Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con la risposta all’interpello n. 124599 del 5 luglio 2024, ha fornito chiarimenti circa il rapporto tra la disciplina delle terre e rocce da scavo e il D.M. 1 marzo 2019, n. 46 di approvazione del “Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento, ai sensi dell’articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

In particolare, l’Amministrazione istante chiedeva al Ministero di fornire indirizzi in merito alla definizione di “contaminazioni storiche” “perché, proprio per la rilevata destinazione agricola di gran parte del proprio territorio, sono state condotte nel tempo talune pratiche di livellamento con materiale terroso proveniente da luoghi diversi da quello di utilizzo. Ne consegue che, nel caso in cui accertamenti eseguiti su riporti effettuati in un arco temporale compreso fra il 2006 (entrata in vigore del vigente TUA) e il marzo 2019 (entrata in vigore del Regolamento ex art. 241 TUA) possano condurre alla verifica di caratteristiche qualitative difformi dalla colonna A (convenzionalmente utilizzata per assentirne l’uso in zona agricola), ciò assoggetterebbe tali riporti alla disciplina dei rifiuti; con conseguente obbligo di rimozione e smaltimento di terre che, ove analizzate secondo i parametri del D.M. 46/2019, potrebbero invece rimanere in sito perché legalmente considerate idonee agli usi agricoli”.

Il Ministero, dopo aver chiarito i limiti applicativi del D.M. 46 del 2019 in rapporto alla normativa sui rifiuti, ha precisato che “l’ipotesi di terre e rocce da scavo utilizzate, secondo quanto prospettato dal Comune, in aree deputate all’esercizio dell’attività agricola, in violazione della normativa di settore, non rientra nella disciplina dei materiali di riporto, definiti dall’art. 3, comma 1, d.l. n. 2/2012, come una “miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.

Il D.L. n. 69/2013 in tema di matrici materiali di riporto, ha concluso il Ministero, si applica solo ai riporti allocati antecedentemente all’entrata in vigore del Dpr 915/1982, primo provvedimento nazionale di disciplina organica dei rifiuti.

 

 


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