Il Comitato europeo delle regioni ha elaborato una serie di emendamenti alla Proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio UE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (COM(2017) 753 final).

Come si legge nella Proposta, la direttiva 98/83/CE è l’atto legislativo appositamente concepito per proteggere le persone dagli effetti negativi derivanti dal consumo di acqua contaminata, garantendo che l’acqua destinata al consumo umano sia salubre e pulita.
 

I parametri utilizzati per monitorare la qualità nel punto di consumo risalgono, però, a più di 20 anni fa: da qui, l’esigenza di esaminare se la direttiva contempla in modo efficace le pressioni esistenti ed emergenti e se assicura un’acqua potabile di alta qualità.

Non solo, la revisione della direttiva rientra anche nel piano per la transizione verso un’economia circolare: la proposta di revisione intende aiutare gli Stati membri a gestire l’acqua potabile in modo sostenibile ed efficiente sotto il profilo delle risorse.
 

Secondo il Progetto del Comitato europeo delle regioni, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE C 361 del 5 ottobre 2018, sono tanti gli emendamenti da apportare alla Proposta di direttiva (di seguito se ne riportano solo alcuni).

Tra questi viene, innanzitutto, inserito il seguente considerando: “in relazione agli standard qualitativi minimi e ai valori di parametro essenziali e cautelativi a tutela della salute per le acque destinate al consumo umano sono necessari dei requisiti minimi, affinché siano definiti obiettivi minimi di qualità ambientale da raggiungere in collegamento con altre prescrizioni e misure adottate a livello dell’UE, al fine di garantire e promuovere l’uso sostenibile delle acque destinate al consumo umano. Tra queste misure rientrano in particolare quelle idonee a garantire, attraverso la protezione delle acque, la purezza delle acque di superficie e sotterranee”.
 

Secondo il Comitato, infatti, “è essenziale poter controllare l’influenza di fonti di emissione ambientale derivanti da settori quali le acque reflue, l’industria e l’agricoltura, che possono incidere in varia misura sui livelli qualitativi dei corpi idrici, stabilendo norme di qualità ambientale basate sul principio «chi inquina paga» e sul principio di precauzione”.

Relativamente al concetto di valori di riferimento da prevedere a titolo precauzionale, il Comitato chiede alla Commissione UE di prevedere, come valori di parametro, i valori guida proposti dall’OMS.
 

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Inoltre, osserva che non è raccomandabile considerare automaticamente il superamento dei valori di parametro come un potenziale pericolo per la salute umana, essendo la valutazione sanitaria dei valori di parametro dell’OMS basata su un approccio cautelativo a tutela della salute e non su un potenziale pericolo immediato: ciò “complica la comunicazione con i consumatori, nei quali tende a creare maggiori paure e perdita di fiducia, finendo per favorire il consumo di acqua in bottiglia”.
 

Il Comitato precisa, poi, che per «fornitore di acqua» deve intendersi “l’azienda chiaramente identificabile che fornisce, in media, almeno 10 m3 di acqua destinata al consumo umano al giorno”, e sottolinea che “la modifica, da parte dei fornitori, delle acque prima della loro fornitura alla rete di distribuzione domestica al fine di renderle conformi ai valori di parametro di cui all’allegato I, parte C, non è una misura realizzabile”, osservando che “la rete di distribuzione domestica deve invece essere realizzata e gestita dal punto di vista tecnico e materiale in modo tale da consentire la conformità con i valori di parametro di cui all’allegato I, parte C”.

Evidenzia, infine, il Comitato che “considerare di per sé automaticamente come un potenziale pericolo qualsiasi mancata conformità dei valori di parametro alle prescrizioni minime, come ad esempio un singolo batterio coliforme, la torbidità o un superamento del 10 % dei parametri chimici, rappresenta un’eccessiva regolamentazione”.
 


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