Arrivano nuovi dati sulla situazione dell’ambiente in Italia: martedì 20 marzo è stata presentata, presso la Camera dei deputati, la prima edizione del “Rapporto Ambiente – SNPA” (scaricabile qui), elaborata dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, che offre il quadro completo sullo stato di salute dell’ambiente in Italia evidenziando, al contempo, le particolarità di situazioni locali.

Il Rapporto ha toccato i temi della qualità dell’aria, dell’acqua, del cambiamento climatico, del suolo, della pericolosità ambientale, dei rifiuti e del rumore.

Con riferimento all’inquinamento atmosferico, dai dati raccolti risulta che i limiti previsti dalla legislazione vigente sono ancora superati su buona parte del territorio nazionale. Nonostante le emissioni dei principali inquinanti atmosferici dal 1990 al 2015 abbiano registrato diminuzioni, e i livelli atmosferici di PM10, PM2,5 e NO2 mostrino, anch’essi, un andamento decrescente, è ancora lontano il rispetto dei limiti posti dall’UE (direttive 2008/50/CE e 2004/107/CE entro il 2020), così come lontano risultano essere i livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità entro il 2030.

Criticità anche in tema di inquinamento acustico: solo il 59% dei comuni ha approvato un piano di classificazione acustica, principale strumento di pianificazione e gestione sul territorio di questa forma di inquinamento.

Per quel che riguarda lo stato delle acque italiane, superficiali e sotterranee, l’obiettivo del “buono” stato non è stato totalmente raggiunto: allo stato chimico, lo stato “buono” è stato raggiunto dalla gran parte dei fiumi (75%) e da circa la metà dei laghi (48%); allo stato ecologico, meno della metà dei fiumi (43%) e 20% dei laghi hanno raggiunto l’obiettivo di qualità. Delle acque sotterranee, poco più della metà hanno raggiunto uno stato “buono”, in termini di stato chimico e stato quantitativo.
Dal Rapporto si evince, peraltro, che i determinanti più importanti per la qualità dei corpi idrici sono l’industria (solo per le acque sotterranee), l’agricoltura e lo sviluppo urbano.
Le acque delle nostre coste, addirittura, hanno uno stato ecologico variabile tra il “buono” e il “sufficiente”, mentre numerose sono le situazioni di criticità rispetto allo stato chimico.

Arriviamo alla situazione del clima. Il 2016 è stato caratterizzato dalla persistenza di condizioni siccitose e, al contempo, di precipitazioni di forte intensità, così come i primi mesi del 2017. Nell’andamento decrescente delle emissioni di gas serra (-25,4% nel periodo 2004-2015; -16,7% nel periodo 1990-2015), dal 2014 al 2015 si è registrato un incremento di oltre il 2%, probabilmente per effetto di una ripresa economica. Senza precedenti, si legge, l’aumento della concentrazione media globale dell’anidride carbonica atmosferica (CO2), così come l’aumento della temperatura media annuale globale, che ha segnato nel 2016 un nuovo record per il terzo anno consecutivo.

Per il futuro, la Strategia energetica nazionale 2017 prevede nuovi regolamenti per la riduzione dei gas serra: secondo il Rapporto Ambiente, l’obiettivo relativo alle industrie energetiche e alle grandi industrie (riduzione del 43%) sarebbe facilmente raggiungibile mediante l’espansione delle rinnovabili e un cambiamento del mix delle fonti fossili utilizzate, mentre quello riguardante gli altri settori emissivi (riduzione del 33%) potrebbe richiedere interventi più impegnativi.

Quanto alle condizioni del suolo, emerge che ad oggi l’Italia ne ha perso, irreversibilmente, circa 23.000 km2, misura in crescita, anche se la velocità di trasformazione sembra rallentare. I siti di interesse nazionale (SIN) sono attualmente 40; quelli da bonificare registrati nelle anagrafi regionali sono circa 22.000. Restano aperte le problematiche ambientali relative alle centinaia di siti minerari abbandonati, 321 dei quali presentano un grado di rischio ecologico-sanitario alto e medio-alto.
A livello nazionale, ci fa sapere il SNPA, è in discussione una legge relativa al consumo di suolo (disegno di legge n.2039), che riconosce l’importanza del suolo come bene comune e risorsa non rinnovabile, fondamentale per i servizi ecosistemici che produce.

Veniamo ai dati sui rifiuti. Cresce la produzione dei rifiuti urbani (+2% tra il 2015 e il 2016), in linea con l’andamento degli indicatori socio-economici e cresce di 10 kg per abitante per anno la quantità procapite, così come cresce la produzione nazionale dei rifiuti speciali (+2,4% dal 2014 al 2015).
Nel 2016, la percentuale di raccolta differenziata di poco supera il 50% della produzione nazionale, in lenta crescita rispetto al 2015: siamo ancora al di sotto dell’obiettivo del 60% fissato per il 2011 (per un approfondimento: Relazione recante l’aggiornamento al 31 dicembre 2016 del Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti).

Infine, la pericolosità ambientale, intesa come pericolosità di origine antropica, ossia la pericolosità per la vita umana e l’ambiente, derivante da attività umane potenzialmente pericolose, quali tutte le industrie e, in particolare, gli stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti (RIR), definiti tali per la presenza all’interno di determinate sostanze pericolose e che, ad aprile 2017, risultavano essere 945 (per un approfondimento: II Rapporto Controlli Ambientali AIA/Seveso – Edizione 2017).


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