L’ art. 183, comma 1, lett. bb), D.L.vo 152/06 fornisce sia la definizione di deposito temporaneo, sia l’articolazione del limiti quantitativi e temporali che devono essere rispettati al fine di non decadere dal beneficio di poter esercitare tale operazione propedeutica alla gestione senza acquisire uno specifico titolo abilitativo.

Il produttore può scegliere se avviare i rifiuti allo smaltimento o al recupero seguendo il criterio temporale ovvero il criterio del quantitativo in deposito raggiunto; scelta che, naturalmente, è condizionata dalla quantità di rifiuti prodotti e dalle esigenze operative aziendali nelle aree adibite a deposito temporaneo, spesso vincolate da oggettive necessità di spazio.

Nel silenzio della normativa e della giurisprudenza, è preferibile ritenere che l’alternatività non sia da intendere in senso vincolante, potendosi dunque adottare nella pratica modalità differenti di gestione del deposito temporaneo per i diversi rifiuti. Sebbene infatti tale linea interpretativa possa di fatto sembrare non del tutto ottimale in un’ottica di uniformità nella gestione dei rifiuti, è altrettanto vero che quest’ultima deve svolgersi, per espresso disposto dell’art. 178, D.L.vo 152/06, “secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica”. Ciò peraltro non toglie che il deposito temporaneo debba comunque necessariamente avvenire per “categorie omogenee”, come prescritto dall’art. 183, comma 1, lett. bb), n. 3, D.L.vo n. 152/2006.