I fanghi attivi non costituiscono rifiuti ai sensi dell’art. 183, c. 1, lett. a) (“qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”) e, pertanto, qualora si riesca a spingere nella direzione di cui all’art. 127, c. 1, ultimo capoverso (“i fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”), proprio in ragione dell’attività funzionale che svolgono, la loro disciplina rimane quella di cui alla Parte III del D.L.vo 152/06.

In accordo con gli enti di controllo, è necessario un documento di tracciabilità che accompagni il D.D.T. Ciò, ovviamente, deve essere preceduto da una condivisione con i suddetti enti di una procedura, un nulla osta o simili, che soddisfi le esigenze di entrambe le parti: corretta gestione dei fanghi attivi, rispetto della norma, garanzia di tracciabilità, non aggravio burocratico / documentale.