Con una recente sentenza (n.5786 del 24 febbraio 2023) la Sezione tributaria della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di TARI facendo luce su alcuni aspetti di rilevante importanza.

La vicenda oggetto della controversia nasce a seguito della limitazione, da parte di un regolamento comunale, della riduzione per l’avvio al riciclo della parte variabile della tariffa al 50%. Il comma 649, secondo periodo, della Legge n. 147 del 2013 (legge che ha istituito e disciplinato la TARI) stabilisce difatti che: “Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”.

Sul punto la Corte precisa che “la disciplina nazionale, nel prevedere riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo non fa alcun cenno alla eventuale possibile introduzione di un limite a tale riduzione, che deve ritenersi esclusa, in quanto inevitabilmente altererebbe il criterio di proporzionalità, previsto dal legislatore statale e vincolante per gli enti locali”.

Oltre a ciò, la Corte affronta anche il tema relativo alla distinzione tra “riciclo” e “recupero”, posto che il comma 10 dell’art. 238 del D.L.vo 152/2006, relativo – in realtà – alla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani – stabilisce che “Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), numero 2., che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti (…)”.

L’incongruenza tra il comma 649, che fa riferimento alle operazioni di riciclo e l’art. 238, comma 10, che fa riferimento al recupero, è stata risolta dal MITE con la circolare del 12 aprile 2021 che ha ritenuto che la riduzione di cui al comma 649 “deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo”.

In relazione a tale incoerenza normativa la Cassazione precisa che il Comune deve riconoscere riduzioni della quota variabile del tributo proporzionale alla quantità dei rifiuti ex lege urbani avviati al riciclo, ferma restando la legittima possibilità del riconoscimento di una riduzione anche per i rifiuti avviati al recupero. In definitiva, quindi, secondo l’interpretazione della Suprema Corte, il Comune non sarebbe sempre tenuto a riconoscere anche riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alla quantità dei rifiuti avviati al recupero.

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