ALIMENTI – Modalità di conservazione
Categoria: Alimenti
Autorità: Cassazione Penale
Data: 21/09/2007
n. 35234
Il reato di cui all'art. 5, lett. b), L. 283/62 (in materia di alimenti) costituisce, rispetto alle ipotesi previste dalle altre lettere della norma, una figura autonoma di reato, che può formalmente concorrere con esse, ove ne ricorrano le condizioni, mirando non solo a prevenire mutazioni dei prodotti alimentari, ma perseguendo altresì un autonomo fine di benessere consistente nell'assicurare una protezione anticipata all'interesse del consumatore a che il prodotto giunga a questi con le cure igieniche imposte dalla sua natura. Ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b), L. 283/62, lo stato di cattiva conservazione, potendo concernere sia le caratteristiche intrinseche che le modalità estrinseche di conservazione del prodotto, riguarda quelle situazioni in cui le sostanze, pur potendo essere ancora genuine e sane, si presentano mal conservate, e cioè preparate, confezionate e messe in vendita senza l'osservanza delle prescrizioni dirette a prevenire pericoli di una precoce alterazione, contaminazione o degradazione intrinseca del prodotto. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nella detenzione, per la somministrazione ai clienti di un ristorante, di alimenti vari all'interno di frigoriferi siti in un vetusto ambiente, totalmente privo di requisiti igienico - sanitari). Con riguardo alla contravvenzione di cui all'art. 5, lett. b), L. 283/62, ai fini dell'accertamento dello stato di conservazione degli alimenti detenuti per la vendita, non sono indispensabili né un'analisi di laboratorio né una perizia, essendo consentito al giudice di merito pervenire ugualmente al detto risultato attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, allorché lo stato di cattiva conservazione sia palese e quindi rilevabile da una semplice ispezione.
© Riproduzione riservata
ALIMENTI – Modalità di conservazione
Categoria: AlimentiAutorità: Cassazione Penale
Data: 21/09/2007
n. 35234
Il reato di cui all'art. 5, lett. b), L. 283/62 (in materia di alimenti) costituisce, rispetto alle ipotesi previste dalle altre lettere della norma, una figura autonoma di reato, che può formalmente concorrere con esse, ove ne ricorrano le condizioni, mirando non solo a prevenire mutazioni dei prodotti alimentari, ma perseguendo altresì un autonomo fine di benessere consistente nell'assicurare una protezione anticipata all'interesse del consumatore a che il prodotto giunga a questi con le cure igieniche imposte dalla sua natura. Ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b), L. 283/62, lo stato di cattiva conservazione, potendo concernere sia le caratteristiche intrinseche che le modalità estrinseche di conservazione del prodotto, riguarda quelle situazioni in cui le sostanze, pur potendo essere ancora genuine e sane, si presentano mal conservate, e cioè preparate, confezionate e messe in vendita senza l'osservanza delle prescrizioni dirette a prevenire pericoli di una precoce alterazione, contaminazione o degradazione intrinseca del prodotto. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nella detenzione, per la somministrazione ai clienti di un ristorante, di alimenti vari all'interno di frigoriferi siti in un vetusto ambiente, totalmente privo di requisiti igienico - sanitari). Con riguardo alla contravvenzione di cui all'art. 5, lett. b), L. 283/62, ai fini dell'accertamento dello stato di conservazione degli alimenti detenuti per la vendita, non sono indispensabili né un'analisi di laboratorio né una perizia, essendo consentito al giudice di merito pervenire ugualmente al detto risultato attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, allorché lo stato di cattiva conservazione sia palese e quindi rilevabile da una semplice ispezione.
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