In materia di impedimento del controllo, la L. 22 maggio 2015, n. 68 ha introdotto nel Codice Penale l’art. 452-septies, che prevede la sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni per “chiunque negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti”.

L’art. 137, comma 8, del T.U.A., che disciplina le sanzioni penali in materia di scarichi, già prevedeva che “Il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all’articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell’arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale”.

Tale ultima disposizione contiene una c.d. clausola di riserva che fornisce un criterio per determinare la norma applicabile: dispone, infatti, “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”; se, dunque, la condotta sarà connotata da maggiore gravità si applicherà agli scarichi il reato di impedimento del controllo previsto dal codice penale, che prevede una sanzione più onerosa.