La fattispecie delle “case dell’acqua” non risulta espressamente contemplata nel D.L.vo n. 31/2001, presumibilmente in quanto all’epoca dell’entrata in vigore di tale provvedimento tali luoghi non esistevano ancora, né risulta oggetto di uno specifico intervento normativo a livello nazionale.

Tuttavia, si ritiene che la dicitura “acque frizzanti confezionate in bottiglie o contenitori”, di cui alla nota 3, Parte C, Allegato I, D.L.vo n. 31/2001 sia sufficiente a ricomprendere le acque ivi erogate: ciò in quanto tali luoghi costituiscono, tra l’altro, “unità distributive automatiche di acqua, intesa come bevanda”, come chiarito con Circolare del Ministero della salute n. 4283 del 17 febbraio 2011, e dunque soggette anche ai controlli HACCP, come avviene per altri alimenti.

Tale circostanza risulta avvalorata anche dal fatto che in numerosi documenti ufficiali (es. Linee Guida del Ministero della Salute, Manuali tecnici elaborati dalle associazioni di categoria, documentazione dell’Istituto Superiore di Sanità, ecc.), si rinvengono riferimenti espressi alla fattispecie delle “case dell’acqua”, con particolare riferimento alla possibilità di gasare l’acqua erogata.

Quindi può trovare applicazione il valore minimo per il pH di 4,5 unità, previsto dalla nota 3, Parte C, Allegato I, D.L.vo n. 31/2001 per le acque frizzanti destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o contenitori, anche alle acque frizzanti erogate dalle c.d. “case dell’acqua”.