Con il Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici – Edizione 2018” (scaricabile qui) ISPRA illustra il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del territorio italiano, che continuano a causare la perdita di suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici. Siamo, ormai, alla quinta edizione, grazie all’impegno del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che vede ISPRA insieme alle ARPA Regionali e Provinciali, in un lavoro congiunto di monitoraggio, al quale hanno contribuito anche soggetti esterni al SNPA, sia del mondo istituzionale sia della ricerca.

 

Anche quest’anno, è evidente la “criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane a bassa densità, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della maggiore accessibilità”. Da un lato, la decentralizzazione urbana, dall’altro, la densificazione di aree urbane, specialmente nelle aree costiere mediterranee e nelle aree di pianura, contrapposte all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali.

 

Tra nuove infrastrutture e cantieri”, segnala ISPRA nel suo comunicato stampa, “si invadono aree protette e a pericolosità idrogeologica sconfinando anche all’interno di aree vincolate per la tutela del paesaggio – coste, fiumi, laghi, vulcani e montagne – soprattutto lungo la fascia costiera e i corpi idrici, dove il cemento ricopre ormai più di 350 mila ettari, circa l’8% della loro estensione totale (dato superiore a quello nazionale di 7,65%) […] Quasi un quarto (il 24,61%) del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017, avviene all’interno di aree soggette a vincoli paesaggistici”.

 

Mancano, si legge nel Rapporto, interventi strutturali ed un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale: “l’iniziativa delle Regioni e delle Amministrazioni Locali sembra essere riuscita solo marginalmente, per ora, e solo in alcune parti del territorio, ad arginare l’aumento delle aree artificiali, rendendo evidente che gli strumenti attuali non hanno mostrato ancora l’auspicata efficacia nel governo del consumo di suolo”.

 

Il territorio italiano non può permettersi una ripresa della artificializzazione del suolo, neanche dal punto di vista strettamente economico, “come ci indica la Commissione Europea, alla luce della perdita consistente di servizi ecosistemici e all’aumento di quei “costi nascosti”, dovuti alla crescente impermeabilizzazione del suolo che anche in questo Rapporto sono presentati al fine di assicurare la comprensione delle conseguenze dei processi di artificializzazione, delle perdite di suolo e del degrado a scala locale anche in termini di erosione dei paesaggi rurali, perdita di servizi ecosistemici e vulnerabilità al cambiamento climatico.

 

Serve, quindi, un “consistente contenimento del consumo di suolo”: promozione del capitale naturale e del paesaggio, edilizia di qualità, riqualificazione e rigenerazione urbana, riuso delle aree contaminate o dismesse.


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