2008 ed il 2012 in 19 zone e agglomerati.
La seconda (n. 2015/2043 notificata il 29 maggio 2015), concernente la qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, è dovuta al superamento dei valori limite di biossido di azoto (NO2) tra il 2012 e il 2014 in 15 zone e agglomerati.
Principali attrici risultano essere, ad onor del vero, le regioni del Bacino Padano.
Dai dati del Rapporto Mal’Aria 2018 emerge, infatti, che siano proprio le città dell’area padana quelle in cui la qualità dell’aria è più critica, con l’aggiunta di Frosinone e Terni.
Legambiente riporta anche i dati dell’inquinamento da ozono, inquinante spesso sottovalutato, nonostante le stime dell’Agenzia Ambientale Europea (EEA) riportino 13.600 morti premature riconducibili all’ozono in Europa nel 2015, di cui 2.900 solo in Italia.
Precisamente, sono 44 le città che hanno registrato il superamento del limite di 25 giorni nell’anno solare: delle sei prime città che hanno superato più del triplo delle volte il limite dei 25 giorni annui concessi, il primato va a Catanzaro con ben 111 superamenti, seguita da Varese, Bergamo, Lecco, Monza e Mantova.
Quindi, tirando le somme, considerando entrambi i limiti previsti per le polveri sottili e per l’ozono troposferico, sono 31 le città che nel 2017 risultano fuori legge per entrambi gli inquinanti.
I loro complessivi 7 milioni di abitanti hanno respirato polveri e gas tossici e nocivi circa un giorno su due nel peggiore dei casi, ossia Cremona, con ben 178 giorni di inquinamento rilevato, fino ad uno su quattro, nel migliore dei casi. Delle 31 città con un inquinamento costante tutto l’anno, 28 superano i 100 giorni, e 16 superano addirittura i 150 giorni.
Numeri che si traducono in problemi di salute, costi per il sistema sanitario e impatti rilevanti sugli ecosistemi.
Questa la situazione della quale il nostro Paese dovrà rispondere alla Commissione.