La politica dell’UE in materia ambientale si fonda sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». La responsabilità ambientale è regolata dalla direttiva 2004/32/CE del 21 aprile 2004 (direttiva quadro sulla responsabilità ambientale), che si occupa, precisamente, della prevenzione e della riparazione del danno ambientale alla biodiversità (specie e habitat naturali protetti), all’acqua e al terreno provocati dagli operatori. Con la Risoluzione del 26 ottobre 2017 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale UE del 27 settembre 2018), il Parlamento UE fornisce una panoramica sull’applicazione di tale direttiva, evidenziando in primo luogo che per coprire la responsabilità per danno ambientale si è sviluppato spontaneamente un mercato di garanzie finanziare che tuttavia potrebbe essere insufficiente a coprire casi particolari (es. piccole e medie imprese, tipi particolari di operazioni), e che tra le cause principali della disomogenea applicazione della direttiva sono da individuare la difficoltà nello stimare quando il danno a una risorsa naturale eccede la soglia prevista, e la mancanza di una procedura per esaminare commenti o osservazioni da parte delle ONG ambientaliste e le altre associazioni interessate in molti Stati membri.

Segnala, poi, che in molti Stati membri sussiste un’insufficiente conoscenza dettagliata della direttiva, anche per la mancanza di documenti di orientamento che possano aiutare il recepimento legislativo, precisando che molti Stati membri hanno compiuto progressi verso l’effettivo conseguimento degli obiettivi principali di prevenzione e riparazione dei danni ambientali. In particolare, il Parlamento constata che diversi Stati membri non hanno rispettato il termine di recepimento e solo a partire dalla metà del 2010 essa è stata recepita da tutti i 27 Stati membri, configurando un recepimento del tutto eterogeneo sia in termini giuridici sia pratici, con grande variabilità nel numero di casi.

Quanto ai limiti all’efficacia della direttiva, segnala la differente interpretazione e applicazione della «soglia di rilevanza» per il danno, la difficoltà di fare valere la responsabilità oggettiva per attività pericolose, l’effettiva copertura per gli obblighi finanziari, difficoltà nell’individuare l’inquinatore responsabile.

Conclude, il Parlamento, che il quadro per la responsabilità ambientale deve essere ampliato al fine di includere il risanamento ambientale e il ripristino della condizione ecologica originaria al termine dei lavori, anche qualora il danno ambientale sia causato da attività o emissioni espressamente autorizzate dalle autorità competenti, e chiede l’ampliamento delle categorie di attività pericolose al fine di ricomprendere tutte le attività potenzialmente dannose per l’ambiente e per la salute umana.


Condividi: